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IL DOVERE SACRO DI DIFENDERE LA PATRIA NELL’ERA DEL CORONAVIRUS

Non si tratta di reclutamento coatto, ma soltanto, superata la fase più critica dell’epidemia, di stabilire che – rispettate le misure di sicurezza – possono tornare al lavoro le persone che corrono i rischi minori


Terzo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 519, 1° aprile 2020 – In argomento v. anche il secondo, Il pericolo carestia e il servizio civile necessario per evitarlo [1]: ivi i link che consentono di accedere in sequenza ai precedenti sullo stesso tema

 

[2]Nel secondo editoriale telegrafico di oggi [1] ho spiegato perché temo che dal protrarsi della paralisi del tessuto produttivo possano derivare pericoli anche peggiori della stessa epidemia per la nostra sicurezza e la nostra salute: l’infarto del sistema economico e la bancarotta dello Stato farebbero più morti del coronavirus. Quando sarà stata superata la fase più grave dell’epidemia, dunque, proprio per la protezione della nostra salute e sicurezza sarà più prudente correre qualche ragionevole rischio immediato per ridurre la durata e la portata della paralisi, piuttosto che protrarre un lockdown totale. L’idea, proposta da un gruppo di economisti [3] e fatta propria dal sindaco di Milano Beppe Sala [4], è quella di incominciare col consentire la ripresa del lavoro dei più giovani, per i quali il Covid-19 è molto meno pericoloso. Già si sono levate le prime proteste: “Si sacrifica la salute dei giovani sull’altare dell’economia!”. No: si chiede loro di correre un rischio modesto, per evitare una catastrofe per tutti. Lo Stato ha titolo per chiederlo? Sì. Alla generazione precedente alla mia è stato chiesto di esporre la vita a rischi molto più gravi di questo, in guerre che lo meritavano molto meno di quella contro il coronavirus. Se l’articolo 52 della Costituzione – che impone a ogni italiano il “dovere sacro” di difendere la Patria anche mettendo a rischio la vita – ha ancora un senso, esso legittima lo Stato a chiedere a persone di età nella quale un tempo si veniva mandati al fronte, o si era comunque soggetti all’obbligo della leva, di separarsi per qualche settimana dalla famiglia ed esporsi a un modesto rischio per la salute, per evitare un rischio mortale per il Paese. Si tratta solo di consentire gradualmente alle imprese – rispettate determinate misure di sicurezza – di riavviare la produzione con personale fino a un certo limite di età, offrendo ai “richiamati” non single ospitalità a spese dello Stato in uno dei centomila alberghi oggi disperatamente vuoti.