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LA PANDEMIA E LA PARITA’ DI TRATTAMENTO FRA I LAVORATORI

Estendere il trattamento di integrazione salariale al settore pubblico gioverebbe all’equità e consentirebbe di sostenere la parte degli stessi dipendenti pubblici che oggi è eroicamente in prima linea

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Quarto editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 219, 6 aprile 2020 – In argomento v. anche La dignità del lavoro non dipende dall’inamovibilità [1] – V. inoltre gli editoriali telegrafici precedenti [2] sul tema della pandemia

 

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Una scena del film di Checco Zalone, Quo Vado, dedicato al culto del “posto” nel settore pubblico

Si parla molto, e giustamente, della disuguaglianza iniqua tra il dipendente stabile e il precario. Ma oggi siamo di fronte a una disuguaglianza ancor più grave, nel mondo del lavoro: quella che corre tra il dipendente di impresa privata, piccola o grande che sia, stabile o a termine, e l’impiegato pubblico di back-office, cioè non impegnato in prima linea in servizi sanitari, di polizia, o comunque essenziali. Quest’ultimo viene per lo più lasciato a casa per tutta la durata del lockdown al pari del dipendente dell’impresa privata, però senza perdere un euro dello stipendio. Non è certo una sua colpa; dunque, buon per lui. Però sul piano dell’equità sociale la cosa non ha alcuna giustificazione. E non ha alcuna giustificazione neppure sul piano giuridico-istituzionale: con lo stesso decreto con cui è stato disposto il divieto di andare al lavoro per tutti coloro che non svolgono attività indispensabili, ben avrebbe potuto essere stabilito che agli impiegati pubblici lasciati a casa per i quali non si attivi una qualche forma di lavoro da remoto venga erogata soltanto un’integrazione salariale pari a quella che percepiscono tutti i dipendenti del settore privato. Se non lo si fa è solo in omaggio all’idea sbagliata che lo stipendio pubblico sia qualcosa di diverso dalla normale retribuzione di un lavoratore dipendente. Si obietterà che, su tre mesi di probabile durata della sospensione, all’erario ne deriverebbe un risparmio non superiore a un miliardo: poca cosa rispetto all’aumento del debito di questi giorni. È vero. Ma basterebbe per dare un sostegno concreto alla parte degli stessi dipendenti pubblici oggi eroicamente in prima linea: per esempio premiando medici e infermieri che stanno lavorando il doppio; oppure dando i pc agli insegnanti che si stanno arrabattando per fare lezioni online di tasca loro. E gioverebbe molto alla coesione solidale tra i cittadini, che nelle catastrofi è la risorsa più importante di cui un Paese dispone; e che si basa sulla condivisione da parte di tutti del peso delle circostanze avverse.