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“LA GESTIONE PRIVATA DELL’ILVA NON VA DEMONIZZATA”

Un ex-dirigente dell’acciaieria di Taranto porta argomenti a difesa della correttezza del comportamento imprenditoriale della famiglia Riva, nel periodo in cui lo stabilimento è stato da essa amministrato

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Lettera pervenuta il 1° dicembre 2019, in riferimento al mio articolo
Il capitale umano che manca all’ex-Ilva [1], pubblicato sul sito lavoce.info il 29 novembre.
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Professor Ichino, ho letto su Facebook il suo articolo di cui in oggetto e non ho potuto fare a meno di fare un commento come è  usanza diffusa per chi utilizza questi sistemi di comunicazione. Poiché  ho pensato che le mie osservazioni potessero essere utili, gliele trasmetto.
[2]L’ articolo  è  ben impostato, però ha due grossi difetti nello sviluppo della cronaca e nell’analisi dei fatti che purtroppo  ne  invalidano le conclusioni:
–  il primo, la gestione pubblica, che è quella durata un trentennio, viene attraversata molto velocemente anche se questa è  stata caratterizzata molto di più dai fenomeni e dalle debolezze attribuite da Ichino alla gestione privata dei Riva (distribuzione di prebende e sovvenzioni).
Inoltre la gestione pubblica  non ha assolutamente effettuato alcun  intervento di adeguamento per ridurre gli impatti ambientali sia per mancanza di normative e sia per  i cronici deficit di bilancio.
– Secondo, la gestione privata dei Riva: Ichino denota una mancanza di conoscenza di quel periodo che portano ad invalidare buona parte del discorso successivo.
Occorre fare chiarezza.
È opinione largamente diffusa che il privato abbia fatto molto poco per la fabbrica anzi abbia gestito con, riporto il passaggio dell’autore:
“la distribuzione di prebende e sovvenzioni a istituzioni pubbliche e a privati, ivi compresi i partiti e la diocesi, atte ad anestetizzare tutti quanti di fronte ai danni causati dallo stabilimento. E per quindici anni i destinatari di quelle regalie si lasciano volentieri anestetizzare”
Anche Ichino casca in questa facile interpretazione facendo sua una voce corale conseguente alla cronache dei sequestri, degli arresti, delle manifestazioni di associazioni ambientalistiche. Inviterei pertanto l’autore a verificare direttamente ed approfondire quanto sotto sarà  da me riportato.
Dal 2012 non è  stata ancora provata la colpa di oltre 40 indagati in un processo che è  ancora lontano dal trovare una conclusione senza traguardare i tre gradi di giudizio.
Durante la gestione dei Riva la fabbrica comincia finalmente a chiudere i bilanci in positivo che è l’unico modo per un privato per poter effettuare investimenti. Inizia così un periodo mai visto precedentemente,  costosi e complessi interventi per il miglioramento sia dei processi che per gli adeguamenti alle normative ambientali che si fanno sempre più stringenti vengono realizzati: ma di tutto questo non c’è ne volontà né  capacità a comprendere e darne atto. Basta seguire le numerose testimonianze a favore che si sono alternate nel processo o da buon giornalista, ad intervistare chi realmente ha partecipato a questo processo di modernizzazione o semplicemente acquisire le cifre per gli investimenti effettuati
Per quanto riguarda, poi l’utilizzo di prebende o sovvenzioni i Riva qui siamo distanti  anni luce.

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Paolo VI all’Italsider nel 1989

Se per una azienda che fattura miliardi, la donazione di 10.000 di euro offerti alla parrocchia in occasione  dei precetti pasquali sono da considerarsi una regalia… allora non ci siamo.
Invito pertanto l’autore dell’articolo ad approfondire quell’oscuro periodo e le modalità tutte, con le quali la fabbrica fu tolta  di mano alla legittima proprietà con una operazione che non ha precedenti al mondo. Emilio Riva, un  imprenditore di valore fu criminalizzato.
Poi la riduzione drastica delle emissioni di cui fa riferimento Ichino nel periodo successivo,  vengono semplicemente ottenute con la fermata di impianti e una forte riduzione delle produzioni portando l’azienda prima al fallimento e successivamente a perdite annuali di varie centinaia di milioni di Euro a carico dello Stato.
Pochi sono in grado di voler capire  che se la gestione commissariale fosse stata affiancata alla gestione  Riva, nello spazio di 2-3 anni ( e senza scudi), lo stabilimento avrebbe già completato gli adeguamenti richiesti senza costi per lo Stato (si parla di perdite per oltre 20 Mrd di Euro) e mantenendo un assetto industriale di tutto rispetto.
Sarebbe oggi un temibile concorrente di Mittal  ed avrebbe pagato le tasse in Italia: certo ci sarebbe sempre stato chi  avrebbe chiesto la chiusura della fabbrica comunque.
Ma chissà  perché cambiare Riva con Mittal che oggi minaccia di abbandonare l’azienda?
Roberto Pensa
Ingegnere, dirigente nell’acciaieria di Taranto sia nel periodo della gestione pubblica, sia in quello della gestione Riva, sia in quello della gestione commissariale, prima del 2017

LA MIA RISPOSTA

Pubblico doverosamente queste notizie e osservazioni critiche di R.P., ringraziandolo e accettando ben volentieri il suo invito all’approfondimento. Non nego affatto che gli interventi della magistratura sull0 stabilimento tarantino possano essere ispirati da una ideologia anti-industriale, e che comunque il processo di risanamento avrebbe potuto essere compiuto dall’imprenditore privato in cooperazione con le istituzioni pubbliche in condizioni molto migliori rispetto a quelle attuali.  Osservo però a mia volta che i contributi di 100.000 euro erogati dalla gestione Riva ai partiti maggiori non possono essere considerati come elargizioni usuali; e che i dati epidemiologici circa l’incidenza dei tumori molto maggiore nell’area tarantina interessata dalle emissioni dell’acciaieria, rispetto alla media nazionale, non possono che affondare le loro radici nel periodo della gestione statale (1964-1995) e in quello della gestione Riva (1995-2012).   (p.i.)

LA REPLICA

Professor Ichino, innanzi tutto grazie per l’attenzione. Non per alimentare una polemica, ma per aggiungere elementi alle comuni considerazioni,  ritengo di fare queste osservazioni.
– In tutto il mondo democratico e liberale ( tutto) il finanziamento ai partiti è regolamentato. Solo con nel nostro laico bigottismo diventa oggetto di “do ut des” ;  e comunque, se rispettata la trasparenza, è una pratica considerata lecita.
L’ aver accomunato poi la Diocesi per suoi 10.000 euro annui, è fuori luogo ed è  uno scivolone che sarebbe stato meglio risparmiare. Nel processo la verità  ha tolto ogni dubbio.
– L’assunto che la gestione privata abbia sottovalutato colpevolmente la questione ambientale è tipico di chi non conosce la fabbrica e la suo sviluppo ed i sui processi. Certo non tutto è  stato fatto, ma molto è  stato fatto dai Riva e di questo nessuno parla. Alcuni esempi: impianti biologici della cokeria: rifacimento a nuovo, delle porte nuove a tenuta e nuove macchine caricatrici , impianti di depurazione gas degli altoforni. Impianto per la desolforazione di tutto il gas prodotto nelle cokerie ed un  centinaio di altri interventi. Attenta manutenzione, magazzino ricambi sempre ben fornito utilizzo di imprese di alto livello e pagamento puntuale di tutti i fornitori.  E scusatemi se è  poco!
Tenga presente che gli adeguamenti richiedono soluzioni tecniche complesse che comportano  anni per la progettazione e realizzazione.
Di questi aspetti in un Europa  industrializzata se ne discute civilmente con gli organi tecnici e si trovano le soluzioni. A Taranto ha prevalso l’integralismo stile “ayatollah”.
Parlando poi degli aspetti ambientali, si informi su quali erano i  valori del PM2,5 ( polveri sottili quelle davvero pericolose) a Taranto durante la gestione Riva e li confronti  con  i valori della legge italiana e quelli  obiettivi della CE.
Ha una spiegazione sul perchè nella sua Milano l’ analisi epidemiologica fatta dal dottor Forastiere prese come valore limite  di riferimento 45 mc gr / Nmc  ed a Taranto 20 e se questo è modo corretto di procedere?
Infine perchè Legambiente con le sue rilevazioni sull’inquinamento ha sempre classificato Taranto intorno a metà classifica e la sua Milano molto più giù.  Si pensa forse, di conseguenza, di chiudere la città di Milano? Si è  vero qualche volta si blocca il traffico urbano (a Taranto non è mai stato necesario fermare il traffico).
Ma ormai è fatta. Le soluzioni possibili ci costeranno molto care qualsiasi esse siano. Anche la chiusura probabilmente sarà la più  costosa e la più  complessa   in considerazione delle tanto invocate bonifiche. Grazie di nuovo per avermi consentito di esprimere un parere.
R.P.

 

Roberto Pensa