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LE PREVISIONI SBAGLIATE SUL LAVORO

Alcuni studiosi hanno lanciato l’allarme della “fine del lavoro”, delle mille occupazioni umane destinate a sparire sostituite dalle macchine; invece l’Economist oggi ci avverte che non sta accadendo questo: le macchine assorbono vecchie mansioni umane, ma richiedono lavoro umano nuovo e gli offrono una infinità di nuove opportunità

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Editoriale di Dario Di Vico pubblicato sul
Corriere della Sera il 13 aprile 2021 – In argomento v. anche La sfida tra intelligenza artificiale e intelligenza umana [1].
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Dario Di Vico

Per dirla in sintesi è un rovesciamento della narrazione degli ultimi lustri. Lo special report dell’Economist di questa settimana ha aperto un largo e controverso dibattito tra gli addetti ai lavori perché contraddice l’opinione corrente innanzitutto in materia di automazione labour saving. Un famosissimo studio dei professori Frey e Osborne del 2013 sosteneva che il 47% dei lavori fosse soggetto a sparire sostituito dalle macchine e invece, sostiene l’Economist, non è successo niente di ciò. La correlazione più robot meno occupazione non è verificata, l’impatto è modesto e una quota crescente di jobs richiede la presenza fisica di un operatore (nella cura alle persone, nella sanità e nell’istruzione). E comunque “la gente si arrabbia se paga il caffè e vede che lo prepara una macchina”. Uno studio dell’Ubs sull’automazione aggiunge che in Francia, Spagna, Italia e Germania ci sono poche prove dell’interesse delle imprese ad automatizzare tutte le mansioni. E anche rispetto ai timori di vedere aumentare i lavori poveri l’Economist rovescia la narrazione. “La cosa peggiore di tanti lavori poco pagati è avere pochi lavori poco pagati”. E comunque saranno le abitudini di consumo che prenderemo stabilmente nel post-vaccini a determinare il futuro del lavoro a bassa paga, specie se spenderemo di meno in aerei e hotel. L’altro grande filone che sta facendo discutere è il lavoro ibrido, metà ufficio metà casa. I dipendenti americani si orientano verso il fifty fifty, le società che opereranno solo da remoto saranno una minoranza ma il coinvolgimento dei dipendenti scalerà la lista delle priorità del management. Si accentueranno però le distanze tra lavoratori della conoscenza e gli altri, i buoni lavori si possono fare anche da casa ma quelli essenziali no. E l’unica possibilità di conoscenza reciproca tra un giovane architetto e un giovane rider sarà “aprire la porta per la consegna del cibo”. In definitiva grande ottimismo sulla quantità del lavoro, interrogativi vecchi e nuovi sulla sua qualità.