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UN LIBRO CHE EVIDENTEMENTE VIVE NELLE MANI DI CHI LEGGE

“[…] Non era come se stessi leggendo, quanto piuttosto come se stessi ascoltando i racconti di mio padre o di mio nonno su momenti importanti di un contesto storico e sociale che ha condotto tutti noi dove siamo oggi. Singoli episodi e situazioni complesse che mi sono state progressivamente svelate quasi come in un dialogo ristretto tra me e il narratore.”

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Commento dell’avvocato Giorgio Sandulli su
La casa nella pineta, consegnatomi a seguito della presentazione del libro svoltasi a Roma il 20 gugno 2018 – Gli altri commenti, documenti e recensioni del libro sono raccolti nella pagina a esso dedicata [1]   .
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Ardengo Soffici, Il capanno dei Pellizzi

Il libro di Pietro Ichino La casa sulla Pineta mi ha sollecitato alcune sensazioni che ho piacere di esprimere e condividere. Un bel libro, caratterizzato da diversi piani di lettura: un’analisi sociale; un racconto sulla storia italiana della seconda metà del ‘900; spunti di diritto del lavoro; un romanzo biografico/familistico …  Una articolazione ampia, dunque, e differenti livelli narrativi nei quali ho comunque scovato una mia personale traccia unitaria: non era come se stessi leggendo, quanto piuttosto come se stessi ascoltando i racconti di mio padre (o di mio nonno). Avevo l’impressione di una persona di famiglia che mi descriveva momenti importanti di un contesto storico e sociale che ha condotto tutti noi fin qui, dove siamo oggi. Singoli episodi e situazioni complesse che mi sono state progressivamente svelate quasi come in un dialogo ristretto tra me e il narratore. Situazioni che mi venivano illustrate sempre secondo la visuale soggettiva di Ichino; visione affermata con la fermezza della “ragione”, pur dando sempre (almeno a me) l’impressione di non voler presentare tale visione come una verità assoluta, bensì come la sua verità.

Appunto, un po’ come mio padre mi racconta parti della sua vita o come faceva mio nonno (anch’egli, tra l’altro, autore di un volume sulla storia della sua e mia famiglia, seppure non destinato a pubblicazione). Proprio questa mia personale chiave di lettura, che mi fa pensare più ad una tradizione orale (in apparente paradosso con la forma del volume/testo scritto), fa sì che io debba ammettere: non ho letto integralmente il libro di Ichino! Ma, quel che più conta, non l’ho letto in maniera lineare e progressiva secondo la redazione che ne ha fatto Ichino stesso. Provo a spiegare quella che non vuol né essere né apparire una provocazione.

Ho letto (sto leggendo) questo libro nelle scorse settimane e chissà per quanto ancora, saltando da un paragrafo all’altro, poche pagine per volta. Proprio come se stessi ascoltando tanti racconti familiari; racconti di una sera, destinati ad interrompersi frequentemente e a riprendere senza un preordinato ordine cronologico, magari ripetendosi più volte o andando avanti e indietro nel tempo. Spesso ho scelto quale paragrafo leggere come per interrogare questo libro e ricercare l’esperienza personale di Ichino rispetto a specifici accadimenti che mi interessavano più di altri. Altre volte ho aperto il libro per leggere quello che casualmente mi si presentava. Subendo una qualche forma di immedesimazione, le parti che più ho ricercato, e letto più volte, sono quelle riferite al piano sindacale/giuridico/politico. Qui ho trovato tanti spunti e suggestioni che ho intrecciato con le mie conoscenze di studio e le mia esperienza professionale. Tra i molti spunti in questo ambito, mi piace cogliere e sottolineare la capacità di esprimere il coraggio delle proprie idee combinandolo con la disponibilità ad ascoltare le idee degli altri (financo le più perverse e distruttive!).

Oggi [nel corso della presentazione del libro all’Università “La Sapienza” di Roma, il 20 giugno 2018 – n.d.r.] ho sentito commenti incentrati per lo più sulla figura del padre di Ichino; parti del libro, queste, che io ho invece preferito rinviare. Probabilmente questa scelta di non addentrarmi nel  rapporto con il padre è dovuta alla fortuna che io non devo “riscoprire” mio padre, ben potendolo “vivere” quotidianamente. Diversamente da altri lettori che vi si sono rispecchiati, io mi sono fermato sull’uscio di questa stanza profonda costituita dal ricordo della figura paterna. Ma anche e proprio questa differenza di sottolineature – che ho colto nelle analisi di lettori poco più anziani di me – rende ai miei occhi un ulteriore merito ad un libro che, evidentemente, vive nelle mani di chi lo legge.

Prof. Ichino è stato un piacere leggerla, è stato ancora più un piacere incontrarla

Giorgio Sandulli

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