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LIPRANDO E IL GIUDIZIO DI DIO

Come questo prete irrequieto, cui erano state mozzate le orecchie e il naso nel corso di uno scontro, abbia accusato l’Arcivescovo di Milano di essersi comprato la carica e, davanti ai vescovi riuniti in sinodo, abbia affrontato la prova del fuoco con dubbio successo, per qualche danno subito, senza comunque riuscire a disarcionare il prelato

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Secondo estratto
da Pietro Verri, Storia di Milano, a cura di Renato Pasta, Edizione nazionale delle opere di Pietro Verri, vol. IV, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2009, pp. 144-148 – Il primo brano è stato pubblicato su questo sito sotto il titolo Non ci lagneremmo cotanto de’ tempi presenti… [1]La vicenda qui raccontata è ripresa da Enzo Iannacci in una delle sue canzoni più belle, Prete Liprando e il giudizio di Dio [2] – Questo episodio, come il precedente, i tre che seguiranno e numerosi altri contenuti nella Storia di Milano, vengono raccontati dal Verri per mettere in evidenza l’enorme progresso politico e civile compiutosi nel secolo dei Lumi

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[…]

Nel principio […] del secolo duodecimo lo storico nostro Landolfo Juniore, che è il solo autore contemporaneo [del fatto narrato – n.d.r.], ci racconta un fatto prodigiosissimo, e ce lo descrive con circostanze cotanto minute e singolari, che sembra quasi ch’ei temesse l’incredulità dei posteri. Sin ora il suo timore fu vano; ma io lo credo giustissimo. Il fatto è il seguente. Mentre Anselmo da Boisio [Arcivescovo di Milano – n.d.r.] era partito, comandando l’esercito che marciava alla conquista di Babilonia, il Vescovo di Savona Grossolano, come Vicario dell’assente Arcivescovo, reggeva la Chiesa Milanese. Giunta la nuova della morte di Anselmo, Grossolano ebbe un partito, e fu eletto Arcivescovo […] Eravi in Milano un prete che aveva nome Liprando. Egli era zio di Landolfo Juniore, e convien dire che fosse di genio piuttosto attivo, poiché ebbe tagliati il naso e gli orecchi in uno de’ tumulti per la giurisdizione romana, per cui egli combatteva.

Papa Gregorio Settimo

Il Papa Gregorio Settimo prese questo prete sotto la speciale protezione della Santa Sede, e nella bolla gli scrisse: Tu quoque, abscisso naso et auribus pro Christi nomine, laudabilior es qui ad eam gratiam pertingere meruisti, qua ab omnibus desideranda est, qua a sanctis, si perseveraveris in finem, non discrepas. Integritas quidem corporis tui diminuta est, sed interior homo, qui renovatur de die in diem, magnum sanctitatis suscepit incrementum: forma visibilis turpior, sed imago Dei, quae est forma justitiae, facta est pulchrior. […] Il prete Liprando […] appoggiato a questa bolla, pretendeva di essere indipendente dall’Arcivescovo, e da ciò nacquero dei dissapori, i quali si inasprirono. L’Arcivescovo sospese il prete dal suo ufficio sacerdotale, e il prete accusò pubblicamente l’Arcivescovo di simonia, per munus a manu, per munus a lingua, per munus ab obsequio. La disputa andò tanto avanti, che vi furono partiti; si venne alle solite zuffe […]. Fu pertanto costretto l’Arcivescovo Grossolano a convocare un Sinodo, in cui si giudicasse s’egli fosse legittimamente eletto, ovvero se fosse simoniaco; e il prete Liprando si sibì di provare col giudizio di Dio, passando attraverso del fuoco, l’accusa che aveva fatta all’Arcivescovo. Il popolo accettò con avidità questa proposizione, che gli ovveriva un genere di spettacolo maravigliosissimo. La curiosità di vedere un miracolo generalmente eccitò l’impazienza di ognuno; e fu avvisato il prete Liprando di apparecchiarvisi: e il fatto ce lo descrive Landolfo nella maniera che dirò. […]

La basilica di Sant’Ambrogio

Digiunò il prete per due giorni; poi, vestito con cilicio, camice, e pianeta, a piedi nudi, portando la croce, da San Paolo in Compito venne a Sant’Ambrogio, e cantò la messa all’Altar Maggiore in faccia dell’Arcivescovo, che si era collocato sul pulpito con altri due personaggi. […] Landolfo non ci dice come celebrasse la messa quel prete sospeso dal suo ufficio: ci dice però che l’Arcivescovo, poiché la messa fu terminata, prese a dire così: Aspettate, che con tre parole convincerò quest’uomo; indi rivolto al prete, hai asserito, gli disse che io sono simoniaco, ora dichiara soltanto, se il puoi, qual sia la persona a cui io abbia donato. Il prete si collocò sopra un sasso elevato che era nella chiesa, e indicando il pulpito: vedete, disse al popolo, vedete tre grandissimi diavoli, che possono confondermi col loro ingegno e co’ denari che possedono; ma io rispondo che con quel denaro istesso che il diavolo gli suggerì di adoprare per comprarsi l’Arcivescovato, possono aver occultata la verità e togliermi i testimonj; e per ciò ho scelto il giudizio di Dio, che non s’inganna. Il dialogo continuò qualche poco, sin tanto che, impaziente il popolo di vedere questo prodigio, si udì gridare perché venisse al cimento il prete; il quale, sebbene fosse vecchio, e digiuno per il terzo giorno, ed avesse fatto un lungo cammino, balzò dal sasso e si portò co’ suoi paramenti avanti l’atrio di Sant’Ambrogio; fuori del quale erano disposte due cataste di legna di quercia; ciascuna delle quali era lunga dieci braccia, alte entrambi più di un uomo, e similmente larghe, e distanti l’una dall’altra un braccio e mezzo. Anzi nel viottolo istesso eranvi gettati de’ pezzi di legna tratto tratto, per renderne più lento e difficile il passaggio. Poiché il prete e l’Arcivescovo furono fuori dell’atrio, l’accusatore prese l’Arcivescovo per la cappa, e disse: Iste Grossolanus, qui est sub ista cappa, et non de alio dico, est simoniacus de Archiepiscopatu Medionani. Ciò fatto, l’Arcivescovo non volle star più presente, montò a cavallo, e se ne partì. Arialdo da Meregnano, amico dell’Arcivescovo, teneva frattanto il prete, acciocché ei non passasse, sin tanto che il fuoco non fosse bene acceso; e il fuoco crebbe a segno, che Arialdo ne ebbe offesa la mano. Allora dissegli: Prete Liprando, mira la tua morte, piegati all’Arcivescovo, e salva la vita; e se nol vuoi, vanne colla maledizione di Dio. Il prete rispose a lui: Sathana, retro vade, poi si prostrò a terra, fece il segno della Croce, ed entrò fra le cataste ardenti. La fiamma si spaccava avanti di lui, e si riuniva tosto che era passato; passò sopra i carboni, come se fosse arena, due volte recitò in quel passaggio: Deus, in nomine tuo salvum me fac, et in virtute tua libera me, e nella terza volta, alla parola fac, si trovò sano dall’altra parte del fuoco, senza danno alcuno nella persona, o ne’ lini del camice, o nella pianeta. […]

Eppure lo stesso Landolfo ci avvisa che: praesentia Episcoporum suffraganeorum huic legi et triumpho favorem integre non praebuit, e il popolo stesso, pochi giorni dopo, cambiossi di parere sul preteso miracoloso passaggio […] Ci narra di più lo stesso autore che in quella occasione il prete ebbe offesa bensì una mano dal fuoco, ma che se l’abbruciò prima di passarvi; che ebbe anche male a un piede, ma che ne fu cagione un cavallo da cui fu calpestato. […]

Per otto anni ancora, dopo il raccontato prodigio, continuò l’Arcivescovo Grossolano a conservare la sua dignità, sebbene con un partito contrario. […]

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