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POESIE PER COSTANZA – 1973-2019

Da quando ci siamo sposati, il 15 dicembre 1973, a ogni anniversario del matrimonio ho regalato a Costanza un’agendina; e sulla prima pagina ho scritto una poesia – Per il 25° anniversario ho riunito le prime 25 poesie in un libretto, nel quale ho aggiunto soltanto qualche nota sul contesto nel quale ciascun anniversario cadeva: il suo contenuto si può scaricare qui sotto – Seguono alcune poesie per gli anniversari successivi (non sono riprodotte quelle la cui bruttezza mi pare superi il limite della sopportabilità) – Gli altri documenti relativi alla vita di Costanza sono raccolti nella pagina web a lei dedicata [1].
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[2]Scarica [2]
Poesie per Costanza 1973-1998 [2]

 

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ALCUNE POESIE SUCCESSIVE

15 dicembre 1999

LA TUA PICCOLA MANO

Eterno è ogni istante,
presente e passato.
Nulla va perduto:
non il sacrificio di uno solo
dei mille ignoti ad Auschwitz,
non il sorriso di Etti H. a Westerbork,
non la messa clandestina
di Nikolaj alle Solowsky.

Neppure di noi,
un solo attimo.
Non martiri, non eroi,
ma ogni gesto
(anche la tua piccola mano
che cerca la mia)
dà forma alla nostra anima.

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15 dicembre 2000
TU MUTO FRA I MUTI
(le parole ultime di Gesù)

“Appese per i polsi e i talloni,
sommerse dal male,
membra scomposte e orrende
che il mondo irride,
sono queste il mio corpo?
“L’umore mortale che intride
il legno della croce
e a terra nero si rapprende,
è questo il mio sangue?
“Il disperato lamento
di quest’uomo che langue
è la mia voce?

Non la conosco, la sento
come di lingua aliena.
“E tu, muto fra i muti,
se non mi aiuti adesso,
se lasci che io muoia solo,
se da questo scempio distogli il volto,
che Padre sei?
Di che dolore hai pena?
Hai paura del boia?
O forse
preferisci il profumo dell’incenso
nella quiete del tempio?”

 

Tremava l’uomo crocefisso.
Ha tremato anche il suolo
e si è torto,
quasi a scostare il velo
nero della notte.

 

Allora il mondo intero
è parso dividere lo strazio
e stringersi in quel luogo
quasi a volere anch’esso
inchiodarsi a quel legno.

 

È parso in quel punto
unirsi  ogni spazio
e fermarsi il tempo,
sicché non c’era più prima né dopo;
né dolore o rimpianto,
né vita destinata a poi finire.
Era come se in tutto ardesse un fuoco
che dava lume al cielo.

 

È un nuovo giorno.
Il carpentiere che ha smontato la croce
ora ne vende i pezzi al falegname
che ne farà carro o aratro.
Il sole splende di nuovo
alto sopra la terra.

[3]Questa poesia nasce dalla consapevolezza dell’atrocità del supplizio della croce, che fin da piccolo mi era stata fatta capire da mio padre. È il motivo per cui lui rifiutava l’abuso dell’immagine del crocefisso affissa ovunque, vedeva con disagio il crocefisso stilizzato o edulcorato che così diffusamente compare come segno di devozione, facendo così perdere la percezione del fatto che si tratta dell’immagine di un orrendo strumento di morte accompagnata da sofferenza inimmaginabile. Ed è il motivo per cui, invece, lui amava il dipinto drammatico della crocefissione di Fiorenzo Tomea, che Costanza e io abbiamo ereditato e, nel 2000, posto nella nostra stanza da letto.

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15 dicembre 2001

C’è il tempo che toglie
come d’autunno
agli alberi le foglie;

e c’è il tempo che dona
– come a noi, cara moglie –
ogni anno
ogni luna.

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15 dicembre 2003

Per il nostro trentesimo anniversario di nozze regalai a Costanza l’incisione di Gigi Pedroli riprodotta qui a fianco, corredata dal sonetto che segue.

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In due in bicicletta – Acquaforte di Gigi Pedroli

UNA LUNGA GITA

Credevi che foss’io a portarti in canna
ma a far la rotta della nostra vita.
sei stata sempre tu, mia moglie amata
e a fare bella la nostra capanna.

Sono trent’anni e ancor mi sembra ieri
che intraprendemmo questa nostra gita.
Fosse la strada liscia o dissestata,
per vie maestre o per stretti sentieri,

sei tu che sempre hai mosso quella ruota,
col ritmo giusto e contro la mia fretta,
avendo chiaro qual era la meta.

Tieni ancora il manubrio, o mia diletta:
sarò con te, in discesa e in salita,
dovunque andrà la nostra bicicletta.

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15 dicembre 2005

NATALE

Nulla è perduto e vano,
osceno disperdersi di senso
al volgere dell’ora.
Ciò che fummo oggi siamo
e altro ancora.
Sento
che in te son stato e sono
e in me sei stata e sei
(il bimbo nato
tra le bestie per terra,
cresciuto per amare e soffrire
non è fumo di vento)
e di noi non morrà la miglior parte.

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15 dicembre 2006

Il tuo viso al mattino
mi rende la vita.

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15 dicembre 2009

Trentasei anni,
una vita.
E non s’è perso un giorno,
una gioia, un dolore,
un cammino, una sosta,
un peccato, un perdono.
È finita l’ora che scorre,
ma non è scorsa invano.

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[5]

Con il nipotino di pochi mesi

15 dicembre 2010

Pietro David, figlio di Giulia, aveva un anno e mezzo e incominciava a chiamare per nome la Nonna Costanza

Avvento:
mistero improvviso di riccioli biondi,
di sillabe incerte
che accennano a temi profondi,
di teneri abbracci,
di sguardi e sorrisi,
che uniscono i mondi fra loro:
presente, passato e futuro.
Mistero di vita terrena
che gemma da te, ma è plasmata
da mano divina.
Ti guarda con occhi rotondi
e ti chiama: “Ch’tata!”

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15 dicembre 2012

INVECCHIARE INSIEME

Ogni giorno un po’ meno,
ogni giorno un po’ più
di un mistero,
di un dono
io ricevo,
che tu
condividi.

Gli anni scorsi correvo
per mille e uno lidi
tra mille e una prove;
ora vado più piano,
ma ho sempre te
a me vicino,
cui dare la mano.

Sembra tutto sia vano.
Ma il passato è presente,
e presente è il futuro.
Dei nostri trentanove
tutto resta, tutto è vero.
E lo saranno i prossimi; sicuro.
Ti par niente?

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15 dicembre 2013

QUARANTA ANNI

Non dir: “corremmo il mondo”
col tempo del passato,
di ciò che fu; ed è perso.

Ci appartiene,
né ci verrà tolto,
ogni giorno vissuto:
delle quaranta nostre primavere
di speranza e di attesa,
delle quaranta estati
dai profumi inebrianti
e di autunni altrettanti
di resistenza e resa.
È nostro ognuno dei quaranta inverni
in cui ci siamo l’un l’altro scaldati.
È nostro anche il freddo patito.

È nostro,
né ci verrà tolto,
ogni passo compiuto,
le colpe, le preghiere,
il bene, il male, i pensieri,
le santità segrete,
e gli oscuri peccati,
paradiso e inferno
di oggi come d’ieri.

È poco o tanto? È un “molto”
che ci unisce in eterno.

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15 dicembre 2014

IL SENSO VERO DELLA NOSTRA ORA

Piange il bambino, nella notte scura.
Ma quando all’alba il cielo trascolora
sereno si addormenta
perché la luce scaccia la paura.

Accade a noi talora
lo stesso scoramento
quando il vuoto ci opprime, ci addolora,
e alla vita futura
pensare ci tormenta.
Ma quando viene il tempo dell’Avvento
e il solstizio che annuncia luce ancora,
e il nostro giorno, e poi la primavera,
tutto questo rammenta
e ci fa chiaro
il senso vero della nostra ora.

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15 dicembre 2015

Nel 2014 la paralisi progressiva di Costanza aveva incominciato a manifestarsi in modo più grave, con numerose cadute, che le avevano causato la frattura di un femore per ben tre volte nell’arco di nove mesi.

Nel nostro quarantesimo secondo
tre volte i segugi
di un fato malvagio
nei tuoi fianchi affondarono i denti.

E tre volte, richiuse
le ferite, al tuo mondo
tornasti, alle tue cose.
Ora, che torni il sorriso domando.

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15 dicembre 2016

Che la via si apra davanti ai tuoi passi,
il vento ti avvolga le spalle,
il sole carezzi il tuo volto,
e fino alla fine del cammino
Dio ti custodisca nelle sue mani.

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15 dicembre 2017

Cara, forte, Costanza,
cui remore strane
impacciano gli arti
– ma il cuore tiene i fantasmi a distanza –

nella fragilità, con sorpresa scopriamo
che più di prima ci vogliamo bene
e quanto è bello tenersi per mano.
Di quei fantasmi non siamo più forti.

È fragile la gioia,
fragile la speranza,
ma paiono perciò più vere entrambe.

Potranno far le bizze le tue gambe,
ma altra è la nostra danza
e sappiam oche non ci verrà a noia.

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15 dicembre 2018

Fin dall’autunno 2017 Costanza aveva incominciato a non poter più camminare senza un appoggio e a dover girare sulla carrozzella. Nella primavera del 2018 era cessato il mio impegno parlamentare e io avevo incominciato a dedicarmi all’assistenza di cui lei aveva bisogno, e in particolare a quella notturna, della quale mi ero assunto l’impegno continuativo e senza sostituzioni. Per il 45° anniversario del nostro matrimonio le regalai un anello, che Costanza avrebbe poi portato al dito ogni giorno.

PER IL 45° DELLE NOSTRE NOZZE

C’è questo di buono nel male
che ti ha colpito:
che nuovo amore ne è nato.

E anche in questo Avvento di Natale
del mio amor rinnovato
voglio un segno al tuo dito.

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