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APPUNTI SULL’ETICA DEL SUCCESSO

RAGIONE POLITICA, RAGIONE INTELLETTUALE O SCIENTIFICA, RAGIONE ETICA, NELLA TENSIONE AL BENE COMUNE: RIFLESSIONI RILEGGENDO BONHOEFFER

Un capitolo di Resistenza e Resa di Dietrich Bonhoeffer è dedicato a questo tema, cruciale sia per chi si impegna nel lavoro politico in un sistema democratico, sia per chi si trova, come lo stesso D.B. si è trovato, a lottare contro una feroce dittatura. In democrazia la buona politica richiede il consenso a breve termine (il “successo”), indipendentemente dal valore intrinseco delle scelte compiute; quando invece si tratta di resistenza a un regime dittatoriale, conta principalmente di quanto si accelera la fine della tirannia. Dove il “vero”, il “buono” e ciò che è storicamente efficace divergono, qual è la scelta giusta? La tabella che segue si propone di schematizzare il dramma di cui parla il grande teologo protestante, che per aver tradotto in comportamenti politici le proprie convinzioni religiose ha sofferto il carcere e poi l’impiccagione, nell’inferno di Flossemburg, nel 1943. Con riflessi evidenti sul tema della intrinseca laicità delle scelte politiche del credente – Pasqua 2010

 

ragion politica
nella tensione al bene comune

ragione intellettuale
nella tensione al bene comune

ragione etica
nella tensione al bene comune

 

la questione
fondamentale

 

 

In democrazia, il buon politico deve saper raccogliere il consenso sulle proprie idee e proposte per il bene comune in un tempo relativamente breve

 

 

Si devono sostenere le idee e proposte giuste maturate attraverso i propri studi, per preparare il terreno a un consenso che comunque arriverà, anche se tardi

 

 

Si devono sostenere e praticare le idee e proposte giuste, indipendentemente dalla loro capacità di raccogliere consenso, anche a lungo termine

 

 un esempio:
che fare con gli immigrati clandestini?

 

 Chi vuol vincere le elezioni oggi in Europa deve adottare una politica di massimo rigore contro di loro

 

Occorre accogliere chi ha diritto di asilo e anche tutti quelli che possono esserci utili:il tempo mostrerà che questa è la scelta giusta

 Occorre accoglierli e assisterli fraternamente, anche se questa scelta è e resterà irrimediabilmente minoritaria

 

 

la questione vista in prospettiva dinamica:
1. l’effimero non basta

 

 

La buona politica deve saper costruire un consenso che duri nel tempo

 

 

L’intellettuale è necessario alla politica, perché riesce a vedere più lontano

 

 

L’impegno etico è necessario al politico se e in quanto l’opzione moralmente giusta è probabilmente destinata a prevalere

 

segue:
2. ma anche l’effimero, in politica, è necessario

Quindi la buona politica deve saper mettere insieme gli uomini dell’oggi e quelli del domani

 L’intellettuale deve conciliare la sua predicazione del domani con la pratica dell’oggi del suo partito

 

 La persona “giusta” può trovarsi a dover accettare divergenze tra l’etica individuale e la responsabilità politica

 

 

DISPREZZO DEL MONDO E RINUNCIA A CAMBIARLO
(dalla scheda manoscritta del 1942, che Dietrich Bonhoeffer aveva ancora con sé nella prigione di Tegel nel 1943)
Il disprezzo del mondo si trasforma in soggezione al mondo; per disprezzo del mondo si rinuncia a cambiarlo e con ciò si finisce per sostenerlo.

 

IL DRAMMA DELL’UOMO LIBERO TRA DOVERE MORALE E RESPONSABILITA’ POLITICA
(da Resistenza e resa, di Dietrich Bonhoeffer, Bompiani, 1969, pp. 57-61; in grassetto corsivo sono evidenziati i passaggi-chiave del discorso; inoltre, nelle coppie di concetti opposti che in esso vengono via via proposte, è evidenziato col colore blu il concetto o comportamento che D.B. presenta come negativo e col colore verde quello presentato come positivo)
[…] L’uomo “di coscienza” si batte da solo contro il prepotere delle situazioni costrittive che esigono una decisione. Ma la dimensione dei conflitti all’interno dei quali egli deve operare la sua scelta – consigliato e sorretto nient’altro che dalla sua coscienza – lo schiaccia. Gli innumerevoli, rispettabili e illusori travestimenti, sotto i quali il Male lo avvicina, rendono ansiosa e incerta la sua coscienza, finché egli si accontenta di avere una coscienza salva invece che una buona coscienza […]
Ma attenendosi strettamente al dovere, non si giunge mai al rischio di agire sotto la propria responsabilità, che è la sola maniera per colpire in pieno il male e per superarlo. […]
Chi si dispone […] ad affrontare situazioni in base alla propria intima “libertà”, chi stima maggiormente l’azione necessaria che l’immacolatezza della propria coscienza e del proprio buon nome, chi è disposto a sacrificare lo sterile principio al compromesso fruttuoso, la sterile saggezza della moderazione al radicalismo fruttuoso, badi che la sua libertà non lo porti alla rovina. Egli accetterà il male per allontanare il peggio e non sarà più in grado di riconoscere che proprio il peggio, che egli vuole evitare, potrebbe essere il meglio. […]
Con la fuga da un confronto pubblico, qualcuno riesce a ripararsi nel rifugio privato dell’essere “virtuoso”. Ma deve chiudere gli occhi e la bocca di fronte all’ingiustizia che lo circonda. Può evitare di sporcarsi con un’azione responsabile soltanto a costo d’ingannare se stesso. In tutto ciò che egli fa, lo accompagna il tormento per ciò che egli non fa. Finirà per essere sopraffatto da tale tormento oppure diventerà il più bieco fariseo.
Chi resiste? Soltanto colui che non ha come ultima istanza la propria ragione, il proprio principio, la propria coscienza, la propria libertà, la propria virtù, ma è disposto a sacrificare tutto questo quando viene chiamato a un’azione responsabile e obbediente, nella fede e in un vincolo esclusivo con Dio; il responsabile, la cui vita non vuole essere che una risposta all’interrogativo e alla chiamata divini. Dove sono questi responsabili? […]
Non è affatto vero che il successo giustifichi anche l’azione cattiva e i mezzi condannabili; ma è altrettanto impossibile considerare il successo come qualcosa di completamente neutrale dal punto di vista etico. In effetti avviene che il successo nella storia crea il solo terreno sul quale è possibile continuare a vivere; e rimane assai dubbio se sia eticamente responsabile scendere in campo contro un’epoca nuova come un Don Chisciotte, anziché – riconoscendo la propria sconfitta e accettandola infine liberamente – porsi al servizio di un’epoca nuova. Dopotutto, è il successo che fa la storia […] Chi semplicemente ignora il significato etico del successo dimostra di essere un fazioso fuori della storia e quindi irresponsabile; è buona cosa che noi si sia finalmente costretti a fare i conti sul serio con il problema etico del successo. Finché il successo è dalla parte del bene, possiamo concederci il lusso di considerare il successo eticamente irrilevante; ma non appena sistemi condannabili conducono al successo, sorge il problema. Di fronte a una simile situazione, ci accorgiamo che non ne veniamo a capo né con l’atteggiamento di chi osserva e critica sul terreno teorico e vuol avere sempre ragione, ossia rifiuta di porsi sul terreno delle cose, né con l’opportunismo, cioè con la rinuncia a se stessi e la capitolazione di fronte al successo. Non vogliamo né dobbiamo essere critici offesi o opportunisti, ma corresponsabili nella formazione della storia – caso per caso e a ogni istante, come vincitori o come sconfitti. […] Parlare di fine eroica dinanzi a una sconfitta inevitabile è in fondo un atteggiamento assai non-eroico, poiché significa proprio non osar gettare lo sguardo nel futuro. L’estremo interrogativo da uomo responsabile non è: come ne vengo fuori con eroismo, bensì: come deve continuare a vivere una generazione futura. Soltanto da questo interrogativo responsabile di fronte alla storia possono nascere soluzioni fruttuose, anche se, provvisoriamente, molto demoralizzanti.
Insomma, è molto più difficile tener duro in linea di principio che in una concreta responsabilità. La giovane generazione giudicherà sempre con istinto sicuro, se si agisce in base ai principi o in base a una responsabilità viva: infatti è in gioco il suo futuro.

 

… SEMPRE, PERO’, CON L’AVVERTENZA CHE CI VIENE DAL QOHELET (8, 11-17)
(nella traduzione di Guido Ceronetti, Adelphi, 2001)
[…] Manca un pronto castigo / del male che si fa. / Questo nei figli dell’uomo / gonfia il cuore di male. / Cento volte fa il male un peccatore / e a lui la vita si allunga. / Un soffio di sciagura / agisce sulla terra. / Giusti aver paga di colpevoli, / colpevoli premio di giusti. / Fumo anche questo io dico.
[…] Ma a tutto quel che accade sotto il sole / un senso l’uomo non riesce a dare. / Gli uomini si affannano a cercare / senza poter trovare / e il sapiente che dice io so / resta senza trovare.