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UN TRAGHETTO PER CROTONE

Se non il senso morale, almeno i motivi dettati da un egoismo un po’ lungimirante dovrebbero indurci a uscire dall’immobilismo che caratterizza da decenni la nostra politica sul tema migratorio – La strategia della rete di gemellaggi tra Europa, Africa e Medio Oriente che può avviare il problema a soluzione

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Editoriale telegrafico pubblicato il 12 marzo 2023 sui quotidiani
Gazzetta di Parma, l’Adige e Alto Adige – In argomento v. anche il post del 2009 Un traghetto per Lampedusa [1]

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[2]Quando ha detto che “non è da persone responsabili imbarcarsi con i figli piccoli” per le traversate della speranza, il ministro degli Interni Piantedosi – nella migliore delle ipotesi – ha rivelato di non sapere niente degli inferni dell’Africa o del Medio Oriente da cui i profughi cercano di fuggire: luoghi di sofferenze indicibili e di morte, rispetto ai quali è una scelta prudente per sé e per i propri figli persino una traversata di diversi giorni nel gelo della stiva di un barcone, con un alto rischio che il viaggio si concluda con un naufragio.

Lo stesso ministro, però, ha aggiunto una promessa: “veniamo a prendervi noi, con mezzi sicuri”. E noi prendiamo lui in parola. Ma gli segnaliamo che “andare a prenderli” non basta. La sola strategia che possa avviare il problema  a soluzione è dar vita a una fitta rete di gemellaggi, che apra canali di collaborazione permanente, flussi controllati di persone in un senso e nello stesso tempo flussi di risorse in senso inverso, dei quali sia garantito il buon fine. E consenta l’attivazione dei c.d. “agenti di ritorno”. Nei loro Paesi d’origine 200 o 300 euro al mese costituiscono uno stipendio che consente di vivere e che potremmo finanziare assai bene con quello che oggi invece spendiamo per “accogliere” tanti di questi giovani segregandoli, incarcerandoli, sussidiandoli, gestendone in modo indecente pratiche burocratiche disegnate soltanto per tormentarli (si vedano gli accampamenti di immigrati in attesa del loro turno per la pratica del permesso di soggiorno intorno agli uffici delle Questure delle nostre città). Potremmo dunque agevolmente stipendiarli come “funzionari” nostri nei loro Paesi d’origine al servizio della rete di gemellaggi tra scuole, atenei, ospedali, teatri, parchi, parrocchie, servizi sociali, amministrazioni comunali o statali, servizi ecologici, polizie locali e così via.

Questa prospettiva è oggetto del dialogo tra una osservatrice dell’Unione Africana e di un alto funzionario del nostro ministero degli Interni [1] pubblicato 14 anni or sono. Che impressiona anche perché evidenzia come da allora, nonostante i nove Governi succedutisi, sorretti da quasi tutte le maggioranze politiche immaginabili, su questo terreno non sia cambiato niente. Ministro Piantedosi, ci stupisca: non lasci che quel «veniamo a prendervi noi» possa essere letto come una promessa da marinaio. Attivi subito questo progetto, e lo promuova anche su scala europea.

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