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IL PARADOSSO DEI GIOVANI CHE VOTANO PER CHI LI SCHIACCIA SOTTO IL DEBITO

Il Pd non riesce a essere il catalizzatore del movimento dei giovani contro il “furto del loro futuro”; la speranza è che un movimento di questo genere nasca in qualche modo spontaneamente nelle scuole, nelle università

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Materiali per l’intervista a cura di Greg Sorgi, pubblicata il 4 ottobre 2018 su
il Foglio, con alcuni tagli per ragioni di spazioIn argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 1° ottobre, Deficit al 2,4%: i giovani non hanno niente da dire? [1].
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Perché sono proprio i giovani le vittime principali della manovra che verrà approvata?
Perché sono loro che dovranno ripagare i duemila e trecento miliardi di debito che i loro padri e i loro nonni hanno accumulato nell’ultimo trentennio. Negli ultimi sei anni l’Italia aveva finalmente deciso di cambiare strada, concordando con l’UE un percorso di progressivo azzeramento del deficit; ma ora il Governo Salvini-Di Maio sta gettando quell’impegno alle ortiche. E lo sta facendo, per di più, in modo provocatorio, come se puntasse ad arrivare a una rottura drammatica.
Il Movimento 5 Stelle, però, è stato il partito più votato dai giovani e il Pd è stato il più votato tra gli over 65, ovvero i maggiori beneficiari dell’abolizione della Fornero. Come spiega il fatto che sia i giovani sia gli anziani abbiano votato contro i propri interessi?
Lei ha ragione, questo è un paradosso della politica, non solo italiana: accade qualche cosa di analogo in tutta Europa. La mia speranza, però, è che la nuova generazione apra gli occhi sul vero e proprio “furto del suo futuro” che le generazioni precedenti stanno perpetrando ai suoi danni. Sono le generazioni, la mia soprattutto, che per trent’anni hanno speso l’equivalente di trenta miliardi l’anno più di quanto hanno prodotto, sia nei periodi delle vacche magre, sia in quelli delle vacche grasse. Ora il Governo ha deciso che si può andare avanti allo stesso modo, tanto pagherà Pantalone, cioè quelli che ora hanno venti o trent’anni, e che si ritroveranno il Paese in macerie per effetto di questa scelta dissennata.

Non pensa che la struttura dei partiti tradizionali (Forza Italia e il Pd) non sia attraente per i millenial? Ovunque nel mondo i giovani seguono delle forme di partecipazione più orizzontale. In Italia il M5s (anche grazie alla “Rete”) e in Gran Bretagna il movimento corbinista Momentum hanno avuto molto successo grazie a una diversa forma di rappresentanza politica.
È così. Infatti temo che oggi non possa essere il Pd il catalizzatore del movimento dei giovani contro il “furto del loro futuro”. La mia speranza è che un movimento di questo genere nasca in qualche modo spontaneamente nelle scuole, nelle università, e si alimenti attraverso la rete. Il Pd, però, può assecondarlo.

Ovunque nel mondo stiamo vedendo che ai giovani piacciono le politiche radicali di sinistra. In Gran Bretagna ai giovani piace Corbyn, in America Saunders, in Spagna Podemos. Perché i giovani stanno riscoprendo un’ideologia che è stato screditata nel Novecento? Quanto hanno influito le politiche di austerity?
Non penso che sia una “ideologia di sinistra” a essere uscita screditata dal Novecento. È accaduto, invece, che nell’ultimo quarto di secolo la globalizzazione ha subìto un’accelerazione straordinaria, i cui benefici sono stati goduti soprattutto da parte dei quattro quinti più poveri dell’umanità. Il quinto più ricco, cioè quello che chiamiamo l’“Occidente sviluppato”, ne ha tratto benefici complessivamente minori; ma soprattutto ha visto sconvolti i propri vecchi schemi economici e sociali dalla globalizzazione, con molta gente positivamente danneggiata e un forte aumento delle disuguaglianze, con tutto il carico di ansie diffuse che ne è conseguito. Questo ha generato negli ultimi anni il vento anti-establishment che ha portato alla Brexit in Gran Bretagna e all’elezione di Trump negli USA. Questo stesso vento, in Italia è stato rafforzato dalla vicenda della crisi economico-finanziaria del 2011, che ha costretto bruscamente il Paese a rendersi conto che non poteva continuare a spendere quei trenta miliardi all’anno in più di quel che produceva, di cui parlavamo prima; e che, anzi, occorreva incominciare a pensare a come incominciare a restituire almeno mille dei duemila miliardi di debito pubblico che si era accumulato. Senonché la maggioranza degli italiani ha vissuto questa svolta soltanto come la fine dello “Stato sociale”, lo “smantellamento dei diritti”, senza capire quello che stava accadendo e perché. E la sinistra è stata accusata – si è lasciata accusare! – di averlo consentito.

Oggi il Direttore Cerasa parla di una “resistenza civile” dei giovani contro il governo. Secondo lei questo è scenario è possibile?
Perché no?

I giovani possono diventare gli “avversari” numero uno del governo del cambiamento?
Questo non è affatto un paradosso: dovrebbe, anzi, essere il portato della logica economica. Anche perché il “cambiamento” a cui punta il Governo Salvini-Di Maio non è altro, in realtà, che il ritorno alla Prima Repubblica, con la sua finanza allegra, lo Stato-mamma che copre le perdite dell’industria a partecipazione statale, il sistema pensionistico utilizzato come ammortizzatore sociale, la Cassa integrazione a tempo indeterminato per i dipendenti delle imprese fallite, e così via. Il tutto a spese, appunto, delle generazioni successive.

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