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THE GREAT RESIGNATION, OVVERO: LA PERSONA PROTAGONISTA NEL MERCATO DEL LAVORO

Non è né un paradosso né una provocazione la proposta contenuta nel mio libro uscito due anni fa, di abbandonare il paradigma tradizionale secondo il quale solo l’impresa sarebbe dotata di una possibilità di scelta nei rapporti coi suoi collaboratori potenziali

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Secondo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 559, 7 febbraio 2022 – Tutti gli interventi, interviste e recensioni del libro citato nel testo sono facilmente raggiungibili attraverso la pagina web a esso dedicata [1]

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La Repubblica, 2 febbraio 2022

In un primo tempo avevano detto che il fenomeno della Great Resignation, cioè di un forte aumento delle dimissioni dal posto di lavoro, era una peculiarità d’oltre-Atlantico; poi che no, questo fenomeno si registrava anche in Europa, tuttavia non in Italia; poi che sì, anche nel nostro Paese, però da noi esso era un’altra cosa. Infine, dopo mesi nei quali la tendenza risultava confermata, tutti ora riconoscono [3] che laumento delle dimissioni c’è eccome anche da noi, è di entità consistente soprattutto nel centro-nord, è trasversale sia rispetto ai settori produttivi, sia rispetto a mestieri e professioni. E, quel che più conta, non appare destinato a cessare. Anche in Italia, insomma, aumenta il numero delle persone che lasciano il proprio posto di lavoro per migrare altrove. Che cioè sono in condizione di scegliere fra diverse opportunità occupazionali. Perché ne hanno la concreta, effettiva possibilità, nonostante il livello mediamente mediocre del funzionamento dei nostri servizi per il lavoro. Certo, ci sono ancora coloro che questa possibilità non l’hanno (e che dobbiamo portare ad averla anch’essi); ma non sono più il caso dominante, mentre sempre più persone sono in grado di guardarsi intorno, muoversi, negoziare le condizioni dell’ingaggio e negoziare con l’impresa che più le soddisfa. Questo impone di non guardare più il mercato del lavoro come luogo dove è soltanto l’impresa a scegliere le persone: sono anche queste ultime a scegliere l’impresa. Forse, allora, il rovesciamento del paradigma del mercato del lavoro proposto due anni fa nel libro L’intelligenza del lavoro. Quando sono i lavoratori a scegliersi l’imprenditore [1]  non era una “provocazione”, un “paradosso”, come lo qualificavano coloro in cui prevaleva la riluttanza a cambiare il modo di guardare a questa realtà e all’ordinamento che la regola: era invece il trarre un’ovvia conseguenza dall’osservazione di qualche cosa che già allora era ben percepibile da chi non preferisse non vederla, capace di caratterizzare il mercato del lavoro del nuovo secolo. E che comunque, come sta accadendo, di lì a poco tutti avrebbero incominciato a vedere.