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“LA MOBILITÀ DEL PERSONALE MILITARE NON È AMMISSIBILE PERCHÉ QUI NON C’È IL SINDACATO”

UN ESPONENTE DELL’ORGANISMO DI RAPPRESENTANZA DEGLI AVIERI SVOLGE OSSERVAZIONI CRITICHE SULLA PROPOSTA DI SC PER LA RIDUZIONE DEGLI ORGANICI – MA TANTE ESPERIENZE  ITALIANE E STRANIERE MOSTRANO COME I MILITARI, DEBITAMENTE INDENNIZZATI E ASSISTITI, BEN POSSANO REINSERIRSI NEL TESSUTO PRODUTTIVO

Lettera del Tenente Colonnello Guido Bottacchiari, Vice-Presidente del Co.Ce.R. Areonautica Militare, 13 novembre 2013, in riferimento alla proposta di Scelta Civica [1] pubblicata il 10 novembre, all’articolo di Giuliano Cazzola [2], responsabile nazionale di SC per il Welfare, dell’11 novembre e al mio dialogo con un sindacalista dei poliziotti [3] su Radio Radicale, del giorno successivo – Segue una mia breve risposta, in relazione alla quale il mio interlocutore è intervenuto di nuovo con un cospicuo messaggio: lo si può leggere qui di seguito, intercalato con le mie risposte (evidenziate dal paragrafo rientrato, il carattere corsivo e il colore azzurro).

IL PRIMO INTERVENTO

Sono giorni che personaggi eminenti del panorama politico , economico e cattedratico si esercitano al tiro allo “scivolo d’ oro”, strumento di prepensionamento pensato dal Governo attuale per gestire le previste eccedenze di militari nel periodo transitorio di attuazione del processo di Riforma dello Strumento Militare derivante dalla L. 244/2012 , legge di iniziativa governativa nata durante il governo tecnico presieduto dal Prof. Mario Monti .
Gli ultimi in ordine di tempo sono stati il giuslavorista Sen. Prof. Pietro Ichino ed il Dott.Giuliano Cazzola già sindacalista ed onorevole , entrambi aderenti al movimento Scelta Civica , forse dimentichi di chi ha proposto la legge.

Comunque son felice. Auspicavo da tempo un risveglio delle coscienze civiche , al fine di portare il dibattito sulle questioni riguardanti il nostro mondo fuori dagli “angusti” spazi autoreferenziali delle Caserme.

Credo però che tale interesse non si dovrebbe limitare ad un fatto seppur importante come quello enunciato, derivante da un processo epocale di riforma, ma che debba invece rivolgersi all’ esame ed una approfondita analisi del “pianeta militare” specie dopo che il nostro modello di Forze Armate è divenuto “professionale”.

Dovremmo ad esempio parlare dell’annosa questione dei ” diritti negati” ai militari , questi sì imprescindibili per un ammodernamento in senso veramente democratico delle Forze Armate.

Ai militari italiani, infatti, al contrario di quanto avviene in molte parti d’ Europa , è per legge imposto il divieto di costituire o iscriversi ad associazioni professionali di natura sindacale e che per di più è vietata loro la libera costituzione di associazioni fra militari in barba ai più elementari diritti Costituzionali (Artt. 2,18,39 e 52) e della CEDU( artt. 11 e 14).
Tale impedimenti hanno portato nel tempo alcuni di noi a ricorrere dapprima al T.A.R del Lazio , poi alla Suprema Corte Costituzionale ,che con una sentenza in chiaroscuro ( n. 449/1999) , ha dichiarato non fondata la questione di incostituzionalità e recentemente ad un ricorso in sede di Corte Europea Dei Diritti Dell’ Uomo a Strasburgo di cui si attende la sentenza a breve.

Dovremmo poi interrogarci sulla necessità, opportunità ed economicità della permanenza di una giurisdizione speciale per i militari, di una riorganizzazione sistematica dei codici penali militari in tempo di pace e di guerra e sulla loro attualità rispetto agli interventi extraterritoriali delle nostre FF.AA. su mandato di varie organizzazioni sovranazionali (caso Marò), della attualità di esecuzione di ordini legittimi e illegittimi e sulla opportunità che il militare continui ad eseguire quest’ ultimi nel caso non risultino manifestamente reato, sulla opportunità che la Difesa del Paese sia definita nei suoi tratti essenziali attraverso linee chiare e sopratutto sottoposte all’approvazione Parlamentare, sull’ applicazione vera del principio di trasparenza dell’ azione amministrativa anche in un difficile ambito come quello militare, sicuramente di organici di militari e di bilanciamenti tra gradi, ma anche di spese militari per armamento utili e meno utili e in linea con il dettato costituzionale di difesa dello Stato e forse di molto altro ancora .

Invece stiamo sulla notizia , anzi “stanno, le prime trombe” unicamente sulla notizia “scandalistica” dello scivolo quasi come per un riflesso pavloviano all’ agitarsi delle bacchette dei tanti direttori d’ orchestra ( chi sono ? ognuno è libero di pensare a chi crede).

Tutti a parlare di sbilanciamento dei costi del bilancio della Difesa sul fronte delle spese per il personale senza conoscere(?) neanche i dati reali .

Invece i dati di bilancio agli atti del Parlamento (riferiti allo Stato di Previsione Difesa E.F. 2013) delineano un sostanziale equilibrio tra i vari settori di spesa, tenendo conto degli oltre 2,3 miliardi di euro allocati per i programmi di armamento presso il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico.

Infatti, se si sommano tutte le risorse per il 2013 assegnate alla Funzione Difesa, si raggiunge la cifra di 16,9 miliardi di euro (14,6 miliardi Funzione Difesa Bilancio Difesa – Tabella 11» ai quali devono aggiungersi i «i 2,3 miliardi di fondi per i programmi di armamento presso il MISE).
Fatti i debiti calcoli la ripartizione delle spese nelle varie voci del dicastero è pari al 57% Personale, 8% Funzionamento, 35% Investimento, molto vicina per talune voci al “mantra” 50/25/25, e dove la sola voce Funzionamento pare compressa, certamente non a vantaggio del Personale.

Purtroppo della vera questione, non quella del falso sbilanciamento tra le voci a favore del personale, ma quella di una riforma farlocca che non produce risparmi per il contribuente e che viceversa determina unicamente lo spostamento di ingentissime risorse ( oltre 1,2 Mld di euro) dal personale attraverso una diminuizione di 40.000 posti di lavoro agli investimenti nel settore dell’ industria bellica, che già gode di oltre 6 Mld di euro di stanziamento complessivo senza contare gli ulteriori stanziamenti previsti nella Legge di Stabilità in itinere, nessuno parla .
Così come nessuno parla del fatto che gli esuberi di personale (uomini e donne per chi pensasse che trattasi di numeri) sono tali perchè si è voluto accelerare a dismisura il processo di ristrutturazione e riduzione del personale che naturalmente avrebbe necessità di svolgersi su di un arco temporale di almeno 15 anni anzichè 9 come previsto.

Nessuno parla , neanche per smentire le mie “parole di verita” . Perchè? Scrivevo in un recente articolo:
“si tenta di mischiare le questioni del personale con gli affari e gli investimenti in armamenti dando un taglio scandalistico ? Il ‘magico limbo’ dello scivolo d’ oro a dieci anni dal limite di età se lo tengano loro! Noi non lo vogliamo! Vogliono far passare la rottamazione del personale come fossimo dei profittatori! Ma la domanda è: chi ve lo ha lo ha chiesto di rottamarci? C’ è stato un referendum in tal senso? Siamo passati non accorcendocene dal primo posto di gradimento degli italiani all’ ultimo?”.

Ora cari “trombettisti” potete continuare a proclamare le vostre false verità , forti di casse di risonanza ben più potenti delle mie ma con meno sicumera.

In particolare il Prof. Ichino discetta di mobilità per i militari in questo modo:
“1. attivazione di una procedura sostanzialmente equivalente alla procedura di mobilità tra amministrazioni statali prevista dall’articolo 33 del t.u. del pubblico impiego (d.lgs. n. 165/2001)…..
2. dove questa opportunità di riutilizzazione presso altre amministrazioni statali si presenti, entro un raggio ragionevole dal luogo di ultimo impiego del personale militare, previsione del trasferimento d’ufficio;
3. dove non si ravvisi alcuna possibilità di utile trasferimento ad amministrazioni statali, istituzione e attivazione di una procedura analoga di trasferimento ad amministrazioni pubbliche non statali….
4. dove non si ravvisi alcuna possibilità di utile trasferimento ad amministrazioni pubbliche nelle quali si registrino carenze di organico, promozione della mobilità verso il tessuto produttivo generale…”
e ancora :
“Nella predisposizione di questo protocollo speciale per la mobilità può essere ragionevole prevedere che il trattamento economico resti attivo – in difetto di ricollocazione – fino al raggiungimento dei requisiti ordinari per il pensionamento. Ma sarà molto importante che si condizioni il trattamento stesso alla disponibilità della persona interessata per il contratto di ricollocazione, quando questo le venga offerto, e poi per tutto quanto necessario ai fini della riqualificazione e inserimento nel tessuto produttivo. Potrà accadere, così, che qualche militare di difficilissima ricollocazione finisca col godere di questo sostegno del reddito senza soluzione di continuità fino all’età del pensionamento; ma in altri casi sarà possibile esigere la disponibilità anche per un trasferimento nel tessuto produttivo generale (si ricorda in proposito che nel solo anno 2012, nonostante la situazione di gravissima crisi economica, in Italia sono stati stipulati ben 1,7 milioni di contratti di lavoro a tempo indeterminato). Si sancirà così almeno il principio secondo cui anche i cinquantenni possono e devono ritrovare un lavoro (principio corrispondente a un dato di fatto: il 12% del flusso attuale delle assunzioni, dunque circa 200.000 contratti a tempo indeterminato ogni anno, riguarda persone con più di 50 anni di età); e, se lo schema sarà stato implementato come si deve, si dimostrerà che anche nel settore pubblico le crisi occupazionali possono essere affrontate e risolte in modo non puramente assistenzialistico.”

Ora parebbero cose interessanti e con un certo tratto di novità. Chi puo obiettare sulla necessità di affermare tali generali e però , mi sia consentito, anche generici principi?

Guarda caso però, da attuare inizialmente in un settore pubblico privo di garanzie sindacali, con scarsa trasparenza nelle procedure d’ impiego del personale che configura come “ordini” le disposizioni inerenti che quindi sono sottratte allle garanzie tipiche cui è sottoposto l’ atto amministrativo .
Un processo innovativo che dovrebbe riguardare personale con uno specifico “status” che “giurando” sulla Bandiera e non firmando contratti di lavoro ha deciso di dedicare la propria esistenza al servizio della Nazione e dei cittadini finanche con il sacrificio della vita.

Quindi anche l’ invocare una “sostanzialmente equivalente procedura di mobilità” ex art. 33 Dlgs . 165/2001 pare semplicemente complicato e forse anche un pò ingeneroso, anche per l’ assenza di garanzie di trasparenza e di compartecipazione sociale e fuori dai criteri giuridici attuati da sempre per particolari servitori dello Stato (per chi voglia approfondire il Dlgs. in argomento semplicemente non si applica al cd personale in regime di diritto pubblico, tra cui i militari – art 3-) .

Se poi vogliamo parlare di “privilegi” in occasione di ristrutturazioni aziendali e di servizi pubblici e privati credo si abbiano informazioni diverse;  vorrei ricordare almeno i casi che per primi mi vengono in mente : l’ Olivetti, l’ Autovox, le FF.SS., la Sip/Telecom, le Poste Italiane, l’ Alitalia, l’ Enel dove veramente alcuni scivoli furono d’ oro senza che si sentissero voci sì autorevoli levarsi.
Potremmo poi parlare dei meccanismi di cassa integrazione in deroga di alcune grandi industrie, ovvero guardare più in generale ai “privilegi retributivi e previdenziali” che le guarentigie offrono a particolari lavoratori dello Stato e che mi pare nessuno o pochi evidenzino (Politici di ogni livello, manager di Stato, di aziende di Stato o di autonomie locali e aziende miste, magistratura, dipendenti di organi politici e costituzionali, authority, banca d’Italia, dove peraltro mi pare non si blocchi neanche il salario nel quadriennio 2010/14 come nel resto del pubblico impiego…etc..etc).

Ora,  a parte le obiezioni ” giuridiche e di opportunità” di cui sopra, rimarrebbe pur sempre la difficoltà concreta di riutilizzare professionalità militari in campo civile.
Inoltre, che ai militari si prospetti senza garanzie (nell’ articolo non se ne parla), di mantenimento almeno pro – quota dei diritti maturati in termini giuridici, economici, di carriera e previdenziali nonchè il riconoscimento ” reale ” delle competenze e professionalità unitamente ai titoli accademici posseduti , una nuova vita lavorativa profondamente diversa da quella vissuta magari per trenta anni pare francamente un pò vessatorio .

Chissà se il Professor Ichino sarebbe d’ accordo nel caso, non lontanissimo, si decidesse in maniera analoga per settori come quello del mondo accademico , prospettando un impiego di cui non si conoscono i contorni, senza garanzie e penalizzante sotto il profilo dell’ impiego giuridico, economico e previdenziale.

A meno che Egli voglia affermare che siamo tutti uguali, anche per status ed in condizioni lavorative diverse, cosa della quale credo sarebbe il primo a pentirsi.
Scegliere infatti di trattare tutti allo stesso modo, seppur in presenza oggettiva di diverse situazioni di status, impiego, rischio assoluto e limitazioni di diritti costituzionali e personalissimi, puo farci percipitare in quella situazione che ben definiva Cicerone due millenni ors sono in ” de officiis” come ” Summum ius, summa iniura”.
Ten. Col. CCrs Guido BOTTACCHIARI
Stato Maggiore dell’Aeronautica
Ufficio del Capo del Corpo di Commissariato
V.Presidente Co.Ce.R. – A.M.

LA MIA RISPOSTA

Pubblico doverosamente questo intervento critico, limitandomi, in sede di replica, a tre brevi note: 1.  osservo con soddisfazione che il Tenente Colonnello Bottacchiari, al di là di qualche presa di distanza ben comprensibile, non oppone ragioni di principio alla nostra proposta, bensì soltanto una richiesta di particolare attenzione, in sede di implementazione del progetto, alle esigenze di trasparenza e di tutela dei singoli interessati: queste precisazioni riguardo alle modalità di attuazione non sono affatto incompatibili con gli elementi costitutivi essenziali del progetto; 2. il meccanismo dello “scivolo d’oro” non è affatto imposto dalla legge n. 244/2012, voluta dal Governo Monti, la quale si limita a prevedere la riduzione del personale, lasciando aperte le opzioni riguardo al come realizzarla; 3. quanto SC propone non si pone affatto contro gli interessi economici e professionali dei militari interessati da questa riduzione di organici: mentre da un lato le misure di sostegno alla mobilità indicate in quella proposta offrono una prospettiva di continuità di reddito e di esercizio della professionalità, altrettanto non garantiscono le misure indicate nello schema di decreto ministeriale.  (p.i.)  

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LA REPLICA DEL TEN. COL BOTTACCHIARI
(Per maggiore chiarezza e immediatezza del dialogo, qui le mie ulteriori risposte sono inserite nel testo della lettera, evidenziate dal rientro del margine del paragrafo, dal carattere corsivo e azzurro)

Caro Professor Ichino,
intanto la ringrazio per il senso altamente democratico dimostrato dalla S.V. nel pubblicare, sul suo sito,  la mia critica alla proposta di Scelta Civica in merito alla riduzione degli organici conseguenza  del processo di revisione dello Strumento Militare  di cui alla Legge 244/2012 e relativi decreti attuativi  proposti dal Governo ed all’ esame delle Camere .
Mi trovo però a dover replicare alla sua “breve” risposta al mio scritto, purtroppo lungo e pieno di interrogativi ai quali però non ho ricevuto risposta alcuna , quasi che le questioni di fondo da me sollevate non Le interessassero e che la Sua mente fosse già proiettata a proporre modelli innovativi di reinserimento lavorativo del personale come un  ingegnere genetista  dedito ad identificare , isolare e trasferire un gene dal patrimonio genetico di un organismo a quello di un altro essere.
Proverò perciò ad essere sintetico ma non posso esimermi (sono un po’ cocciuto) dal ripeterLe quali sono le mie obiezioni di fondo al processo di Revisione delineato dalla legge ( approvata durante il Governo Monti) ed attuato dai discendenti decreti  e solo dopo mi concentrerò sulle conseguenti proposte  della Sua forza politica (ma il Ministro Mauro non è dei vostri?) per la riduzione degli organici e la conseguente ricollocazione del personale militare.
La prima domanda che credo meriti una risposta è quella relativa ai risparmi del processo di riduzione del modello di difesa.
Ci sono? Quanti miliardi di euro sono? E a chi/cosa sono destinati? Alla sanità, alla ricerca , alla scuola , al welfare, alla cassa integrazione, agli esodati o forse anche al risanamento delle finanze dello Stato?
Così Le scrivevo nel mio intervento: “riforma farlocca che non produce risparmi per il contribuente e che viceversa determina unicamente lo spostamento di ingentissime risorse ( oltre 1,2 Mld di euro) dal personale attraverso una diminuzione di 40.000 posti di lavoro agli investimenti nel settore dell’ industria bellica, che già gode di oltre 6 Mld di euro di stanziamento complessivo senza contare gli ulteriori stanziamenti previsti nella Legge di Stabilità in itinere, nessuno parla .”
Quindi secondo me una riforma che non produrrà nessuna diminuzione delle spese dello Stato  e  di conseguenza nessun calo d’ imposizione fiscale per il cittadino , mentre si perderanno per l’ economia e forse anche per il Pil ( non credo tutti gli investimenti resteranno in Italia) ingenti risorse per 40.000 posizioni lavorative in meno.
Risorse che saranno destinate per la gran parte a settori industriali operanti per lo più in regime di “privativa industriale”, poco trasparenti e con poca ricaduta occupazionale.
Ora se così è qualcuno dovrà pur assumersi la “paternità politica” del provvedimento e chi se non il governo Monti già dimissionario che con pervicace volontà fece votare questa legge, con somma urgenza, la vigilia di Natale 2012.
Sulla questione si attende e da tempo una risposta chiara.

Ho espresso a suo tempo la mia opinione  sul disegno di legge da cui  è nata la legge n. 244/2012 e la questione dell’acquisto dei 90 aerei F35 nella  mia risposta a un lettore del 6 novembre 2012 [4]. Ma qui non stiamo discutendo del merito di quella legge, bensì soltanto del modo migliore in cui può essere attuata l’ingente riduzione del personale militare ivi prevista. (p.i.)

La seconda questione che sollevavo ha anch’essa trovato una muta risposta. La riforma era veramente così necessaria perché i dati di bilancio della difesa sono  fortemente sbilanciati verso il personale ? Qui non mi dilungo; copio quanto già riportato in precedenza, sapendo che una delle poche cose che so far bene è far di conto.
“Infatti, se si sommano tutte le risorse per il 2013 assegnate alla Funzione Difesa, si raggiunge la cifra di 16,9 miliardi di euro (14,6 miliardi Funzione Difesa Bilancio Difesa – Tabella 11» ai quali devono aggiungersi i «i 2,3 miliardi di fondi per i programmi di armamento presso il MISE) cui se ne stanno aggiungendo alcune altre centinaia  con l’ attuale legge di stabilità..
Fatti i debiti calcoli la ripartizione delle spese nelle varie voci  è pari al : 57% Personale, 8% Funzionamento, 35% Investimento, molto vicina al “mantra” 50/25/25, e dove la sola voce “Funzionamento” pare compressa, certamente non a vantaggio del Personale.”

Vale a questo proposito la stessa mia risposta data nel corsivo precedente: il merito della riforma contenuta nella legge n. 244/2012 non è oggetto di questa discussione.   (p.i.)

Terzo quesito , anch’ esso sollevato nella mia prima lettera. Il processo di revisione è stato strutturato su di un arco temporale strettissimo (nove anni), prevedendo un taglio di 20.000 Uomini . Perché?
Il precedente riordino (attuato tra il 2001 ed il 2004) delle Forze Armate per il passaggio dall’Esercito “di popolo” a quello professionale era su base ventennale, e son comunque servite risorse finanziarie per un esodo anticipato del personale a cinque anni dal limite di età.
Per questo nuovo processo  fisiologicamente ce ne sarebbero voluti almeno quindici di anni, così ci hanno sempre detto dagli Stati Maggiori , che colpevolmente hanno assecondato un processo che si trascina e ci trascina in polemiche con ampi settori della Società a causa della “necessità” di rottamare personale ovvero di reimpiegarlo dove non si sa, senza vere garanzie  e riconoscimenti per l’ opera pregressa svolta e le qualifiche possedute.
Inoltre il taglio di ventimila uomini per arrivare a Forze Armate di 150.000 unità e da ciò  il recupero di oltre 1,2 miliardi di euro senza vincolo di destinazione. Ma non si poteva ad esempio pensare ad un modello a 160.000 che avrebbe dato risorse al funzionamento e sarebbe stato più gestibile anche sul fronte degli esodi e poi con calma valutare i problemi legati all’ invecchiamento ed alla operatività dello strumento militare ?
Vi pare logico che si faccia prima una riforma dello Strumento Militare e poi, come deciso nell’ ultimo Consiglio Supremo di Difesa, il Libro Bianco sulla Difesa?
Verrebbe da dire : “ma chi ve lo ha chiesto di ridurre di così tanto e di farlo in nove anni, anziché in quindici? “.
E sì che una rispostina io l’ avrei .
Tutto questo lo dico da circa due anni ma i “direttori d’ orchestra ” fanno suonare, settimana per settimana; musica diversa.
Tecniche di distrazione di massa.

Mi dispiace di non avere avuto occasione di interloquire con il Ten. Col. Bottacchiari in questi ultimi due anni su questi temi. Ma ripeto ancora una volta che il progetto di Scelta Civica si basa sul presupposto che la riforma varata nel dicembre 2012 debba essere attuata. E mira ad attuarla nel modo migliore. Di questo, e non di altro, dobbiamo discutere qui.    (p.i.) 

Ora terminata la parte delle obiezioni generali al provvedimento (lo faccio perché chi legifera con provvedimenti legislativi successivi possa porre rimedio alle storture di una norma, nulla è per sempre!) passo alla “proposta Ichino” sulla riduzione degli organici .
Lo faccio per punti come fa Lei.

1)  La  procedura di mobilità “ex art. 33 Dlgs . 165/2001” tra le amministrazioni dello Stato semplicemente oggi  non si applica, per espressa esclusione come indicato all’ art. 3, al c.d. personale in regime di diritto pubblico, tra cui i militari.
Invocare una “sostanzialmente equivalente procedura di mobilità”, in cui le rappresentanze sindacali (non presenti nelle FF.AA.) giocano un importante ruolo in termini di garanzia per i lavoratori, equivale ad introdurre e da subito il tema delle “garanzie sociali” per il personale militare  (abolizione divieto di formare e/o iscriversi ai sindacati e costituire liberamente associazioni) di cui si dibatte in Parlamento e fuori da più di trent’anni.
Questo è positivo per il sol fatto di introdurre il tema sullo scenario politico, ma credo troverà ostacoli data la misconoscenza della problematica in ampi settori della politica .
Sarei comunque felicissimo di trovarLa al nostro fianco in una battaglia così importante.
La questione dei ” diritti negati” ai militari , è ancora lungi dall’ esser risolta.
Così le scrivevo e così torno a ricordarLe:
“Ai militari italiani, infatti, al contrario di quanto avviene in molte parti d’ Europa, è per legge imposto il divieto di costituire o iscriversi ad associazioni professionali di natura sindacale e che per di più è vietata loro la libera costituzione di associazioni fra militari in barba ai più elementari diritti Costituzionali (Artt. 2,18,39 e 52) e della CEDU( artt. 11 e 14).
Tale impedimenti hanno portato nel tempo alcuni di noi a ricorrere dapprima al T.A.R del Lazio , poi alla Suprema Corte Costituzionale ,che con una sentenza in chiaroscuro ( n. 449/1999) , ha dichiarato non fondata la questione di incostituzionalità e recentemente ad un ricorso in sede di Corte Europea Dei Diritti Dell’ Uomo a Strasburgo di cui si attende la sentenza a breve.”
Ora però se si pensa di operare in regime speciale di mobilità, semplicisticamente, senza risolvere prima la questione “dei diritti” sopra descritta ciò vedrà la nostra ferma opposizione; in caso contrario, fatti salvi i diritti quesiti come il mantenimento almeno pro-quota dei diritti maturati in termini giuridici, economici, di carriera e previdenziali nonché il riconoscimento ”reale” delle competenze e professionalità unitamente ai titoli accademici posseduti, si potrà valutare la questione in un diverso ambito di rinnovate relazioni sociali.

La procedura prevista dall’articolo 33 del testo unico del pubblico impiego non attribuisce ai sindacati degli impiegati un potere di veto sul trasferimento disposto d’ufficio, ma soltanto una funzione di esame congiunto della questione con il management investito della questione. Perché la procedura che può (e a nostro avviso deve) essere attivata per il trasferimento dei militari ad altre amministrazioni dello Stato contempli una protezione analoga sarà sufficiente prevedere che il personale interessato elegga i propri rappresentanti in funzione di quell’esame congiunto preventivo. Tengo a sottolineare, per altro verso, che il trasferimento ad altre amministrazioni pubbliche non costituisce una misura disposta contro gli interessi del personale militare, ma al contrario una misura intesa a proteggere il suo interesse alla continuità del reddito e dell’esercizio della propria professionalità. Sarebbe dunque assurdo escludere la possibilità di questa misura solo per il fatto che il personale militare non dispone di un’organizzazione sindacale.    (p.i.)

2) Lo “scivolo d’oro” non è imposto dalla legge. Su questo convengo.
Rimane però inevitabile, credo, in un processo “innaturale” di riduzione degli organici pensare comunque a forme di esodo anticipato come quelle della precedente riforma o altre su cui si potrà (noi lo abbiamo sempre chiesto) confrontarci. Non credo sia infatti credibile, per mille motivi, pensare ad un ricollocamento di tutto il personale nel ciclo produttivo.
Badi bene un esodo anticipato e non privilegiato, se di privilegio è l’ esser estromessi dalla propria “vita” professionale , in barba al primo articolo della Carta.
Se quindi si manterranno gli attuali tempi di riforma almeno per una parte del personale bisognerà necessariamente, realisticamente e con serietà pensare ad una uscita anticipata a cinque/sette anni dal limite di età con le medesime garanzie date nella precedente riforma, recuperando al personale parte dei risparmi  del processo che qualcuno ha pensato di destinare da subito altrove. La Germania per esodare  anticipatamente 6.000 militari ha stanziato circa un miliardo di euro, noi neanche un centesimo.
Con onestà intellettuale le dico però che in altri Paesi Europei, (es. Francia) che hanno  modelli di FF.AA. professionali simili al nostro, si procede naturalmente alla fuoriuscita di personale combattente (anche dopo solo venti anni di servizio) con la corresponsione di una buonuscita, di un buon rateo pensionistico e con una ricollocazione in ambito  lavorativo privatistico o statale ovvero con un “bonus più consistente”  per l’ avvio di una libera professione, arte o commercio.

Quanto il Ten. Col. Bottacchiari scrive circa le esperienze di altri Paesi a noi vicini conferma che il personale militare ben può essere indirizzato verso il reinserimento nel settore privato, fermo il suo diritto a un indennizzo congruo per l’interruzione del rapporto e per il disagio che ne consegue. Allo Stato l’indennizzo congruo costerà sicuramente molto meno rispetto al pagamento dell’85% della retribuzione e dei contributi previdenziali sul 100%  per anni e anni. E in questo modo si eviterà di incoraggiare tante persone a indirizzarsi verso il lavoro nero (poco produttivo, poco professionalmente gratificante e poco redditizio, oltre che contrario alle leggi dello Stato) o verso l’inerzia. Se da noi la soluzione praticata in altri Paesi dell’esodo congruamente indennizzato non è stata fin qui neppure presa in considerazione è perché da noi prevale un assistenzialismo deteriore.   (p.i.)

Sulla questione dell’ invecchiamento della” forza combattente” in prospettiva, senza falsi moralismi, credo dovremmo interrogarci anche noi altrimenti tra pochi anni saremo di nuovo di fronte a problemi similari anche con un modello di Forze Armate più contenuto.
In chiusura e come memento ( sono ripetitivo) :
“Se poi vogliamo parlare di “privilegi” in occasione di ristrutturazioni aziendali e di servizi pubblici e privati credo si abbiano informazioni diverse;  vorrei ricordare almeno i casi che per primi mi vengono in mente : l’ Olivetti, l’ Autovox, le FF.SS., la Sip/Telecom, le Poste Italiane, l’ Alitalia, l’ Enel dove veramente alcuni scivoli furono d’ oro senza che si sentissero voci sì autorevoli levarsi.”

3) La parte relativa alla mobilità anche nel ” tessuto produttivo generale” è quella più  difficile da attuare e da digerire per tutti prima ancora che dai militari proprio dal “tessuto”.
Ora,  a parte le obiezioni ”giuridiche e di opportunità” di cui sopra, rimarrebbe pur sempre la difficoltà concreta di riutilizzare professionalità militari in campo civile.
Intanto faccio sapere al Professor Ichino che mentre Lui studiava da “ingegnere genetista” altri (Finmeccanica… azienda di Stato?) bandivano e chiudevano (31 ottobre , ore 13.00) un  concorso da 1.000 diconsi Mille posti di lavoro senza riservarne uno ai militari, giovani, anziani, precari , in ferma o da esodare.
Come potrà vedere la destra non s cosa fa la sinistra, mannaggia sarà stata una deplorevole sfasatura temporale perbaccolina!!!
Ovvero : chissenefrega di questi C… di militari.
Indi per cui non vorremmo ritrovarci a breve da “mobilità-ti” a “esodati” senza garanzie almeno di una straccio di “cassa integrazione” o “scivolo anche di ferro” che dir si voglia.

Ancora una volta quanto il Ten. Col. Bottacchiari scrive mostra che la possibilità di reinserimento del personale militare alle dipendenze di strutture produttive private non sarebbe affatto impossibile, se soltanto si adottassero le misure adeguate a questo scopo. Come ho osservato nella risposta a un sottufficiale della Marina Militare [5] di due giorni or sono, non c’è professionalità specifica propria del personale militare che non possa essere valorizzata anche al di fuori delle Forze Armate. Solo nella cerchia delle mie conoscenze dirette ci sono diversi ex-militari che hanno valorizzato con successo in attività private le competenze acquisite nelle Forze Armate. Certo, per questo occorre accettare la fatica e lo stress della ricerca della nuova occupazione e della riqualificazione necessaria; ma questa fatica e questo stress possono essere ridotti al minimo con l’assistenza intensiva di una buona agenzia di outplacement; e possono essere adeguatamente remunerati con una congrua buonuscita, come si fa in tanti Paesi anche vicini a noi.  (p.i.)

Per ultimo poi Professore il tentativo “caritatevole” di offrire “continuità di reddito” a dei Fedeli Servitori dello Stato, scusi, ma suona vagamente offensivo.

Non capisco: essere “esentati dal servizio” con lo stipendio all’85% dai 50 anni in poi, invece, non è offensivo?   (p.i.)

Diceva un Ministro della Difesa ” autorevole” : le FF.AA. sono la precondizione per l’ esistenza dello Stato di diritto”.
Da lì a mendicare ne passa.

Lei :
“Osservo con soddisfazione che il Tenente Colonnello Bottacchiari, al di là di qualche presa di distanza ben comprensibile, non oppone ragioni di principio alla nostra proposta, bensì soltanto una richiesta di particolare attenzione, in sede di implementazione del progetto, alle esigenze di trasparenza e di tutela dei singoli interessati: queste precisazioni riguardo alle modalità di attuazione non sono affatto incompatibili con gli elementi costitutivi essenziali del progetto.”
Io:
Mi pare che le prese di distanza siano molte e di contenuto specie sulla necessità del progetto e sulla tempistica di realizzazione. Per ciò che attiene alla Vostra proposta di ricollocazione del personale le osservazione sono altrettante e specifiche a partire dalle inesistenti garanzie di  una adeguata rappresentanza sociale che consenta di aprire un confronto sulla mobilità e sulla difficoltà reale che tutto il processo possa essere gestito con le forme ventilate. Prendo atto che il confronto è sempre salutare e che se le richieste di superamento degli ostacoli “di diritto rappresentativo” fossero accolte nel modo auspicato si potrebbero aprire spazi di confronto più sereni.

Su questo punto ho risposto sopra.   (p.i.)

Cordiali Saluti
Ten. Col. CCrs Guido BOTTACCHIARI
Stato Maggiore dell’Aeronautica

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