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LAVORO: SU CHE COSA VOTIAMO L’8 GIUGNO

Sembra che i promotori di questi referendum non si siano resi conto degli esiti contraddittori e, per almeno due aspetti, gravemente irragionevoli di un ipotetico successo del “sì” – Non ho dubbi, invece, circa il voto favorevole sul quesito in tema di cittadinanza

 

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Articolo pubblicato sul sito del
Corriere della Sera il 15 maggio 2025 – In argomento v. su questo sito la scheda tecnica sui contenuti dei quesiti referendari [1] in materia giuslavoristica

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L’informazione sul contenuto dei quattro quesiti referendari in materia di lavoro è generalmente molto imprecisa, quando non decisamente falsa: circolano infatti anche molte fake news a questo proposito.  Propongo dunque qui una scheda tecnica il più possibile, sintetica e chiara, accessibile anche ai “non addetti”.  Esposti in modo obiettivo e asettico i contenuti principali, dirò alla fine anche i motivi del mio orientamento contrario su tutti e quattro i quesiti.


Disciplina generale dei licenziamenti
(scheda verde)

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Oggi
– Ai rapporti di lavoro costituiti prima del 7 marzo 2015, circa un quarto del totale, si applica la legge Fornero (n. 92/2012); per quelli costituiti dal 7 marzo 2015 in poi si applica il decreto legislativo n. 23/2015: uno degli otto decreti attuativi del Jobs Act.

Effetti del referendum – Se prevalgono i “sì” viene integralmente abrogato il d.lgs n. 23/2015, col risultato che torna ad applicarsi a tutti la legge Fornero del 2012.

Differenze e coincidenze tra la legge Fornero 2012 e il d.lgs. n. 23/2015

  1. licenziamenti per motivo illecito (discriminazione, rappresaglia, ecc.), oppure per un motivo del tutto inesistente: entrambe le leggi prevedono la reintegrazione nel posto di lavoro;
  2. licenziamenti per motivo ritenuto insufficiente dal giudice: entrambe le leggi prevedono un indennizzo; ma per la legge Fornero esso va da un minimo di 12 a un massimo di 24 mensilità, mentre per il d.lgs. n. 23/2015 va da un minimo di 6 a un massimo di 36 mensilità;
  3. licenziamenti collettivi nei quali siano applicati dei criteri di scelta ritenuti dal giudice scorretti: per la legge Fornero si applica la reintegrazione, per il d.lgs. n. 23/2015 l’indennizzo da un minimo di 6 a un massimo di 36 mensilità.

 

Disciplina dei licenziamenti nelle imprese minori, fino a 15 dipendenti (scheda arancione)

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Oggi –
La legge n. 604/1966, come modificata dalla n. 108/1990, prevede, nel caso di licenziamento ritenuto dal giudice non sufficientemente motivato, un indennizzo da un minimo di 2,5 a un massimo di 6 mensilità.

Effetti del referendum – Se prevalgono i “sì” viene abolito il limite massimo: l’impresa può dunque essere condannata a un indennizzo deciso dal giudice senza alcun limite.

 

Disciplina dei contratti a termine (scheda grigia)

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Oggi –
Il d.lgs. n. 81/2015 (un altro dei decreti legislativi attuativi del Jobs Act) consente di assumere a tempo determinato, entro il termine massimo di durata del rapporto di 12 mesi, senza indicare un motivo per l’apposizione del termine (cioè senza la cosiddetta “causale”).

Effetti del referendum – Se prevalgono i “sì” sarà sempre imposta l’indicazione della “causale”, con conseguente possibilità per la persona interessata di impugnare davanti al giudice l’apposizione del termine, sostenendo l’insufficienza o insussistenza del motivo addotto.

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Corresponsabilità solidale tra impresa committente e appaltatrice (scheda rossa)

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Oggi –
A norma dell’art. 26 del d.lgs. n. 81/2008, in tutti i casi di appalto di opere o servizi che si collochino nell’ambito dell’attività svolta dall’impresa committente, quest’ultima è corresponsabile in solido con l’appaltatrice o subappaltatrice per gli infortuni accaduti ai dipendenti di quest’ultima, salvo che l’attività dell’appaltatrice sia totalmente estranea a quella dell’impresa committente, generando quindi rischi specifici sui quali quest’ultima non ha competenza tecnica.

Effetti del referendum – Se prevalgono i “sì” viene abrogata questa eccezione: si applica, cioè, la corresponsabilità solidale della committente anche nel caso in cui l’infortunio accaduto al dipendente dell’appaltatrice sia conseguenza di un rischio specificamente proprio dell’attività di questa, estraneo all’attività della committente.

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Che cosa farò l’8 giugno

Sul primo quesito e sull’ultimo ci sono a mio avviso dei buoni motivi per rifiutare la scheda. Quanto al primo, perché è ambiguo: per un aspetto non cambia nulla, per un altro riduce la protezione, per un altro ancora la aumenta, ma al di fuori di un disegno serio di razionalizzazione della materia. Quanto all’ultimo, a mio avviso avrebbe dovuto essere la Corte costituzionale stessa a bloccare il quesito, per la conseguenza irragionevole a cui esso mira: rendere responsabile l’impresa committente in relazione a un rischio sul quale essa non ha alcuna competenza tecnica; non è con norme demagogiche come questa che si difende la sicurezza del lavoro, ma semmai con un rafforzamento dell’ispettorato [2].

Quanto al secondo quesito, mi chiedo e chiedo ai promotori di questi referendum: che senso ha prevedere che le imprese di minime dimensioni possano essere condannate a indennizzi senza limiti (cosa, comunque, a mio avviso irragionevole), nello stesso momento in cui, con il primo quesito si riduce il limite massimo dell’indennizzo, per le imprese maggiori, da 36 a 24 mensilità?

Infine, sul terzo quesito il mio orientamento negativo nasce dall’esperienza pratica: quale che sia il motivo indicato nel contratto a sostegno dell’apposizione del termine, è difficilissimo prevedere se esso supererà l’eventuale verifica giudiziale oppure no. E questa incertezza non giova né ai prestatori né ai datori di lavoro. I modi corretti per limitare questi contratti sono quelli già in vigore, e nel complesso funzionano bene: da quando l’obbligo della “causale”, cioè il limite di natura qualitativa, è stato sostituito con i limiti cosiddetti “quantitativi”, il contenzioso giudiziale si è molto ridotto, e la quota di lavoratori a termine sul totale degli occupati non è affatto aumentata, anzi, semmai è leggermente diminuita. La reintroduzione dell’obbligo della “causale” può giovare a una sola categoria: quella degli avvocati.

Detto questo, non ho invece alcun dubbio circa il voto positivo che darò sul quinto quesito: quello sul requisito per l’acquisizione del diritto di cittadinanza da parte degli immigrati.