“DAVVERO DOBBIAMO COMPRARE QUESTI 90 CACCIA F35?”

LA SPESA SARÀ INTERAMENTE COPERTA DALLA RIDUZIONE DELLA SPESA CORRENTE DELLA DIFESA PER STIPENDI – D’ALTRA PARTE, LA GRADUALE SOSTITUZIONE DELLA NOSTRA FLOTTA AEREA ATTUALE È INDISPENSABILE, SE NON VOGLIAMO RIMANERE PRIVI DELL’AERONAUTICA MILITARE ENTRO IL PROSSIMO QUINDICENNIO (E QUINDI ANCHE PRIVI DELLA MARINA)

Messaggio pervenuto il 6 novembre 2012, in occasione della discussione in Senato del disegno di legge-delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale (n. S-3271/2012) – Segue la mia risposta, nella quale propongo sette argomenti a sostegno del voto del PD in appoggio alla scelta compiuta su questo terreno dal Governo Monti

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Caro Senatore,
Leggo che in Senato state approvando una legge che prevede l’acquisto di 90 aerei da caccia F35, che ci costeranno complessivamente la bellezza di 9 miliardi, e trasecolo. Ma siete impazziti? Qui stiamo tagliando su sanità, scuola, pensioni, e tutto il resto, non abbiamo una lira da investire per far tornare la nostra economia a crescere, e spendiamo 9 miliardi per giocare alla guerra? Ma davvero anche lei ha votato questa legge? Attendo la sua risposta con molta preoccupazione, per la stima che nutro nei suoi confronti.
E. N.

Sì, ho votato questa legge; e, avendo seguito molto attentamente il dibattito su di essa in seno al mio  Gruppo e poi in Aula (avendo ascoltato, in particolare, con grande attenzione le ragioni – che non mi hanno convinto – dell’astensione dei senatori radicali), l’ho votata condividendo appieno la decisione del Pd su questa materia. Spiego perché.
1. La nostra spesa per la difesa (al netto del costo dell’Arma dei Carabinieri, che svolge essenzialmente una funzione di polizia civile) ammonta oggi all0 0,84% del PIL nazionale; ammontava al 2,1% nel 2004. La spesa media dei Paesi dell’Unione Europea ammonta quasi al doppio: precisamente all’1,61%. Ridurre ulteriormente la nostra spesa per la difesa ci porrebbe nella condizione di dipendere dai nostri partner europei per la nostra sicurezza nazionale, nonostante che l’Italia sia collocata nella posizione più pericolosa rispetto a tutti gli altri Paesi dell’Unione: basti considerare la situazione dei Balcani, quella del Medio Oriente e quella dei Paesi della costa africana del Mediterraneo. Non dobbiamo dimenticare che la strategia per l’uscita dalla crisi che attanaglia il nostro Paese è incentrata sul recupero di un suo ruolo di protagonista nella costruzione della nuova Europa: ruolo poco compatibile con un atteggiamento da parte nostra di sfruttamento parassitario dell’ombrello difensivo garantito dai nostri partner.
2. La scelta compiuta con la legge che abbiamo approvato oggi in prima lettura (con il solo voto contrario dell’IdV e l’astensione dei tre senatori radicali) consiste in questo: mantenere lo stanziamento annuo per la difesa, ma riconvertirlo qualitativamente, riducendo progressivamente la spesa per il personale (oggi assolutamente eccessiva, in rapporto agli altri maggiori Paesi UE) e ammodernando i sistemi d’arma, al fine di aumentarne l’efficacia. Il programma prevede, tra l’altro;
a) una riduzione di circa 33.000 unità del personale dipendente dal ministero della Difesa (di cui 10.000 impiegati civili) nell’arco di 13 anni: obiettivo che può essere conseguito senza licenziamenti, con il solo blocco del turnover e trasferimenti ad altre amministrazioni dove il personale può essere meglio valorizzato; b) la sostituzione progressiva, nell’arco di 14 anni, della flotta aerea attuale (costituita da 250 caccia AMX, Tornado e STOVL: velivoli obsoleti, destinati comunque a cessare la propria vita operativa entro lo stesso arco di tempo), con 90 caccia F35. Di questi ultimi si prevede una vita operativa di circa 40 anni. Il costo complessivo di questo investimento, coperto dalla riduzione della spesa corrente per stipendi di cui ho detto, ammonta a circa 9 miliardi ripartiti nel quattordicennio tra oggi e il 2026.
3. Dai dati qui riportati risulta con tutta evidenza che la scelta compiuta oggi dal Senato non è affatto nel senso di un aumento della spesa per la Difesa, bensì soltanto nel senso della riqualificazione della spesa stessa. Non compiere questa scelta equivarrebbe ad accettare che l’Italia rimanga priva dell’Aeronautica militare (come si è visto, nell’arco del prossimo quindicennio tutti i caccia attualmente in servizio dovranno essere dismessi).
4. R
imanere senza aeronautica significa rimanere anche senza difesa marittima: non ha alcun senso, oggi, dotarsi di una marina militare se non si è in grado di fornirle una copertura aerea.
5. Rinunciare a una nostra aeronautica, e dunque anche a una nostra marina militare, equivarrebbe a rendere impossibile qualsiasi progetto di costruzione di una difesa europea: non è pensabile, infatti, che i tedeschi, i francesi, o gli spagnoli, accettino di esentarci dal dare il nostro contributo alle forze armate comuni.
6. Quando l’Europa rimase inerte di fronte alle stragi di Sarajevo e Srebrenica, nei Balcani, ce ne vergognammo e ci impegnammo a che questo non potesse più accadere. Stragi analoghe vennero, infatti, poi evitate nel Kosovo. Non sarebbe stato possibile, senza i caccia militari. Come non sarebbe stato possibile l’intervento in Libia per impedire a Geddafi di fare quello che oggi Assad sta facendo in Siria. 

7. Poiché le ali dei caccia F35 vengono costruite in Italia, questa spesa ha, evidentemente, anche un effetto positivo assai rilevante sullo sviluppo della nostra industria aeronautica. Questo argomento può essere proposto soltanto per ultimo; però non si può certo affermare che queste risorse sono sottratte alla crescita economica del nostro Paese.   (p.i.)

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