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IL TRUMAN SHOW DELLE RIFORME

GLI ANNUNCI MEDIATICI DEL GOVERNO DI CENTRODESTRA DIFFONDONO UN’IMMAGINE DI GRANDE ATTIVISMO; MA, A PIU’ DI UN ANNO DALL’INSEDIAMENTO, APPAIONO IN GRAN PARTE PRIVI DI SEGUITO CONCRETO. SOPRATTUTTO, MA NON SOLTANTO, NEL SETTORE DELL’ISTRUZIONE

Testo originale integrale dell’articolo di Andrea Ichino pubblicato (con alcuni tagli e modifiche marginali) su Il Sole 24 Ore del 13 luglio 2009

Provate a chiedere al vostro vicino di casa se il governo italiano sta “facendo molto” per cambiare l’università italiana. Attenzione: non se sta “facendo bene o male”, ma se sta facendo tante cose, ossia realizzando riforme della governance e dell’offerta formativa, cambiando i modi di reclutamento e le progressioni di carriera, creando nuove regole per l’erogazione dei finanziamenti alla ricerca. Insomma, se sta cambiando radicalmente l’accademia italiana. Molto probabilmente vi risponderà di sì. Magari avrà da obiettare sui contenuti dell’azione governativa non trovandola di suo totale gradimento, ma non avrà esitazione ad affermare che il governo sta “facendo molto”.

Eppure, così non è, e non solo per quel che riguarda l’università. Gli annunci mediatici sono tantissimi, le nuove proposte ci vengono messe davanti agli occhi quasi tutti i giorni, tutti ne parlano, ma nei fatti, concretamente, sta cambiando poco o nulla. Il governo Berlusconi è riuscito in un miracolo: continuare il dibattito virtuale che caratterizza una campagna elettorale anche dopo l’insediamento al potere. Ossia, ci sembra che il paese stia cambiando così come, in campagna elettorale ci sembrava che sarebbe cambiato grazie alle riforme di cui i candidati ci parlavano. Ma in realtà stiamo vivendo in un colossale “Truman show” delle riforme che sembrano vere ma sono solo virtuali o, nella migliore delle ipotesi, quinte di cartapesta ben disegnate. E in effetti, da un mago della comunicazione come il nostro Presidente del Consiglio ce lo potevamo attendere.

Se vi sembra che questa sia un’esagerazione ingenerosa verso i nostri ministri leggete l’articolo di Gianni Trovati in questa pagina. Almeno per quel che riguarda l’università il bilancio è disarmante: tante idee, di cui alcune anche buone e promettenti, ma poi o la realizzazione viene rinviata, oppure prende forma concreta in un modo tale da annacquare completamente gli effetti annunciati a parole. Emblematico in questo senso è quanto spiegano Tullio Jappelli e Daniele Checchi su http://www.lavoce.info [1]: il Ministro annuncia che distribuirà in base a indicatori di performance la piccola quota dei Fondi per la Programmazione Triennale delle università, in attesa di poter distribuire nello stesso modo (ma chissà quando?) anche una quota più significativa delle altre risorse. Definisce quindi un set di indicatori per la distribuzione, ma poi, sorprendentemente, lascia libera ciascuna università di scegliere i pesi da attribuire ai diversi indicatori. Ovviamente, ciascun rettore sceglie i pesi a lui più favorevoli. E a conti fatti il risultato è che, per l’ennesima volta, i fondi sono distribuiti a pioggia con l’aggravante di un sistema di calcolo, ai fini della erogazione, complicatissimo e poco trasparente.

C’è qualcosa che non quadra, però. Se stessimo parlando del precedente Governo Prodi si potrebbe pensare che è colpa della maggioranza risicata, e comunque instabile e rissosa. Ma il Governo Berlusconi ha una maggioranza inattaccabile e quasi monolitica che in  5 anni potrebbe rivoltare il paese da capo a piedi. Perché non lo fa? Che cosa impedisce al Governo di passare dalle parole ai fatti?

C’è chi dice che sia colpa della burocrazia ministeriale che mette i bastoni tra le ruote ai ministri impedendogli di fare ciò che vorrebbero e nel modo che vorrebbero. Può darsi ma è poco credibile: con un appoggio così solido in Parlamento il governo potrebbe mettere in riga qualsiasi burocrazia adottando misure appropriate per questo scopo. Reagan non ci mise molto a licenziare i controllori di volo che si rifiutavano di obbedirgli!

In un sistema democratico, c’è un’unica altra risposta possibile: il Governo fa quello che vogliono i suoi elettori (inclusi magari i numerosi burocrati e dipendenti dei ministeri, quasi un milione nel caso dell’istruzione). E quindi dobbiamo concludere che chi vota questa maggioranza le riforme in realtà non le vuole veramente. Le preferisce in forma virtuale, per poterne discutere davanti ad un caffè ma non per vederle realizzate sul serio: proprio come il Truman dello show, felice di vivere nel suo mondo di cartapesta.

Tutto questo non sta accadendo solo nel campo della riforma universitaria. In materia di welfare e di mercato del lavoro la scelta di non toccare di fatto nulla è stata ultimamente enunciata in modo esplicito dal ministro Sacconi. E provate a chiedere all’Avvocato Pecorella perché non suggerisce al suo Governo di chiudere i tribunali inutili in sedi troppo piccole per essere efficienti, trasferendo le risorse ai tribunali in affanno dove invece mancano. Ad un recente convegno a Vicoforte ha affermato che vorrebbe farlo, ma la maggioranza non può rischiare di perdere con certezza i voti dove il tribunale viene chiuso, senza alcuna garanzia di poterli guadagnare dove i fondi risparmiati potrebbero essere utilizzati più efficientemente.

E così il Gattopardo continua: bisogna che tutto cambi (o abbia l’apparenza di cambiare) perché nulla cambi.