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SEPARARE GLI OVER-50 DAI PIÙ GIOVANI È POSSIBILE (ED È MEGLIO DEL LOCKDOWN TOTALE)

Non si tratterebbe di una discriminazione (vietata), perché la segregazione è motivata da un tasso di letalità del Covid-19 pressoché nullo (solo) per chi ha meno di 50 anni

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Secondo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 531, 2 novembre 2020 – In argomento v. anche l’articolo di Carlo Favero, Andrea Ichino e Aldo Rustichini, Perché così tanti morti da Covid-19 in Lombardia? [1], e il mio editoriale telegrafico del 1° aprile 2020, nel quale difendevo la legittimità di una misura protettiva che distinguesse nettamente le classi di età più anziane dalle più giovani: Il dovere sacro di difendere la Patria, nell’era del coronavirus [2] .
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Come si ridurrebbe la letalità del Covid se si tenessero le fasce d’età maggiori, fino a quella over-50, separate da quelle più giovani (fonte: Ispi)

Un gruppo di economisti propone un’idea interessante [4] per far fronte alla pandemia senza uccidere l’economia: poiché il Covid-19 è letale solo per gli over-50, la proposta è di separare il più possibile gli appartenenti a questa classe di età dagli altri, favorendone il lavoro da remoto, e istituendo spazi pubblici e sui mezzi di trasporto a loro riservati, consentendo invece ai più giovani di continuare ad andare in azienda o a scuola normalmente. A questa idea vengono opposte due obiezioni: a) la difficoltà di separare gli anziani dai loro familiari nei luoghi di abitazione, b) il divieto di discriminazione per età, sancito da una direttiva europea del 2000. Alla prima obiezione, molto seria, si può almeno in parte rispondere offrendo alloggio temporaneo a spese dello Stato negli alberghi attualmente vuoti sia ai giovani, sia – separatamente e con l’aggiunta di servizi di accudienza – agli anziani che ne abbiano necessità: si fa quel che si può, sapendo che una separazione totale non sarà possibile. L’obiezione riferita al divieto di discriminazione, invece, non sta proprio in piedi. Chiunque si occupi di legislazione antidiscriminatoria sa bene che sia il diritto europeo sia la nostra legge nazionale prevedono numerose differenziazioni di trattamento basate sull’età: non si può essere assunti come apprendisti se si hanno più di 29 anni, solo chi ha una certa età può avere la pensione di vecchiaia, chi ha questo diritto può essere licenziato, in molte città si gira gratis sui mezzi pubblici se si hanno almeno 60 o 65 anni, c’è un’età minima per essere eletti Capo dello Stato o senatori, o per essere genitori adottivi, e così via. Insomma, una diversità di trattamento riferita all’età è sempre ammessa, se essa non è mirata a privilegiare irragionevolmente i più vecchi o i più giovani, ma si fonda su esigenze serie di protezione degli uni o degli altri. E quale esigenza può essere considerata più seria di quella basata sulle statistiche, secondo le quali il Covid-19 uccide solo oltre i 50 anni e non prima?

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