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È UN BEL REBUS! – 24. LA PRESUNZIONE DI INNOCENZA IGNORATA E IL TRASPORTO DI CAVALLI

Lo strano caso della coppia di sosia delle quali una sola viene arrestata come responsabile di un grave incidente stradale… ma un incrocio di sguardi inquietante fra le due lascia intendere che le cose possano non essere andate proprio così

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Ventiquattresima puntata della rubrica che compare ogni due domeniche sulla 
Gazzetta di Parma, 19 febbraio 2022 – Qui il link alla ventitreesima puntata della rubrica [1], dalla quale si può risalire a ciascuna delle precedenti

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La penultima puntata di questa rubrica [2] era dedicata ad alcune parole brevi che ricorrono con grande frequenza nella prima lettura dei rebus, cioè nella frase in cui si descrive ciò che appare immediatamente nell’immagine, come materiale necessario per costruire la soluzione: abbiamo visto come alcune di queste, come “pia/e”, comparissero già in giochi della seconda metà dell’Ottocento.

Tra questi mattoncini testuali ricorrono con grande frequenza anche “reo” o “rea”, che forniscono una sillaba necessaria per costruire numerosissime altre parole. Nell’iconografia rebussistica questo sostantivo viene rappresentato o con l’immagine del prigioniero in carcere, o più spesso con quella della persona ammanettata tra due agenti di polizia. Ci sarebbe motivo di obiettare che chi viene arrestato è sicuramente un “imputato”, ma se sia veramente colpevole o no lo deve ancora decidere un tribunale; tuttavia nel mondo dei rebus la presunzione di innocenza non ha corso e l’ammanettato è considerato senz’altro come “reo”.

Un altro mattoncino testuale che compare con una certa frequenza è la parola “van”, con cui si indica un veicolo semovente, o trainato, utilizzato per il trasporto di cavalli o altri animali.

Vediamo un esempio di entrambe queste ricorrenze nel gioco che segue, disegnato – come tutti gli altri creati appositamente per questa rubrica – da Laura Neri.

Per facilitare il compito al solutore, il diagramma che compare sopra l’immagine indica sia la scansione della prima lettura, sia – dopo il segno di uguale – quella della soluzione. Poiché i grafemi devono comparire in entrambe le frasi nello stesso ordine in cui compaiono nell’immagine da sinistra a destra, il diagramma ci informa con certezza che L, A e V sono rispettivamente la seconda, la terza e la undicesima lettera della soluzione.

Dall’immagine traiamo con tutta evidenza un altro dato: L e A si assomigliano come due gocce d’acqua. Ora, poiché sappiamo anche che  A, non applicandosi qui la presunzione di innocenza, per il solo fatto di essere stata ammanettata può considerarsi “rea”, l’unico modo in cui la somiglianza tra le due ragazze può esprimersi (compatibile con la scansione indicata nel diagramma, ovvero 3  1  1  3) è: “Par L A  rea”. Da cui traiamo le prime due parole della soluzione, rispettivamente di 7 e di 1 lettera: “parlare a…”.

Trovata la prima parte della soluzione, cerchiamo la seconda nel lato destro dell’immagine. Qui è raffigurato il disastro dell’impatto tra un TIR e un veicolo adibito al “TRASPORTO CAVALLI”. Ecco il mattoncino testuale ricorrente di cui si è fatto cenno sopra: “van”, di tre lettere come la quinta parola della prima lettura. Dunque “parlare a van…”. E a questo punto la soluzione salta fuori da sola: par  L  A  rea, van V era (prima del catastrofico incidente) = Parlare a vanvera.

Il solutore, sorpreso dalla metamorfosi testuale, si interroga pensieroso sullo strano caso delle due ragazze identiche che si trovano entrambe sul luogo del grave incidente, ma delle quali una sola, A, viene arrestata dagli agenti della polizia stradale, probabilmente perché ritenuta responsabile del disastro. L’incrocio di sguardi inquietante fra le due lascia intendere, però, che le cose possano non essere andate proprio così, che possa trattarsi di uno scambio di persona; forse la “rea” è in realtà L

Ma qui è meglio che ci fermiamo per non rischiare di… parlare a vanvera.

(www.pietroichino.it – La prossima lezione sarà pubblicata domenica 3 marzo 2023)

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