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I DUE VOLTI DI GALEAZZO II VISCONTI, OVVERO: IL MEDIOEVO FEROCE NELLA CIVILISSIMA MILANO

Il caso di un sovrano intelligente, colto, fine politico e abile giurista, precursore del Rinascimento, capace di ideare e praticare nei confronti dei propri nemici le torture più orrende

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Estratto da Pietro Verri,
Storia di Milano, a cura di Renato Pasta, Edizione nazionale delle opere di Pietro Verri, vol. IV, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2009, pp. 368-369 – I due precedenti riguardano la vicenda della conquista di Milano da parte dell’Imperatore Lamberto [1] all’inizio del ‘900 e quella del prete Liprando sottoposto al “giudizio di Dio” [2], di due secoli dopo

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Le pagine qui sotto riportate appartengono al capitolo decimoterzo della Storia di Milano del Verri, nel quale si narra, tra l’altro, del modo atroce di governare di Galeazzo Secondo Visconti, nella seconda metà del secolo XIV. La cosa incredibile è che egli fu, al tempo stesso, un precursore del Rinascimento, amante e protettore delle arti; e fu persino, nel 1361, il fondatore dell’Università di Pavia. Di lui si legge in Wikipedia che è “descritto dagli storici dell’epoca come uomo di bell’aspetto, intelligente, colto, fine politico e abile giurista […]. Fu patrono del Petrarca, che chiamò a Pavia come precettore per suo figlio Gian Galeazzo e come diplomatico. Abbellì Milano e il Milanese di molti edifici, avviò la costruzione della rocca di Porta Giovia che divenne in seguito il castello sforzesco [3], mentre il suo castello di Pavia diveniva un cantiere aperto di artisti provenienti dall’Europa francofona che diffusero in Italia gli ultimi sviluppi dell’arte”.  Ma Galeazzo II è anche tristemente noto per aver inventato la pratica sadica della ‘Quaresima’, il cui “protocollo” è riprodotto dal Verri per sottolineare l’abisso che separa da quella barbarie il “secolo dei Lumi”. .

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Un altro ritratto di Galeazzo II Visconti

Fece impiccare il suo direttore delle fabbriche in Milano. Fece impiccare il suo direttore delle fabbriche in Pavia. Il castellano di Voghera per essere stato assente, quando quegli afflitti abitanti scossero il giogo della oppressione, fu strascinato a coda d’asino, poi fu impiccato con un suo figlio. Sessanta stipendiati, perchè furono un poco lenti nell’eseguire una commissione, furono con una sola parola condannati tutti alle forche. Indotto a far loro grazia, se ne rammaricò poi, e fece porre in carcere Ambrosolo Crivello, suo cancelliere, e lo privò d’un anno di salario, perchè era stato sollecito nella spedizione della grazia. Questi fatti ci sono attestati da più autori contemporanei. L’Azario poi ci ha tramandato l’editto col quale quel principe ordinò a’ suoi giudici qual carnificina dovessero far eseguire contro i rei di Stato. Egli immaginò il modo per far soffrire atrocissimo strazio per quarantun giorni, riducendo un uomo sempre all’agonia senza lasciarlo morire. La natura freme; Busiri e Falaride non lasciarono altretanto: Intentio domini est quod de magistris proditoribus incipiatur paulatim. Prima die quinque bottas de curlo. Secunda die reposetur. Tertia die similiter quinque bottas de curlo. Quarta die reposetur. Quinta die similiter quinque bottas de curlo. Sexta die reposetur. Septima die similiter quinque bottas de curlo. Octava die reposetur. Nona die detur eis bibere aqua, acetum et calcina. Decima die reposetur. Undecima die similiter aqua, acetum et calcina. Duodecima die reposetur. Decima tertia die serpiantur eis duae corrigiae per spallas et pergottentur. Decima quarta die reposetur. Decima quinta die dessolentur de duobus pedibus; postea vadant super cicera. Decima sexta die reposetur. Decima septima die vadant super cicera. Decima octava die reposetur. Decima nona die ponantur super cavalletto. Vicesima die reposetur. Vigesima prima die ponantur super cavalletto. Vigesima secunda die reposetur. Vigesima tertia die extrahatur eis unus oculus de capite. Vigesima quarta die reposetur. Vigesima quinta die truncetur eis nasus. Vigesima sexta die reposetur. Vigesima septima die incidatur eis una manus. Vigesima octava die reposetur. Vigesima nona die incidatur alia manus. Trigesima die reposetur. Trigesima prima die incidatur pes unus. Trigesima secunda die reposetur. Trigesima tertia die incidatur alius pes. Trigesima quarta die reposetur. Trigesima quinta die incidatur sibi castronum. Trigtesima sexta die reposetur. Trigesima septima die incidatur aliud castronum. Trigesima octava die reposetur. Trigesima nona die incidatur membrum. Quadragesima die reposetur. Quadragesima prima die intenaglietur super plaustro, et postea in rota ponatur.

Una veduta del Castello Sforzesco di Milano

Pare impossibile che un Sovrano abbia mai dato un comando tanto infernale; pare impossibile che alcun uomo, soffrendo questi martirj, potesse sopravvivere sino al quarantesimo primo giorno! Eppure convien dire che crudelmente si andassero applicando i rimedi per prolungare la vita e il tormento; poiché, ci attesta lo stesso autore, che harum poenarum exequutio facta fuit in personas multorum anno 1372 et 1373. Così pensarono i Principi, così furono governati i popoli di quella Città in cui doveva l’immortale Marchese Cesare Beccaria scrivere il libro Dei delitti e delle Pene, libro sacro all’umanità, alla ragione ed alla beneficenza. […]

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