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CINQUE DOMANDE A SACCONI SULLA PARTECIPAZIONE

AL MINISTRO, CHE RIBADISCE IL PROPRIO RIFIUTO DI QUALSIASI INTERVENTO LEGISLATIVO PER PROMUOVERE LA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI NELLE IMPRESE, MUOVO ALCUNE DOMANDE E OBIEZIONI PRECISE

Quella che segue è la lettera del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi pubblicata sul quotidiano il Foglio del 2 settembre 2010 – Seguono in proposito alcune questioni che pongo al ministro fin d’ora, in attesa di poterlo fare in forma di interrogazione parlamentare

LA LETTERA DI SACCONI
     Con riferimento all’articolo pubblicato martedì 31 agosto – Lo psicoromanzo Fiat – in cui mi si attribuisce la volontà di procedere in via legislativa sulla materia strategica della partecipazione dei lavoratori, confermo quanto sempre sostenuto a partire dal Libro Bianco dell’ottobre 2001: la condivisione tra le parti sociali è e resta la via maestra per interventi, anche di tipo normativo, in questa area delle relazioni industriali.
     A questo proposito segnalo che il mio mnistero ha realizzato un prezioso Codice della Partecipazione dei lavoratori contenente una raccolta ragionata della normativa vigente e una rassegna di alcune buone prassi, con l’obiettivo di fornire alle parti  sociali utili strumenti per un rilancio in ottica cooperativa del metodo delle relazioni industriali. Le stesse parti sociali in un importante e significativo Avviso comune dello scorso dicembre hanno richiesto al Parlamento di sospendere l’esame dei disegni di legge in materia di partecipazione in modo da consentire l’autonomo dialogo tra le parti, il monitoraggio e la promozione di buone esperienze, la verifica condivisa della necessità di eventuali innovazioni legislative. Per questa ragione il Governo non ha espresso alcuna condivisione di testi normativi in materia, incluso quello proposto dal senatore Ichino [1].
Maurizio Sacconi

INTERROGATIVI CHE RESTANO APERTI
   Nell’autunno scorso è stato il ministro a sollecitare dalle parti sociali l’Avviso comune – poi effettivamente sottoscritto da Confindustria, Cisl e Uil – al fine di bloccare la discussione in Commissione Lavoro al Senato del testo unificato dei disegni di legge sulla materia [1], sul quale si era svolta con esito positivo una approfondita consultazione delle stesse parti sociali e si era raggiunto un amplissimo consenso tra maggioranza e opposizione. Dunque è stato il ministro a volere questa sospensione; e la ha ottenuta. Quando denunciai questa operazione come un vero e proprio “insabbiamento”, mi replicò che si trattava soltanto di una sospensione, di una pausa di riflessione della durata di un anno. Ora, però, nella sua lettera al Foglio il ministro sembra dimenticare che quel termine sta per scadere. Ecco dunque la prima domanda:
   1. – è vero o no che quell’
Avviso comune chiedeva soltanto una sospensione di un anno dell’iter parlamentare del testo unificato? Alla scadenza il ministro intende consentire che l’iter del disegno di legge riprenda, o solleciterà le parti sociali a chiedere un ulteriore rinvio? E quale posizione assumerà il Governo sul testo unificato, se e quando il suo esame in Commissione riprenderà?
   Quel disegno di legge non impone alcuna forma di partecipazione in azienda, ma si limita a indicarne nove possibili e a promuovere il confronto – e anche, perché no la competizione – tra modelli diversi, prevedendo comunque in ogni caso la necessità dell’accordo tra le parti in azienda (mediante il contratto collettivo istitutivo). Seconda domanda:
   2. – se le cose stanno così, perché il ministro considera un intervento legislativo di questo genere come una lesione del principio di autonomia collettiva in questa materia?
   La partecipazione dei lavoratori nell’impresa, nelle sue versioni più avanzate, comporta sempre, in qualche misura, un aumento della parte della retribuzione variabile in relazione a produttività o redditività dell’azienda, rispetto alla parte fissa; questo mutamento della struttura della retribuzione comporta sovente – se si vuol fare sul serio – una deroga rispetto alla struttura della retribuzione prevista nel contratto collettivo nazionale. Terza domanda:
   3. – non ritiene il ministro che il potenziamento della contrattazione aziendale in materia di partecipazione richieda una disciplina chiara, che oggi fa difetto nel nostro ordinamento, dei rapporti tra contratti collettivi di diversi livelli? E non ritiene il ministro che, fino a che tale disciplina non sia posta da un accordo interconfederale sottoscritto da tutte le associazioni sindacali e imprenditoriali maggiori, debba essere la legge a porla, sia pure soltanto in via sussidiaria e provvisoria?
   Il testo unificato all’esame della Commissione Lavoro, non per caso, all’articolo 5 contiene anche una disposizione che regola in modo preciso le condizioni e i requisiti di validità delle deroghe al contratto collettivo nazionale negoziate in sede aziendale in funzione di piani industriali innovativi: proprio quella disposizione la cui mancanza si è fatta pesantemente sentire nella vicenda della Fiat di Pomigliano. Quarta domanda:
   4. – il ministro è favorevole o contrario a questa soluzione, che sembra avere raccolto il consenso di tutti i membri della Commissione? Se è contrario, quale soluzione diversa propone per questo problema cruciale, in attesa che il sistema delle relazioni industriali riesca a darsi le regole necessarie?
   Quel testo unificato dispone infine una disciplina tributaria indispensabile per favorire la sperimentazione di forme di partecipazione azionaria dei lavoratori in azienda. Ultima domanda:
   5. – il ministro è forse contrario a questa agevolazione fiscale? Se non è contrario, come pensa che essa possa essere disposta, se non mediante un atto legislativo?
    (p.i.)