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MIMMO LUCANO: UNA LEZIONE SU INFORMAZIONE E GIUSTIZIA

Dalla motivazione della sentenza di Locri emerge un’immagine dell’ex sindaco di Riace completamente diversa da quella sulla base della quale tutta la sinistra italiana, dal Manifesto al Pd, ne aveva fatto un eroe, dileggiando i giudici che lo avevano condannato a più di 13 anni – Non si è sentita, però, una sola voce autocritica

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Articolo di Goffredo Buccini pubblicato sul
Corriere della Sera del 19 dicembre 2021 – In argomento v. anche l’acuto commento di Mattia Feltri all’esito delle elezioni comunali di Riace, del 29 maggio 2019: Il rosario e il presepe [1] .

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Goffredo Buccini

Non più «pasticcione ma buono»: piuttosto, astuto predatore. Non più Robin Hood ma sceriffo di Nottingham travestito da ribelle. La sentenza di Locri contro Mimmo Lucano dice di peggio, nelle motivazioni, di quanto avesse detto a settembre nella pur pesante condanna a tredici anni e due mesi. Perché non si limita a spiegare quello che a molti era apparso un verdetto di durezza smisurata: sfigura il mito che in questi anni una certa intellighenzia e tanta sinistra radicale a corto di simboli hanno edificato attorno all’ex sindaco di Riace e alla sua Città del Sole.

Quel mito si reggeva, al di là delle evidenze processuali, su un assunto: l’esibito disinteresse di Lucano per il danaro, col suo conto corrente da 800 euro. L’uomo poteva finanche aver sbagliato, però a fin di bene, incorrendo insomma in «reati di umanità». I giudici, cucendogli addosso l’abito di capo d’una combriccola volta a lucrare sull’accoglienza tramite carte false, spiegano che persino quell’ingenuo pauperismo era fasullo: poiché i complici del boss erano di fatto sue teste di legno, da cui attingere alla bisogna.

Siamo al primo grado: e dunque Lucano avrà modo e tempo di rovesciare l’immagine di spregiudicato narcisista della politica che si trova ora sulle spalle. Persino alcune sue (sconcertanti) intercettazioni potranno trovare una lettura meno indiziante e univoca. Ma ciò che resta senza appello è una certa idea d’accoglienza, da campeggio libero: l’illusione che per gestirla basti spalancare le braccia. I guai di Riace, col loro carico di menzogne e retorica, mostrano come certi abbracci possano nascondere zone d’ombra dove qualsiasi mala gestione è possibile; come all’accoglienza vera servano mente fredda e rendicontazione certa, se non si vuole dar fiato alla peggiore propaganda xenofoba.

Sicché una certa sinistra dovrebbe dedurne quanto sia meglio un bravo ragioniere che un presunto santo. E magari virare sul modello belga di Bart Somers, il sindaco di Mechelen capace di coniugare integrazione e legalità pur ospitando 128 nazionalità e 15 mila islamici su 87 mila residenti. Da liberale, non salutava a pugno chiuso dalla finestra; ma ha messo all’angolo un’estrema destra ipertrofica con una ricetta davvero rivoluzionaria: regole certe, per tutti, senza sconti.