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RIFORMA FORENSE: IL PROGETTO IN UN VICOLO CIECO

LA RIFORMA DISEGNATA E FORTEMENTE VOLUTA DAL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, CHE LA MAGGIORANZA STA APPROVANDO IN SENATO A TESTA BASSA, SENZA DARE RISPOSTE ALLE CRITICHE DELL’OPPOSIZIONE, NON CONTIENE SOLTANTO SCELTE DISCUTIBILI (COME QUELLE SULLE TARIFFE MINIME INDEROGABILI E SULLA RISERVA DELL’ATTIVITA’ DI CONSULENZA STRAGIUDIZIALE), MA ANCHE DISPOSIZIONI ABNORMI, CHE RISCHIANO DI PREGIUDICARE L’ITER PARLAMENTARE DEL DISEGNO DI LEGGE

Editoriale per la Newsletter n. 126, dell’8 novembre 2010 – V. sullo stesso tema anche l’editoriale per la Newsletter n. 124 del 25 ottobre 2010: Libera professione in libertà vigilata [1]; e l’ultima selezione degli interventi nel dibattito in Aula al Senato [2] (ivi i link alle selezioni delle sedute precedenti)


  
Finché si è trattato di reintrodurre per gli avvocati le tariffe minime inderogabili, il divieto di pubblicità, la riserva assoluta della consulenza stragiudiziale in materie giuridiche, i mille pesi caricati soltanto sulle spalle dei praticanti e dei professionisti più giovani, queste erano scelte molto discutibili, osteggiate dall’Antitrust e da tutte le associazioni imprenditoriali e dei consumatori (v. l’editoriale precedente sul punto) ma pur sempre scelte rientranti nella discrezionalità del legislatore ordinario. Giovedì scorso, invece, con l’approvazione dell’articolo 24, nel disegno di legge sono state introdotte due norme che non esito a definire inammissibili.

   1. Il primo comma dell’articolo 24 stabilisce che “l’Ordine circondariale ha in via esclusiva la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura”. Nel dibattito su questa disposizione ho cercato di attirare l’attenzione del Relatore, degli altri senatori della maggioranza e del Governo sul fatto che solo nell’ordinamento corporativo la rappresentanza esclusiva di una categoria professionale poteva essere affidata a un unico organismo, costituito in ente pubblico; ma l’ordinamento corporativo è stato abrogato nel 1944. Nel nostro ordinamento costituzionale  l’Ordine può svolgere soltanto una funzione di tutela dell’interesse dell’amministrazione della giustizia e degli utenti all’esercizio corretto della professione da parte degli avvocati: funzione, questa, totalmente diversa dalla “rappresentanza in via esclusiva” degli avvocati stessi. Al mio rilievo critico né il Relatore, né alcun altro senatore della maggioranza, né tanto meno il Governo, hanno ritenuto di opporre neppure una parola: hanno preferito approvare la norma in un silenzio imbarazzato, piuttosto che avventurarsi in una sua difesa evidentemente impossibile.

   2. L’altra norma inammissibile è quella che è stata introdotta nell’articolo 24 come comma 2-bis con un emendamento aggiuntivo del Relatore. Per comprenderne appieno il significato bisogna sapere che il Consiglio Nazionale Forense ha occupato finora alcuni locali dislocati nel palazzo della Corte di Cassazione, dai quali è stato recentemente sfrattato con sentenza passata in giudicato. Ora il comma 2-bis interviene ad annullare questa sentenza, stabilendo testualmente che “Al fine di assicurare il funzionamento in relazione alle effettive esigenze gestionali ed organizzative del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, capitale della Repubblica, sono ad esso destinati i medesimi locali e spazi utilizzati dallo stesso consiglio alla data di entrata in vigore della presente legge nell’edificio della Suprema Corte di Cassazione”. Sono intervenuto nel dibattito su questo punto per far presente che nel nostro ordinamento costituzionale una norma di legge non può assumere il contenuto proprio di un provvedimento giudiziario, risolvendo una singola controversia: essa deve invece avere carattere generale e astratto. Coll’emanare un provvedimento che sostanzialmente annulla una sentenza, il Parlamento si sostituisce all’Autorità giudiziaria, compiendo un atto totalmente abnorme per difetto di attribuzione (colpisce che, pur sedendo in senato 44 avvocati – il 14 per cento dei senatori! – e 8 magistrati, nessun altro abbia rilevato questa grave stortura). Anche su questo punto né il Relatore, né alcun senatore della maggioranza, né tanto meno il Governo hanno ritenuto opportuno replicare.
   Ho poi osservato come sia addirittura ridicolo che una norma legislativa si spinga a stabilire esattamente quali locali e spazi debbano essere destinati al Consiglio dell’Ordine degli avvocati (“i medesimi locali e spazi utilizzati dallo stesso consiglio alla data di entrata in vigore della presente legge”), proprio mentre si predica la necessità di una legislazione meno intrusiva e ipertrofica. Qui il senatore Benedetti Valentini (PdL) mi ha replicato che si tratta “soltanto” di una legge ordinaria, facilmente modificabile il giorno in cui sarà davvero necessario destinare diversamente quei “locali e spazi”. Il ministro per la semplificazione legislativa prenda nota.
   Se c’era bisogno di una prova del fatto che questo disegno di legge è interamente scritto dal Consiglio Nazionale Forense a proprio esclusivo uso e consumo, la prova è data da questo comma.

   Quel che è certo è che l’articolo 24 contenente queste due disposizioni renderà molto problematico l’iter ulteriore del disegno di legge: se esse non verranno corrette alla Camera, con conseguente ritorno del provvedimento al Senato per una terza lettura, il Presidente della Repubblica ben potrebbe rinviare al Parlamento una legge contenente due norme di questo genere. Ma ancor più problematico sarà per il Popolo della Libertà – se continuerà a blindare contro qualsiasi possibile correzione questo disegno di legge di marca esplicitamente corporativa – continuare a presentarsi come forza promotrice della liberalizzazione del nostro Paese.