REFERENDUM SUL LAVORO: COME VOTERÒ L’8 GIUGNO E PERCHÉ

L’esito di un ipotetico successo del “sì” sui quattro quesiti in materia di lavoro porterebbe un effetto paradossale sul licenziamento nelle imprese medio-grandi e risultati assai irragionevoli nel campo delle piccole imprese e degli appalti

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Scheda tecnica sul contenuto dei quattro quesiti in materia di lavoro, sui quali saremo chiamati a votare l’8 giugno prossimo – In argomento v. anche la mia intervista
Ma la Cgil sa che cosa accadrebbe se vincessero i sì?  – Non dedico spazio al quinto quesito referendario, ovvero quello in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana agli immigrati, dando per scontato che la scelta giusta su questo punto sia quella del “sì”

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1. Disciplina dei licenziamenti per gli assunti dopo il 7 marzo 2015 (d.lgs. n. 23/2015)

Il quesito referendario è se vogliamo o no abrogare, tra gli otto decreti attuativi del Jobs Act, quello che disciplina la materia dei licenziamenti per i rapporti di lavoro costituiti dal 7 marzo 2015 in poi.

Per i rapporti di lavoro costituiti prima si applica la Legge Fornero (l. n. 98/2012); se nel referendum prevalesse il “SÌ”, la legge Fornero tornerebbe ad applicarsi a tutti i rapporti di lavoro, sia precedenti sia successivi al 7 marzo 2015. Per i rapporti costituiti prima di quella data, dunque, non cambierebbe nulla. Per quelli costituiti da quella data in poi, le differenze più rilevanti sarebbero le seguenti:

– nel caso di licenziamento intimato per un motivo ritenuto dal giudice insufficiente, si tornerebbe a un indennizzo di entità compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità (il d.lgs. n. 23/2015 prevede invece un indennizzo tra un minimo di 6 e un massimo di 36 mensilità); nel complesso non sarebbe un miglioramento per i lavoratori interessati, semmai forse un peggioramento;

– nel caso di licenziamento collettivo, nel quale il datore di lavoro abbia applicato criteri di scelta che il giudice disapprova, il lavoratore interessato sarebbe reintegrato nel posto di lavoro (il d.lgs. n. 23/2015 prevede invece anche in questo caso un indennizzo fino a un massimo di 36 mensilità, che può essere una protezione persino più appetibile rispetto alla reintegrazione nell’impresa in crisi).

Sia in riferimento al licenziamento individuale, sia in riferimento a quello collettivo, io ritengo più appropriata la nuova disciplina contenuta nel d.lgs. n. 23/2015, perché mantiene attivo il processo di armonizzazione progressiva dell’ordinamento italiano rispetto a quello degli altri ordinamenti dei Paesi-membri della UE: ogni anno che passa il numero di rapporti coperti dalla legge Fornero (a oggi circa un quinto del totale)  si riduce, fino a sparire, mentre aumenta quello dei rapporti coperti dal Jobs Act, che riduce (di poco) l’area della reintegrazione, ma dà una protezione indennitaria complessivamente più robusta.
N.B. L’armonizzazione del nostro ordinamento del lavoro rispetto al resto della UE è molto importante per rendere l’Italia più attrattiva per gli investimenti esteri, che sono indispensabili per aumentare la produttività media del lavoro degli italiani, quindi i livelli retributivi, e per rafforzare il potere contrattuale delle persone nel mercato del lavoro (l’Italia oggi è tra i Paesi dell’UE meno capaci di attrarre investimenti stranieri).

Per questo motivo – a mio avviso – la scelta migliore in questo referendum è il “NO” o il rifiuto della scheda elettorale.

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2. Disciplina dei licenziamenti per i dipendenti delle imprese minori (l. n. 108/1990)
Il quesito referendario è se vogliamo o no modificare la norma contenuta nella legge n. 108/1990 che prevede, nel caso di licenziamento di dipendente di impresa con meno di 16 dipendenti ritenuto dal giudice non sufficientemente motivato, un indennizzo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione. Se nel referendum prevalesse il “SÌ”, verrebbe soppresso il limite massimo di 6 mensilità: il giudice potrebbe dunque condannare l’impresa a un indennizzo persino superiore a limite vigente per le imprese maggiori.

Certo, la disciplina vigente del licenziamento nelle imprese di minime dimensioni andrebbe corretta – come recentemente sottolineato anche dalla Corte costituzionale – nel senso di modulare il limite massimo dell’indennizzo anche in relazione alle dimensioni del bilancio dell’impresa (dimensioni che possono non corrispondere al numero dei dipendenti). Ma il “colpo d’accetta” del referendum porterebbe a una correzione del tutto irragionevole: verremmo infatti ad avere la possibilità di condanna delle imprese più piccole a indennità persino superiori – senza alcun limite! – rispetto al limite massimo vigente per i licenziamenti nelle imprese maggiori (24 mensilità dove si applica la Legge Fornero del 2012, 36 mensilità dove si applica il d.lgs. n. 23/2015: v. sopra).

Per questo motivo – a mio avviso – la scelta migliore anche in questo referendum è il “NO” o il rifiuto della scheda elettorale.

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3. Disciplina dei contratti a termine (d.lgs. n. 81/2015)
Il quesito referendario è se vogliamo o no modificare la disciplina dei contratti a termine contenuta nel d.lgs. n. 81/2015 (un altro dei decreti legislativi attuativi del Jobs Act), nel senso di imporre l’obbligo per il datore di lavoro di indicare nel contratto il motivo (“causale”) di apposizione del termine anche per la prima assunzione, quando il contratto ha durata pari o inferiore a un anno.
Il mio orientamento, su questo punto, è negativo perché
– per un verso, la scelta compiuta con il Jobs Act è volta ad armonizzare la nostra disciplina della materia (non solo, come è ovvio, ai vincoli posti in proposito dal diritto europeo, ma anche) rispetto alla disciplina in vigore nella generalità degli altri Stati-membri della UE: l’introduzione dell’obbligo di causale anche per i primi 12 mesi determinerebbe il ritorno a un disallineamento del nostro Paese;

– per altro verso, il contratto a termine è oggi, in tutta la UE, la forma normale di inserimento nel tessuto produttivo (anche perché la ridotta durata del periodo di prova consentito dai contratti collettivi non consente la necessaria sperimentazione delle capacità professionali della persona neo-assunta); imporre la “causale” anche per i primi 12 mesi di contratto a termine obbligherebbe le imprese a esplicitare il suddetto motivo, con conseguente  ritorno a un contenzioso giudiziale sovradimensionato (v. la tabella qui sopra a destra), dal quale trarrebbe beneficio solo il ceto forense;

– sul totale di rapporti di lavoro dipendente nel nostro Paese la percentuale dei contratti a termine si aggira intorno al 15 per cento, perfettamente in linea con la media UE; l’allarme lanciato in proposito dalla Cgil si fonda sulla confusione tra il dato “di stock” (15% appunto) e il dato “di flusso”, cioè la percentuale dei contratti a termine sui nuovi contratti che vengono via via stipulati (oltre la metà): il fatto che il dato di stock resti fermo a circa un sesto del totale è la prova che i contratti a termine vengono generalmente utilizzati come contratto di inserimento, ma nella maggior parte dei casi si trasformano poi in contratti a tempo indeterminato.

Per questi motivi – a mio avviso – la scelta migliore anche in questo referendum è il “NO” o il rifiuto della scheda elettorale.

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4. La corresponsabilità solidale di committente e appaltatore per la sicurezza del lavoro (d.lgs. n. 81/2008, art. 26, comma 4)
Il quesito referendario è se vogliamo o no che la regola generale per cui committente e appaltatore sono corresponsabili in solido per il pagamento delle retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore e dei relativi contributi previdenziali (regola pacificamente in vigore senza eccezioni), nonché per il risarcimento dei danni da infortunio degli stessi dipendenti quando l’appalto si svolga dentro il perimetro dell’azienda del committente (regola posta dal comma 4 dell’art. 26 del d.lgs. n. 81/2008), si estenda anche alla responsabilità per gli eventuali danni da infortunio nel caso in cui l’attività dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice presenti dei rischi specifici, diversi da quelli inerenti all’attività dell’impresa del committente. La norma che i promotori del referendum propongono di abrogare è dunque quella in virtù della quale la corresponsabilità solidale del committente non si applica “ai danni [che siano] conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”.

Già oggi, dunque, in tutti i casi di appalto di opere o servizi che si collochino nell’ambito dell’attività svolta dall’impresa committente, quest’ultima è corresponsabile in solido con l’appaltatrice o subappaltatrice per gli infortuni accaduti ai dipendenti di quest’ultima. La norma che il referendum intende abrogare è solo quella che – molto ragionevolmente – prevede un’eccezione nel caso in cui l’attività dell’appaltatrice sia totalmente estranea a quella dell’impresa committente. Per chiarire il senso di questa norma, consideriamo il caso di un’impresa qualsiasi, anche di piccole dimensioni (15-20 dipendenti) di natura commerciale, che affidi in appalto un lavoro al proprio interno a un’impresa del settore edile, anche di grandi dimensioni, specializzata nella posa di impianti elettrici, o idraulici, oppure nella manutenzione di tetti e rivestimenti esterni. Nell’ipotesi in cui l’elettricista, o il muratore, o l’idraulico dipendente dell’impresa appaltatrice subisca un infortunio che possa considerarsi rientrante nel rischio specifico proprio dell’attività dell’impresa stessa (dunque estraneo al rischio proprio dell’attività della committente), oggi la norma oggetto del referendum esclude la responsabilità dell’impresa committente. Se la norma in questione venisse abrogata, l’impresa committente sarebbe corresponsabile del danno subito dal dipendente dell’appaltatrice, anche in conseguenza di un rischio sul quale la committente stessa non ha alcuna competenza.

A me sembra che, nel caso descritto, imporre alla committente una corresponsabilità solidale per un rischio estraneo alla sua attività normale sia del tutto irragionevole: sono, anzi, stupito che la Corte costituzionale abbia ammesso questa iniziativa referendaria, dal momento che il risultato dell’ipotetico prevalere del “sì” all’abrogazione presenterebbe evidenti profili di irragionevolezza.

Per questo motivo – a mio avviso – la scelta migliore anche in questo referendum è il “NO” o il rifiuto della scheda elettorale.

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Appendice – Riporto qui sotto il testo dell’articolo 26 del d.lgs. n. 81/2008, con l’evidenziazione in rosso delle parole che il referendum si propone di abrogare e in verde della regola che a quel punto si applicherebbe senza più l’esclusione oggi ragionevolmente prevista.

D.lgs. n. 81/2008 – Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo: (1)
a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all’articolo 6, comma 8, lettera g), l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;
2) acquisizione dell’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale, ai sensi dell’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445; (2)
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:
a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, tale documento è redatto, ai fini dell’affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto. (3)

3-bis. Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l’obbligo di cui al comma 3 non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è superiore a cinque uomini-giorno, sempre che essi non comportino rischi derivanti dal rischio di incendio di livello elevato, ai sensi del decreto del Ministro dell’interno 10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 64 alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, o dallo svolgimento di attività in ambienti confinati, di cui al regolamento di cui al d.P.R. 14 settembre 2011, n. 177, o dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’allegato XI (80) del presente decreto. Ai fini del presente comma, per uomini-giorno si intende l’entità presunta dei lavori, servizi e forniture rappresentata dalla somma delle giornate di lavoro necessarie all’effettuazione dei lavori, servizi o forniture considerata con riferimento all’arco temporale di un anno dall’inizio dei lavori.(comma così sostituito dall’art. 32, comma 1, lettera a), legge n. 98 del 2013)
3-ter. Nei casi in cui il contratto sia affidato dai soggetti di cui all’ articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall’esecuzione del contratto. Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell’inizio dell’esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l’appalto; l’integrazione, sottoscritta per accettazione dall’esecutore, integra gli atti contrattuali. (4)

4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I costi di cui al primo periodo non sono soggetti a ribasso. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. (5)

6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. (6)

7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall’articolo 8, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.

8. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

Note
(1) Nel presente provvedimento le parole «Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «Ministero della salute» sono state sostituite dalle parole «Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali», e le parole «Ministro del lavoro e della previdenza sociale» e «Ministro della salute» sono state sostituite dalle parole «Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali», ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
(2) Alinea così modificato dall’art. 16, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
(3) Lettera così modificata dall’art. 16, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
(4) Comma così modificato dall’art. 16, comma 2, lett. a) e b), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
(5) Comma inserito dall’art. 16, comma 3, D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
(6) Comma così modificato dall’art. 16, comma 4, D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.

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