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CONTRO I LUOGHI COMUNI SUL JOBS ACT

RISPOSTA ALLA VISIONE DISTORTA PROPOSTA  IN SENATO DAL M5S E DALL’OPPOSIZIONE DI SINISTRA DEGLI EFFETTI DELLA RIFORMA DEL LAVORO, BASATA SU DATI SBAGLIATI O TRAVISATI

Interventi svolti dal senatore Corradino Mineo e da me nella sessione antimeridiana del Senato del 1° marzo 2017 – In argomento v. anche Dopo due anni di Jobs Act: i numeri che contano davvero [1]     .

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MINEO [2] (Misto-SI-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Corradino Mineo

Il senatore Corradino Mineo

MINEO (Misto-SI-SEL). Signor Presidente, un autorevole commentatore oggi nelle pagine del «Corriere della Sera» chiede al Governo uno scampolo di normalità governativa, di dotarsi cioè di una vera agenda, particolarmente sulle questioni economiche, e di abbandonare quella sorta di guerra di religione introdotta per tre anni dal Governo precedente, secondo cui il Parlamento poteva votare solo sì o no a provvedimenti concordati extramoenia dalla maggioranza del Governo, peraltro disomogenea. Un altro autorevole commentatore, questa volta sul quotidiano «La Stampa», osserva come la vita si prenda il compito di riempire i vuoti della politica. Per capirci, avete sentito in quest’Assemblea le alte grida contro la maternità surrogata, ma poi due giudici di Trento scoprono che i gemelli hanno il diritto di poter chiamare genitori i due papà, visto che la Costituzione tutela come preminente l’interesse del minore.

A queste raccomandazioni vorrei aggiungerne una terza; a nome di Sinistra Italiana sollecito il Governo Gentiloni Silveri a fissare la data per il referendum sui voucher e sugli appalti e a non perdere tempo cercando di trovare prima un patto fra la maggioranza, peraltro disomogenea, da presentare poi a scatola chiusa in questo Parlamento. Le ragioni sono semplici. Il jobs act è stato un trauma, è stato imposto dal Governo Renzi con la fiducia e non solo c’è stata poi quella forma di sconfessione pubblica del Governo Renzi il 4 dicembre, ma la CGIL ha raccolto milioni di firme contro quella legge che non ha portato nuovi posti di lavoro stabili, ma ha fatto crescere enormemente il precariato. In particolare, il sistema dei voucher, secondo uno studio dell’INCA CGIL, fa sì che questi lavoratori a sessantasette anni possono sperare al massimo in una pensione di 200 euro. Milioni di firme raggiunte, la Corte costituzionale ha avallato due su tre di questi referendum.

È un diritto dei cittadini poter votare e pertanto invito caldamente il Governo, che mostra anche segni di ragionevolezza, che erano stati sollecitati e sottolineati dai commentatori che citavo prima, a fissare quella data e a non togliere agli italiani, ai cittadini un loro diritto. (Applausi dal Gruppo Misto-SI-SEL).

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ICHINO [3] (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pietro Ichino 4ICHINO (PD). Signor Presidente, in quest’Assemblea il senatore Mineo oggi, e ieri il senatore Barozzino (come già aveva fatto in Commissione lavoro nel pomeriggio), hanno parlato di pretesi effetti disastrosi della riforma del lavoro del 2015 e, in particolare, di un aumento grave dell’abuso dei buoni lavoro e del precariato. Al riguardo mi sembra doveroso ricordare, al contrario, i soli dati di cui disponiamo. Sul piano dello stock occupazionale abbiamo registrato più 628.000 occupati regolari nel 2015 e più 340.000 nel 2016, a fronte di saldi negativi sia nel 2013, sia nel 2014. Di questi (ossia quasi un milione di posti di lavoro in più nel biennio), circa due terzi a tempo indeterminato.

Proporzioni analoghe si registrano sul piano dei flussi delle nuove assunzioni. Dopo quarantacinque anni nel corso dei quali la quota delle assunzioni a tempo indeterminato è andata costantemente riducendosi, fino al livello minimo del 16 per cento nel 2014, per la prima volta si è verificata una netta, drastica, inversione di tendenza, che ha inciso in modo ben visibile sulla qualità di quel quasi milione di posti di lavoro in più prodotti nel biennio.

Certo, a questo risultato ha contribuito anche la drastica riduzione del cuneo contributivo-fiscale, voluta dal Governo nel 2015 per dare una scossa salutare a un mercato del lavoro che poteva considerarsi letteralmente infartuato. Ma invece che trarre motivo da questo per svalutare la manovra compiuta, dovremmo trarne motivo semmai per proporci l’obiettivo di rendere strutturale, permanente, una riduzione del cuneo fiscale contributivo, che allinei per questo aspetto il nostro Paese ai suoi maggiori partner europei.

Passiamo a esaminare l’andamento dei licenziamenti: rispetto al numero delle assunzioni, i recessi dei datori di lavoro scendono dal 6,5 per cento del 2014 al 6,1 per cento del 2015 e al 5,9 del 2016.

Quanto infine alla questione dei buoni-lavoro, osservo soltanto che quei 130 milioni di voucher che sono stati comprati e pagati nel corso dell’ultimo anno sono all’incirca lo 0,2 per cento rispetto ai 45 miliardi di ore di lavoro compiute in Italia da una forza lavoro di 22-23 milioni di persone.

Abusi, certo, ce ne sono stati, ma stiamo bene attenti a non buttare via un bambino grosso e florido con poca acqua sporca. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Berger).

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