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LE NORME DELLA FINANZIARIA 2010 IN MATERIA DI LAVORO: “STRATIFICAZIONE VIRTUOSA” O SCEMPIO DELLA BUONA TECNICA NORMATIVA?

A POCO PIU DI UN MESE DI DISTANZA DALL’EMANAZIONE DEL DECALOGUE FOR SMART REGULATION [1] COMUNITARIO, LA LEGGE DI BILANCIO APPROVATA DEFINITIVAMENTE DAL SENATO SI PRESENTA COME UN MODELLO DI CAOS LEGISLATIVO E DI PESSIMA TECNICA NORMATIVA

Quelli che seguono sono rispettivamente il mio intervento tratto dal resoconto stenografico della discussione della legge Finanziaria e del Bilancio 2010 al Senato nella sessione pomeridiana del 22 dicembre 2009 e quello tratto dal resoconto sommario della discussione sullo stesso tema nella Commissione Lavoro in sede consultiva, del giorno precedente

INTERVENTO IN AULA – 22 DICEMBRE 2009

ICHINO [2] (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signor Presidente, vorrei solo informare, o ricordare, all’Assemblea che il 12 novembre scorso il Gruppo di alto livello istituito dall’Unione europea per la riduzione degli oneri amministrativi ha emanato un documento, il Decalogue for Smart Regulation [1] (Decalogo per la buona legislazione) che invita i legislatori nazionali ad attenersi ad alcuni principi cardine di chiarezza, semplicità, concisione, sobrietà, comprensibilità e proporzionalità del numero e del volume delle norme rispetto alla materia trattata.
Ora, il testo legislativo che stiamo discutendo si colloca esattamente agli antipodi rispetto a quanto ci raccomanda il Decalogue europeo, per ciascuno degli aspetti che il documento richiama: chiarezza, semplicità, concisione, sobrietà, comprensibilità, proporzionalità. L’emendamento che stiamo per votare, in particolare, segna un vertice inautido di incongruenza e inopportunità dell’intervento legislativo. Esso riguarda un capitolo del diritto del lavoro sul quale solo tre settimane fa questo Senato ha votato e trasmesso alla Camera, con il collegato alla finanziaria n. 1167, una norma che regola in modo complessivamente tendenzialmente simile, ma significativamente diverso per alcuni aspetti, la stessa identica materia, cioè lo staff leasing (la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato). Noi dunque faremo entrare in vigore entro il 3l dicembre di quest’anno una norma -quella contenuta in questa finanziaria – ma poi, se il disegno di legge n. 1167 entrerà in vigore a ruota entro gennaio (come la maggioranza preannuncia), la norma emanata oggi verrà abrogata implicitamente e sostituita da una norma che regolerà la stessa materia in modo diverso. I giuslavoristi verseranno fiumi di inchiostro sugli effetti di questo susseguirsi incalzante di norme; sarà una vera e propria greppia per il business della consulenza e dell’editoria in materia di diritto del lavoro; ma saranno tutti costi di transazione che si aggiungeranno per le imprese e i lavoratori.

Quando, proprio su questo punto, nel corso della discussione sul collegato alla finanziaria n. 1167, ne abbiamo contestato il disordine caotico, l’eterogeneità assurda dei contenuti, l’assenza di un disegno legislativo organico, il collega Castro ci ha risposto che quella andava considerata come “stratificazione virtuosa”. Collega Castro, sei ancora di questa idea? Ritieni davvero che questo assurdo balletto di norme che camminano in parallelo, sulla stessa materia, rimbalzando tra Camera e Senato, possa considerarsi come “stratificazione virtuosa”? Ritieni davvero che legiferare a dicembre per sostituire la norma a gennaio sia cosa utile al Paese?

Se c’è un unico e modestissimo vantaggio nel fatto che il Governo pretenda di far tutto da solo, imponendo alla maggioranza le proprie proposte di legge come inemendabili in Parlamento, questo dovrebbe consistere nel fatto che le leggi siano ben disegnate almeno sotto il profilo della tecnica normativa: semplici, coerenti, magari sbagliate, ma scritte come si deve e rispettose dei principi di organicità, chiarezza e comprensibilità.

Qui, invece, se il Presidente mi consente di usare un’espressione poco aulica, ci ritroviamo  «cornuti e mazziati», perché siamo espropriati della possibilità di emendare, ma ne siamo espropriati in funzione di leggi mal fatte, illeggibili, incomprensibili e che con la loro caotica disorganicità gettano sostanzialmente sabbia negli ingranaggi della società civile e del tessuto produttivo. Questo e solo questo è il risultato di una legislazione così disordinata e disorganica. (Applausi dal Gruppo PD).

 

INTERVENTO NELLA DISCUSSIONE DELLA LEGGE FINANZIARIA DELLA COMMISSIONE LAVORO DEL SENATO IN SEDE CONSULTIVA – 21 DICEMBRE 2009

Il senatore ICHINO [2] (PD) ricorda che il 12 novembre scorso è stato approvato a Stoccolma il Decalogue for Smart Regulation, che propone dieci specifiche indicazioni alle quali i legislatori nazionali dovrebbero attenersi per conformare le rispettive leggi ai fondamentali principi di chiarezza, concisione, comprensività, proporzionalità rispetto alla materia cui si riferiscono, sussidiarietà. L’atto, a firma dello High Level Group of Indipendent Stakeholders on Administrative Burdens, impone dunque al Parlamento, e al Governo in sede di iniziativa legislativa, quanto meno una riflessione sui testi legislativi che vengono posti al loro esame. Da questo punto di vista egli giudica – quanto meno per la parte relativa al diritto e alle politiche del lavoro – aberrante il testo del disegno di legge finanziaria per il 2010. Come esempio di pessima tecnica legislativa cita il comma 150 del disegno di legge, che contiene rinvii innominati risultando così del tutto incomprensibile. Un ulteriore esempio di incongruenza legislativa è costituito dalle disposizioni in tema di staff leasing, istituto previsto dalla Legge Biagi del 2003, abrogato nel dicembre 2007 con un intervento legislativo per questo aspetto divergente rispetto all’accordo tripartito del 23 luglio precedente, ora reintegrato con il disegno di legge collegato alla Finanziaria n. 1167, trasmesso dal Senato alla Camera meno di un mese fa, poi di nuovo – ma con una norma di contenuto parzialmente diverso – con la stessa legge Finanziaria, senza che si comprenda neppure la logica politica – per non parlare di quella giuridica – di questo sovrapporsi disordinato di disposizioni legislative sulla stessa materia.

Passando quindi alla tematica del lavoro accessorio e dei buoni-lavoro – questa pure oggetto di nuove disposizioni nella legge Finanziaria -, dopo aver ricordato che il ministro Sacconi all’inizio della legislatura prese dinanzi alla Commissione l’impegno a praticare il metodo della misurazione degli effetti delle disposizioni legislative via via adottate, in modo da correggerne tempestivamente eventuali insufficienze o errori, sottolinea che al riguardo si fronteggiano due tesi: l’una, che lo considera a priori come uno strumento utile per l’allargamento della base produttiva regolare e facilita l’ingresso nel mercato del lavoro; l’altra che attribuisce invece al lavoro accessorio effetti di mera sostituzione del lavoro regolare. Sia la prima sia la seconda concezione sono a suo giudizio frutto di approcci manichei, proprio in quanto prescindono dai dati sperimentali. Ricorda peraltro che in alcuni casi, come in agricoltura, risulta che il lavoro accessorio abbia avuto un effetto sostituivo rispetto al lavoro regolare. Chiede di quali altri dati disponga il ministro Sacconi e quale sia non la sua opzione ideologica, a priori, ma la sua opinione sui dati effettivamente disponibili.

Segnala comunque che misure come quelle adottate nella manovra di bilancio in esame, assunte in modo disordinato e senza supporti conoscitivi sufficienti, in carenza di un disegno di ordine generale, finiscono con il confermare una linea di destrutturazione del diritto del lavoro. Esse hanno l’effetto di rafforzare il dualismo del mercato del lavoro, nel quale per le nuove generazioni sono disponibili soltanto occasioni di falso lavoro autonomo con partita IVA, lavoro accessorio, e solo nei casi migliori lavoro a termine, o a progetto: sostanzialmente si è di fronte ad una sorta di regime di apartheid che penalizza sistematicamente la nuova generazione.

A una riflessione organica su questo tema si è ispirato il disegno di legge n. 1873 (Codice dei rapporti di lavoro. Modifiche agli articoli 2087 – 2134 del Codice civile), di cui è egli è primo firmatario con altri cinquanta senatori di opposizione e di cui auspica il tempestivo inserimento all’ordine del giorno. Al di là dei contenuti, disordinati e insufficienti, della manovra economico-finanziaria, egli sollecita altresì lo svolgimento di una sessione ad hoc dei lavori della Commissione dedicata al futuro del diritto del lavoro e all’esigenza che esso, invertendo la tendenza in atto univocamente assecondata dal Governo, assuma un autentico carattere di universalità.