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VITALIZI – 2. CHI LI HA BLOCCATI DAVVERO E CHI CONSERVA I PRIVILEGI

Il partito di Grillo ignora il primato del Governo Monti su questo terreno; e liscia il pelo alla parte della vecchia generazione che difende le rendite indebite residue, ai danni delle generazioni nuove

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Secondo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 447, 27 luglio 2017 – In argomento v. anche il primo: I vitalizi d’oro che alimentano l’odio contro la “casta” [1]      .
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Elsa Fornero

Elsa Fornero

La furia con cui il M5S alla Camera contesta al Pd la paternità del superamento dei vecchi vitalizi parlamentari sembra dimenticare che, se oggi si parla soltanto di quelli vecchi, è perché dal 1° gennaio 2012 non ce ne sono più di nuovi: sono stati infatti bloccati dalle Presidenze delle Camere per coerenza con la prima legge dell’odiatissimo Governo Monti, proposta dall’odiatissima ministra del Lavoro Fornero, approvata con un voto quasi unanime dell’odiatissima “casta”. Parlo del dicembre 2011, quando in Parlamento non c’era neppure un grillino. Fino ad allora in Italia le rendite indebite erano state distribuite con larghezza a tutti, e con larghezza particolare agli ex-parlamentari; fu il  Governo Monti a cambiare drasticamente musica con tutti. Ma proprio tutti. Ora la Camera sta approvando il disegno di legge Richetti, che prevede il ricalcolo secondo il criterio contributivo anche dei vitalizi parlamentari maturati prima del 2012; e per i nuovi prevede l’aggancio automatico del requisito di età a quello che si applica per la generalità dei lavoratori. Ho spiegato altrove [1] perché considero questo – a parte alcuni marginali eccessi da correggere – come un completamento giusto e opportuno dell’opera del Governo Monti. C’è però una disposizione di questo disegno di legge, frutto di un emendamento del M5S, clamorosamente ingiusta e incoerente: quella che esclude espressamente la possibilità del ricalcolo con il sistema contributivo anche delle “pensioni d’oro” attivate dall’Inps prima del 2012, quando si poteva andare in pensione con 15 o 20 anni di contributi e con una rendita interamente commisurata all’ultima retribuzione, magari artificiosamente gonfiata. Posso capire che si rinunci a ridurre la parte non guadagnata di queste rendite a causa dei problemi tecnici di cui ho detto nel primo editoriale di oggi [1]; ma non riesco proprio a capire la logica che induce il M5S a sancire la loro irriducibilità in linea di principio. Anch’esse costituiscono un’ingiustizia ai danni delle nuove generazioni. O dobbiamo considerare ingiusti solo i privilegi e le rendite degli ex-parlamentari?

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