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PER UN LEGAME PIÙ STRETTO FRA RETRIBUZIONI E PRODUTTIVITÀ

Un progetto, rivolto al nostro sistema delle relazioni industriali, mirato a rilanciare il decentramento della contrattazione collettiva e a collegare più strettamente la dinamica delle retribuzioni a quella della produttività del lavoro

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Scheda presentata al convegno promosso dalla Fondazione Anna Kuliscioff, svoltosi a Milano il 12 giugno 2025 – In argomento v. anche la mia intervista pubblicata da il Riformista nel maggio scorso, Come si può rilanciare la contrattazione di secondo livello [1]

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Un modo per promuovere
la contrattazione collettiva aziendale
e incentivare l’aumento della produttività
del lavoro e delle retribuzioni

 

  1. Tutti i contratti collettivi nazionali dovrebbero istituire, in relazione alle caratteristiche del rispettivo settore, un premio di produzione determinato secondo una formula elementare, suscettibile di applicarsi in qualsiasi impresa, ma destinata a essere liberamente riscritta dalla contrattazione aziendale secondo le esigenze e caratteristiche specifiche di ciascuna unità produttiva. Il c.c.n.l. stesso dovrebbe, cioè, prevedere esplicitamente che questa clausola si applichi solo in assenza di un contratto aziendale che disciplini diversamente la materia: così le imprese sarebbero incentivate ad attivare la contrattazione aziendale.
  2. Ogni c.c.n.l. potrebbe prevedere, per esempio, un monte-premio da distribuire ai dipendenti dell’azienda in proporzione alla loro paga-base, pari al 20 o al 30 per cento dell’aumento del margine operativo lordo registrato nell’ultimo anno rispetto a quello precedente, sempreché ovviamente un aumento ci sia stato. Il M.O.L. – che nel linguaggio del management è solitamente indicato con la sigla EBITDA – è un dato molto grezzo di cui necessariamente dispone qualsiasi impresa, anche non soggetta a obbligo di bilancio. Esso è inoltre un dato molto facilmente suscettibile di controllo da parte del collettivo dei lavoratori di un’azienda. Ma questo meccanismo deve poter essere sostituito da un meccanismo diverso di determinazione del premio, mediante contratto aziendale stipulato da una coalizione maggioritaria aderente al sistema intercofederale.
  3. Non è sensato obiettare che l’introduzione di questo premio di produzione ad opera del c.c.n.l. costituisca un aggravio indebito del costo del lavoro: le Parti stesse che negoziano il c.c.n.l., infatti, nell’inserirvi questa clausola terranno conto dell’impatto di questo elemento di costo nel determinare la parte fissa della retribuzione, i c.d. “minimi tabellari”. Sarà comunque l’accordo tra le parti nazionali a decidere quanta parte del monte-salari complessivo spostare dallo zoccolo fisso alla parte variabile.

Questa operazione è comunque indispensabile se vogliamo

– avvicinare la fonte di determinazione dei livelli retributivi al luogo dove la ricchezza viene prodotta;

– favorire una modulazione degli standard minimi salariali in relazione alle differenze regionali, zonali e aziendali di produttività e di potere d’acquisto della moneta;

– incentivare l’aumento della produttività del lavoro – che in Italia ristagna ormai da almeno tre decenni – e con esso l’aumento delle retribuzioni;

– incentivare in modo molto concreto la partecipazione dei lavoratori alla gestione e/o al controllo dell’andamento dell’azienda.

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