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LA PROCURA E IL LAVORO DEI RIDER

I media hanno trasformato in una sentenza definitiva quello che è solo un comunicato-stampa del capo dell’Ufficio giudiziario, riferito a un’indagine sulla situazione del lavoro nel settore precedente all’ottobre 2020 – Le questioni che invece restano aperte e meritano una discussione pacata (non suscettibile di svolgersi in piazza)

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Scheda tecnica relativa al contenuto del Comunicato Stampa della Procura della Repubblica di Milano del 24 febbraio 2021 – In argomento v. anche il mio articolo pubblicato su
Il Foglio il 23 novembre 2020, Il contratto dei rider e l’arrampicata del ministero sugli specchi [1], e quello pubblicato su lavoce.info il 21 settembre 2020,  Contratto rider: è davvero pirata? [2]  .
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[3]24 febbraio 2021, h. 15 – I siti web dei giornali sparano la notizia secondo cui “la Procura della Repubblica di Milano impone l’assunzione di 60.000 riders”. Subito si scatena su Twitter e Facebook un diluvio di commenti entusiastici, non controbilanciati dai pochi che si interrogano su come una Procura della Repubblica possa imporre delle assunzioni. Vado a vedere che cosa effettivamente sia accaduto e scopro quanto segue:

[5]Comunicato e verbali, dunque, hanno per oggetto una situazione pregressa, non quella attuale; e, soprattutto, non affrontano la questione che, in materia di lavoro dei rider, è cruciale oggi: se, cioè, il contratto Assodelivery/UGL-Rider 16 settembre 2020 [4] applicato dall’ottobre successivo nella maggior parte delle imprese interessate sia valido ed efficace.

Quel contratto, in estrema sintesi, qualifica anch’esso i rapporti in questione come di collaborazione continuativa. E utilizza una possibilità offerta dallo stesso articolo 2 del d.lgs. n. 81/2015 per sostituire la disciplina generale del lavoro subordinato con una disciplina speciale costituita da uno standard minimo orario di 10 euro, la stessa normativa di tutela della salute e sicurezza, di cui gli ispettori hanno rilevato la violazione nel periodo precedente, il diritto di controllo sull’algoritmo che governa la piattaforma con cui il lavoro è organizzato, e alcune norme poste a tutela della libertà sindacale. Tutto questo è, ovviamente, discutibilissimo; ma non è materia dell’indagine cui si riferisce il comunicato della Procura milanese.

Colpisce, comunque, che nel nostro Paese l’opinione pubblica – almeno quella espressa da Twitter e Facebook – per il futuro del lavoro in questo settore (comprendendosi in questa espressione sia la sicurezza e la dignità delle persone, sia il livello dei loro trattamenti eocnomici, sia il livello occupazionale) si attenda molto di più dall’attività della Procura della Repubblica che dall’evoluzione della contrattazione collettiva su questa materia [6]. Non è un bel segnale circa lo stato di salute e l’autorevolezza del sistema delle relazioni industriali.

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