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ANCORA SULLA PRODUTTIVITÀ DELLE AMMINISTRAZIONI DURANTE L’EPIDEMIA

Quando l’ufficio pubblico decide (tardivamente) di avvalersi delle tecnologie informatiche e telematiche, ma poi si perde in un bicchier d’acqua – In queste condizioni, come è possibile che la PA (tranne alcuni servizi) abbia potuto utilizzare integralmente il monte ore lavorabile, come i vertici del ministero della FP sostengono?

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Lettera
dell’avvocato Alessandro Di Stefano pervenuta il 16 agosto 2020 – Le altre lettere, interviste e interventi sull0 stesso argomento si trovano nel nuovo portale a esso dedicato [1] 
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Caro professore, ti scrivo questa breve mail per raccontarti un caso professionale, vissuto personalmente, non strettamente legato al lavoro agile nella PA, ma relativo all’uso della tecnologia nello stesso settore.

[2]Prima del lockdown e del divieto di licenziamento un mio cliente licenzia un lavoratore per superamento del comporto. Io e il collega che difende il lavoratore troviamo un accordo, da formalizzare in sede protetta. In assenza di collegamento sindacale del lavoratore, proponiamo ad un Ispettorato Territoriale (non farò nomi nè indicherò province, perchè la riservatezza prevale sempre, ottusamente e burocraticamente!) istanza congiunta per la conciliazione.

Nessuno ci convoca, ma nel frattempo eravamo entrati in piena emergenza sanitaria, quindi attendiamo. Il 24 maggio, passato il peggio, io e il collega sollecitiamo la convocazione, precisando che si tratta di istanza congiunta rispetto a licenziamento estraneo al divieto e intimato prima del divieto, onde evitare fraintendimenti. Nulla. In giugno lo stesso ITL finalmente comunica che procederà a riprendere l’attività tramite le commissioni di conciliazione, in video conferenza con applicativo teams (lo stesso in uso ai tribunali, per capire). Un po’ incredulo, penso però – con una certa soddisfazione – che finalmente qualcosa si muove! Dopo i tribunali, anche altri uffici pubblici iniziano a fare tesoro di alcune opzioni tecnologiche esistenti, il cui uso diventa necessitato in periodo di emergenza sanitaria.

Tuttavia, l’utilizzo delle opzioni tecnologiche (e la loro efficacia) dipende pur sempre dall’uomo che le governa. Negli stessi tribunali avrai anche tu notato che la pandemia ha reso manifestamente evidente la differenza tra giudici (e avvocati) che hanno voglia di fare e risolvere i problemi da una parte, e giudici (e avvocati) che resistono dall’altra.

Otteniamo finalmente la convocazione il 24 giugno 2020, rispetto a un’istanza congiunta pre-lockdown. La video-conferenza fila liscia, e giriamo alla commissione (come richiesto) il verbale in formato PDF, sottoscritto dalle parti. Il presidente chiude la procedura preavvisando che raccoglierà le firme dei commissari e poi ci inoltrerà il verbale definitivo, con tutte le firme, a definizione della vertenza. Senonché dal 24 giugno, pur essendo nel frattempo via via riprese tutte le attività produttive, silenzio assoluto.

Il collega e io sollecitiamo più volte, via pec, l’Ispettorato a farci avere il verbale sottoscritto dai membri della commissione. In assenza di tali sottoscrizioni siamo in presenza di un verbale sottoscritto da due parti private senza la formalizzazione in alcuna sede protetta. Io suggrisco quindi alla mia cliente di non pagare quanto previsto a verbale, poichè il lavoratore potrebbe in linea teorica impugnare l’atto trattenendo a titolo di acconto le somme ricevute, e impugnare il licenziamento in giudizio. Il collega è d’accordo con me e sollecita, a sua volta, in più occasioni l’Ispettorato e il Presidente della commissione a definire la procedura.

Dal 24 giugno ad oggi nulla, nessuna risposta, e il lavoratore non ha ancora ricevuto la somma pattuita a titolo transattivo, malgrado bastasse poco.

Questo è un caso che riguarda l’uso della tecnologia, non il lavoro agile. Ma è proprio su tale forma di lavoro nelle PA che chiudo. Per alcuni mesi il mondo intero ha chiuso (tranne alcuni servizi impegnati in prima fila, che hanno lavorato il triplo). Il settore privato ha fatto massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali e, in assenza di uno specifico divieto, avrebbe intimato un numero significativo di licenziamenti. Come è possibile che la PA (tranne alcuni servizi), senza ammortizzatori sociali, abbia potuto utilizzare integralmente il monte ore lavorabile? In assenza di persone a cui erogare i servizi. Mi sembra una banale osservazione aritmetica, non un attacco politico.

Se poi aggiungiamo un uso della tecnologia (ove disponibile anche a casa del pubblico impiegato) come quello citato nell’esempio, ossia dilatato in tempi molto più lunghi di quelli ordinariamente necessari “in presenza”, allora mi chiedo cosa e quanto abbiano fatto i lavoratori agili nella PA.

Un caro saluto

Alessandro di Stefano (avvocato in Padova).