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L’ANNO CHE RESTA DELLA LEGISLATURA HA UN SENSO SOLO SE NON LO SI PASSA A CINCISCHIARE

O FORZA ITALIA SI MOSTRA CONCRETAMENTE DISPONIBILE PER GLI INTERVENTI ESSENZIALI SU PARLAMENTO E LEGGE ELETTORALE, O È MEGLIO ANDARE AL VOTO A GIUGNO

Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 422, 27 gennaio 2017 – In argomento v. anche il mio commento a caldo alla sentenza della Consulta [1] del 25 gennaio gli altri interventi e documenti raccolti nella sezione Riforme istituzionali [2]    .
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Berlusconi pensierosoRicordate il Silvio Berlusconi che nelle ultime settimane della campagna referendaria, accertato dai sondaggi che avrebbe prevalso il No, si è gettato nella mischia assicurando che la “riforma costituzionale ben fatta” si sarebbe  potuta varare in tre mesi, appena tolta di mezzo quella “mal fatta”? Oggi non soltanto non è disponibile per aprire un discorso su di una riforma ridotta all’osso – riduzione del numero dei parlamentari, sfiducia costruttiva e abolizione del CNEL –, che davvero potrebbe essere fatta in una sola battuta e senza bisogno di referendum, con il voto di due terzi del Parlamento; ma non è disponibile neppure per aprire un discorso sulla necessaria riforma dei regolamenti di Camera e Senato, né su di una riforma elettorale che assicuri al Paese la possibilità di darsi un Governo stabile. Salvo riproporre la sua idea originaria dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica, però ora abbinata con una legge elettorale proporzionale: un evidente nonsenso. Se le cose stanno così, se cioè la prospettiva è quella di passare un anno a cincischiare senza poter compiere alcuna delle cose che ridarebbero un senso a questa legislatura traumatizzata dalla bocciatura referendaria della riforma costituzionale, meglio votare a giugno. Sperando che quel poco di maggioritario rimasto dopo il rimaneggiamento delle due leggi elettorali da parte della Consulta (il premio di maggioranza per chi raggiunge il 40 per cento alla Camera, lo sbarramento all’8 per cento per i partiti isolati al Senato) consenta di uscirne con una maggioranza degna di questo nome. Basterebbe che chi ha votato Sì il 4 dicembre votasse a giugno per chi quel Sì ha sostenuto. A ben vedere, ciò che sta accadendo in questo incipiente ritorno alla Prima Repubblica mostra quanto sia stato giusto sostenere quel Sì.

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