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I DIFETTI DI IMPIANTO DEL LAVORO AGILE NEL SETTORE PUBBLICO

Con lo smart-working così concepito e così attuato abbiamo creato un mostro, dietro al quale molti dipendenti pubblici si sono nascosti per non far quasi nulla


Lettera di Antonella Ghezzi, dipendente comunale, pubblicata sul quotidiano
il Giorno il 1° luglio 2020, a seguito della polemica innescata dalle mie prese di posizione [1] sul tema del letargo delle amministrazioni pubbliche
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Antonella Ghezzi

Sono una dipendente pubblica che da 37 anni lavora in un Comune della Brianza. Ho seguito il dibattito tra il Ministro della Pubblica Amministrazione Dadone e il professor Pietro Ichino in merito al cosiddetto “lavoro agile” e non ce l’ho fatta a restare in silenzio.

Con lo smart-working così concepito e così attuato abbiamo creato un mostro: un mostro dietro al quale molti dipendenti pubblici si sono nascosti per non far quasi nulla.

È brutto da dire ma è così. Il “lavoro agile” nella P.A. è già previsto nel contratto della Pubblica Amminiztrazione, ma di fatto non è mai stato attuato perché, oltre a delle pessime strutture informatiche in dotazione nella maggior parte dei Comuni, manca una chiara regolamentazione e gestione del sistema. In questo periodo di emergenza è stato attuato da molti senza regole chiare, lasciato alla “buona volontà e onestà” del singolo lavoratore.  Sta di fatto che chi già prima sul posto di lavoro lavorava, diciamo così, “con calma”, ha trovato nello smart-working un forte alleato per fare il meno possibile.

Ovviamente sono tanti, tantissimi i dipendenti che conosco che l’hanno attuato e che hanno lavorato da casa correttamente, ma ora occorre rimettere in moto il più rapidamente possibile il sistema pubblico, dai Comuni alle Biblioteche Comunali e tutti gli Enti Pubblici in genere.

È impensabile gestire le opere pubbliche, le pratiche edilizie, o dare risposte concrete ed efficaci ai cittadini lavorando in smart-working. Se aggiungiamo poi alla chiusura completa degli uffici pubblici, la deleteria norma contenuta nel decreto Cura Italia, che recita testualmente “i termini dei procedimenti amministrativi non ancora conclusi alla data del 23/02/20, o iniziati successivamente a tale data, avviati su istanza dei cittadini o d’ufficio, sono sospesi per il periodo compreso tra la medesima data e il 15/05/20”, il blocco è totale.

A questa norma infatti si sono aggrappati la maggior parte dei dipendenti pubblici, bloccando di fatto l’intero sistema operativo che ruota attorno alla Pubblica Amministrazione. Lavorare in smart-working vuol dire essere operativi, e se si sta lavorando non possono essere bloccati i termini per le procedure amministrative.

Una persona o lavora (in presenza o in smart-working) o non lavora: allora è in ferie. Da cittadina italiana, ancora prima che dipendente pubblica, do ragione a Pietro Ichino.

Registro tutti i giorni i notevoli disagi che i cittadini, gli operatori del settore dell’edilizia (l’ufficio dove io lavoro), e i professionisti con i quali mi confronto, vivono per la mancanza di risposte da parte dei dipendenti pubblici.

È come se fluttuassero in una sorta di limbo dove non si sa quando, come e soprattutto cosa può capitare ad una pratica edilizia presentata al Comune, alla Soprintendenza, al Parco.

Vorrei concludere questa mia lettera con una riflessione: il Premier Conte ha organizzato i famosi “stati generali” per far ripartire il Paese. Difficile credere in quello che dice se ancora oggi, dopo 4 mesi, non riesce a far ripartire a pieno regime la sua Azienda, cioè la Pubblica Amministrazione Italiana.

Antonella Ghezzi

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