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È IL LAVORATORE A DOVER SCEGLIERE L’IMPRENDITORE

“[…] Ichino apre una finestra sulle relazioni industriali con l’obiettivo di cambiare i modi di pensare che contribuiscono a rendere difficile la risalita dopo la crisi […] Idee nuove e controcorrente: se ne deve discutere, ma non si possono ignorare […]”

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Articolo di Stefano Folli pubblicato sull’inserto
Robinson de la Repubblica il 30 maggio 2020 – Le altre recensioni, così come le interviste e gli altri interventi e commenti, sul libro L’intelligenza del lavoro sono facilmente reperibili attraverso la pagina web dedicata al libro .
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Stefano Folli

Pietro Ichino, un giuslavorista controcorrente. La definizione è azzeccata quando si parla di questo studioso tanto riservato quanto innovativo nelle sue analisi e nelle sue proposte. Giunto alla soglia dei settant’anni, Ichino apre una finestra sulle relazioni industriali con l’obiettivo di cambiare i parametri e le rigidità che contribuiscono a rendere difficile la risalita dopo la crisi. “I tempi migliori vanno preparati”; e siccome al momento siamo nella conca dell’onda, cioè nel punto forse peggiore della crisi post-Covid, è ora di rimboccarsi le maniche.

In questo saggio appena uscito da Rizzoli, Ichino suggerisce che siano i lavoratori – e i sindacati con loro – a rovesciare il paradigma prendendo l’iniziativa del rapporto di lavoro. Siano loro, in altri termini, a scegliersi gli imprenditori. Come? Al di là della frase a effetto, la tesi poggia sugli studi di una vita, mettendone a fuoco oggi la parte più creativa e sorprendente. Tre idee che compongono un quadro originale. La prima riguarda le centinaia di migliaia di posti che restano scoperti nel mercato del lavoro a causa di una cattiva “segnaletica”, ossia per la mancanza di un sistema effettivo che conduca la persona in cerca di un’occupazione fino al traguardo voluto. Seconda idea: non devono essere “soltanto gli imprenditori a selezionare e ingaggiare i propri collaboratori”; deve accadere in larga misura anche l’inverso, “che siano i lavoratori a scegliere e “ingaggiare” l’imprenditore ritenuto più capace di valorizzare il loro lavoro”. Vale a dire una particolare “capacità che i lavoratori devono saper esercitare sul piano individuale, ma anche su quello collettivo, di conoscere e capire in tutti i suoi aspetti il mercato del lavoro, in modo da poterlo utilizzare efficacemente a proprio vantaggio”. Di conseguenza anche e soprattutto il sindacato è chiamato a rinnovare il proprio approccio ai problemi del lavoro nelle società che la crisi sta trasformando, a maggior ragione dopo il trauma della pandemia.

Idee nuove e controcorrente: se ne deve discutere, ma non si possono ignorare.

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