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MARIA GHEZZI, OLTRE L’ENIGMA

Non solo lo stile, ma anche e soprattutto la capacità espressiva del disegno della Brighella, determinano un nuovo standard figurativo nel mondo italiano dei rebus – Ma la sua opera artistica va al di là dello straordinario contributo che ha dato all’evoluzione dell’enigmistica italiana

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Presentazione di
Oltre l’Enigma, mostra delle opere di Maria Ghezzi, La Brighella, esposte a Milano al Centro dell’Incisione, 9 ottobre 2021 – Sull’opera di Maria Ghezzi v. anche il mio ricordo di lei, Il lato lungo della Brighella [1], pubblicato sul n. 2/2021 de Il Leonardo, organo dell’Associazione Rebussistica Italiana  .
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[2]Maria Ghezzi, nata nel 1927 a Bresso, alle porte di Milano, qui ha poi studiato al Liceo artistico dell’Accademia di Brera diplomandosi nel ’46, e qui è vissuta fino alla vigilia del suo 94mo compleanno, il 22 febbraio scorso, quando è mancata improvvisamente.

Ha esordito come disegnatrice di figurini di moda (di cui alcuni esempi sono esposti in questa mostra, sulla parete entrando a sinistra) e decoratrice di interni, di mobili, soprattutto di porte. Ma la sua grande vocazione e passione, sempre coltivata, è il disegno. Nel febbraio ’48 fa già una mostra personale, inaugurata da Spartaco Balestrieri, alla “Saletta del disegno” di via Senato. Per due anni di fila, il ’51 e il ’52, è finalista al “Premio Bolzano per le pittrici italiane”, rispettivamente con le opere Frutta, Notturno e Riflessi, che ora sono esposte in questa mostra.

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Maria Ghezzi, ritratto di Gian Carlo Brighenti, olio su tela

È dunque già un’artista matura quando, nell’estate del 1951, Gian Carlo Brighenti – da poco responsabile della sezione “rebus” della Settimana Enigmistica – la incontra durante una vacanza in Trentino, mentre sta disegnando un panorama alpino. La loro unione, nata allora come da un colpo di fulmine, durerà per oltre mezzo secolo, per tutta la vita di entrambi. E in essa si realizza una straordinaria sinapsi tra due talenti: quello enigmistico di lui e quello artistico di lei, che diventa a sua volta “autrice”, nel senso più profondo del termine, dei rebus di cui realizza l’immagine. Lui intuisce che il talento di lei può far fare un salto qualitativo non solo alle immagini, ma alla concezione stessa dei rebus, oltre che di altri giochi della Settimana Enigmistica; ed è proprio quello che effettivamente avviene: nel giro di brevissimo tempo, non solo lo stile, ma anche e soprattutto la capacità espressiva del disegno di Maria determina un nuovo standard figurativo nel mondo italiano dei rebus. A suggello della loro unione anche nel lavoro, avendo lui assunto il nome d’arte Briga, lei assume quello de La Brighella (che alternerà con quello di Gemma, una sorta di rebus costruito sulle sue iniziali).

Può dare un’idea del salto qualitativo di cui ho fatto cenno l’evoluzione dell’immagine di uno dei rebus italiani più belli e più famosi: quello la cui soluzione è
L’ora desiata vola:

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1941 – disegno dell’autore Petrucci

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1968 – disegno della Brighella

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1945 – disegno di Verdini

 

Il disegno di Maria Ghezzi aumenta in modo straordinario le potenzialità del “rebus di relazione” (inteso come contrapposto a quello di “denominazione”), rendendo possibile la costruzione di giochi nei quali la “chiave” non è costituita soltanto dall’azione compiuta da un soggetto, ma anche dal modo in cui essa viene compiuta, dall’atteggiamento dell’animo, dal carattere della persona.

[7]Solo un esempio dell’evoluzione che così si determina in questo, che ben può considerarsi come un vero e proprio “genere letterario”: nel rebus

S’ignoran, è palese

(immagine qui a fianco), dove la metamorfosi miracolosa del testo porta a Signora nepalese, Maria Ghezzi riesce a esprimere con una grazia straordinaria e al tempo stesso in modo essenziale – come si addice ai rebus migliori – l’atteggiamento di indifferenza tra una ragazza e un ragazzo. Anzi di più: di indifferenza ostentata.

Il rebus è come un messaggio cifrato che l’autore invia al solutore: un messaggio il cui linguaggio segreto si basa sul duplice significato di alcune parole oppure sulla possibilità di usarne alcune come “materia prima” per costruirne altre composte dalle stesse lettere, nella stessa sequenza. Finché nel messaggio vengono utilizzati soltanto degli oggetti (per esempio una pera contrassegnata con una O, per significare “opera”) il talento del disegnatore abbellisce l’immagine ma non arricchisce il gioco enigmistico; quando invece l’immagine deve rappresentare il carattere di una persona, oppure un suo sentimento, oppure ancora un suo atteggiamento particolare nei riguardi di un’altra, il talento del disegnatore diventa parte essenziale del “gioco”, quando non è addirittura una condizione per la sua stessa esistenza. Di questo talento, e della capacità di porlo al servizio di questo particolarissimo genere letterario, Maria Ghezzi ha dato prova più di chiunque altro.

[8]Un altro esempio, fra i tanti, di questo talento è costituito da un rebus nel quale Maria Ghezzi riesce persino a esprimere il sentimento di commozione di un cane (v. ancora l’immagine qui a destra):
Capire par T ode CI? Sì = Capireparto decisi

Proprio quest’ultimo rebus ci mostra come e quanto nell’opera dedicata da La Brighella al mondo dei rebus sia confluita l’arte di Maria Ghezzi come disegnatrice di altissimo livello: in questa mostra (sulla parete di destra) è esposto un autoritratto con il suo cocker… nel quale riconosciamo subito la ragazza che legge al suo cane l’ode foscoliana, protagonista di quest’ultimo rebus!

Nei primi 40 anni del suo sodalizio artistico col marito produce una media annuale di 500 immagini di rebus. Negli anni ’90, poi, pur non abbandonando il pennino e la china, riprende in mano i pennelli; ne nascono alcune bellissime tele, delle quali qui è stato possibile proporre soltanto un’antologia.

L’abbiamo fatto approfittando, innanzitutto, della collaborazione e disponibilità di Loris Brighenti, che ci ha permesso di disporre delle opere di Maria Ghezzi. Approfittando inoltre dell’ospitalità generosissima del Centro dell’Incisione,  dei suoi animatori Gigi e Gabriella Pedroli, e del lavoro sapiente del loro nipote Alessandro, cui va un caldo ringraziamento. Non solo di noi che siamo riuniti oggi in questo luogo magico di cui loro sono i custodi, ma dell’intera città di Milano, che dell’opera dei coniugi Pedroli giustamente ha riconosciuto l’anno scorso il valore con il conferimento dell’Ambrogino d’Oro.

Mi sia consentito concludere la presentazione di questa mostra dicendo che Milano farebbe molto bene a esprimere nello stesso modo il 7 dicembre prossimo – sia pure soltanto con un premio alla memoria – la propria ammirazione e riconoscenza a quest’altra coppia di suoi grandi cittadini: il Briga e La Brighella.