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APPRENDISTATO DEL REBUS – 9. I BISENSI DI PAOLINO

Dopo quella dedicata al Briga e alla Brighella, questa puntata del corso è dedicata a un’altra figura di grande rebussista: Paolo Ogheri, cui sono dovuti alcuni dei rebus più belli pubblicati in Italia dagli anni Cinquanta in poi – Due di questi offrono lo spunto per una scheda didattica, mentre degli altri viene proposta una piccola antologia

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Nona lezione, 6 dicembre 2021 – Sono disponibili su questo sito le prime sei precedenti, raccolte ne I nuovi rebus spiegati [1]; inoltre, in post separati, la settima [2] e l’
ottava [3] – V. anche una nota biografica [4] redatta in collaborazione con i figli di Paolo Ogheri, il ricordo che di lui fece all’indomani della scomparsa Belfagor [5] (Filippo De Vecchi) sul numero di Labirinto del febbraio 1971 e una piccola antologia dei suoi rebus [6].
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Paolo Ogheri, in arte Paolino

Dopo il nostro appuntamento quindicinale della volta scorsa, dedicato al Briga e alla Brighella [3], quello di oggi è dedicato a un altro rebussista, grande loro amico, che ha dato un contributo di primo piano alla crescita della cultura italiana del rebus: Paolo Ogheri, in arte Paolino.

Se dedico a lui questa puntata non è soltanto per avere lui riproposto sulla Settimana Enigmistica nel 1968 in una veste molto migliore di quella originaria il rebus meraviglioso dal quale ho tratto il titolo e la copertina del mio libro L’ora desiata vola [8] (rebus che era già uscito un quarto di secolo prima [9], disegnato in modo molto rudimentale dal suo ideatore Giovanni Petrucci, Nano Puccio). Al di là di questo rebus fortunato, Paolino è stato l’autore di alcuni tra quelli più belli [6] pubblicati in Italia dagli anni ’50 in poi; e quest’anno cadono il centenario della sua nascita, avvenuta nel 1921 a Valeggio sul Mincio, e il cinquantennale della morte, che lo ha colto prematuramente nel 1971 sempre a Valeggio, dove tutta la sua vita si è svolta e dove ogni anno alla fine delle vacanze estive i due sopra citati grandi “genitori” della rebussistica italiana, Briga e la Brighella, si recavano per passare qualche ora insieme a lui e alla sua famiglia, di ritorno dalle amate Dolomiti.

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Il rebus di Paolino cui è dedicato il nostro incontro di oggi è di quelli qualificati come “stereoscopici”, ovvero costituiti da una sequenza di due o più immagini che – quasi fossero fotogrammi di un film – illustrano lo sviluppo di un’azione. La chiave principale per la soluzione è dunque costituita dall’azione stessa, che in prima lettura è rappresentata per lo più da un verbo coniugato a un tempo passato, se i grafemi che individuano il soggetto e/o l’oggetto dell’azione sono collocati nell’ultima immagine, a un tempo futuro, se essi sono collocati nella prima.

[10]Nella prima immagine di questo rebus vediamo una bancarella, che guardando bene scopriamo essere natalizia: lo si deduce dalle palle da appendere sull’albero di Natale, contenute nella cassetta sulla sinistra, ma anche dalle statuine esposte in vendita, che a un esame attento appaiono essere tutte destinate a diventare parte di presepi. Questa prima notazione offre lo spunto per sottolineare questa caratteristica del gioco del rebus: è un po’ come un “giallo”, il cui autore dissemina la narrazione di indizi di cui il lettore dispone nella stessa misura dell’investigatore protagonista; tra questi indizi, nel romanzo poliziesco occorre individuare quelli rilevanti per smascherare l’assassino, nel rebus quelli rilevanti per scoprire la “verità nascosta sotto le cose”, la frase che nasce per metamorfosi della sequenza testuale della prima lettura. Nei rebus più belli, come questo, è dunque fondamentale saper mettere a fuoco i dettagli di cui l’immagine è disseminata.

Trattandosi di un rebus stereoscopico, come si è detto, possiamo essere sicuri che la chiave è costituita dall’azione rappresentata: in questo sta un fattore di maggiore facilità dei rebus di questo tipo rispetto agli altri. Cerchiamo dunque di capire quale azione è rappresentata nella sequenza di due istantanee.  Abbiamo una commerciante ambulante, individuata nella seconda immagine dal grafema C, mentre il grafema I individua un ragazzo, che ha appena acquistato alla bancarella due statuine U, pagandole 1000 lire: la valuta corrente in Italia negli anni ’60. L’azione costituente la chiave può dunque essere rappresentata dal verbo “vendere” (C vendette, o ha venduto, qualche cosa U ad I), oppure dai verbi “acquistare”, o “comprare” (I acquistò, o ha acquistato, oppure comprò, o ha comprato, qualche cosa U da C). Il solutore esperto è indotto a considerare più probabile la prima ipotesi rispetto alla seconda, e in particolare “C vendette”, perché “vendette” è una parola bisenso; e le parole bisenso, suscettibili di comparire pari pari sia nella prima lettura sia nella soluzione, in molti casi costituiscono l’elemento decisivo per risolvere un rebus.

Il diagramma collocato sopra le immagini, che fornisce la scansione della soluzione, ci dice che l’ultima parola è di 8 lettere: lavoriamo dunque sull’ipotesi che la parola bisenso “vendette”, di 8 lettere appunto, si collochi proprio qui, alla fine della soluzione. Se questa è l’ultima parola, sia la prima lettura sia la soluzione avranno probabilmente questa struttura: “C U ..….. ad I vendette”, oppure “C ..….. U ad I vendette”; in prima lettura, dunque, le sette lettere mancanti sono presumibilmente quelle della parola che indica l’oggetto della compravendita.

Che cosa ha comprato I? Se osserviamo bene i due oggetti che egli regge in mano, magari con l’aiuto di una lente di ingrandimento, vediamo che si tratta di due statuine destinate a un presepe, di cui una reca un agnello sul collo: questa chiave è dunque certamente “pastori”. Così abbiamo risolto il rebus:

C U pastori ad I vendette = Cupa storia di vendette.

 

[11]Anche in altri rebus assai belli di Paolino compare in prima lettura come chiave una parola bisenso. Per esempio, in quello riprodotto qui a destra, in cui si vedono due ante di armadio nere M e una bottiglia LA il cui collo è spezzato, la chiave bisenso è “rotta”:

M ante nere, LA rotta = Mantenere la rotta.

La chiave bisenso è invece “secondo” in un rebus in cui si vedono tre angeli, con il grafema V su quello di mezzo, e un arco individuato dal grafema SM: V angelo secondo, SM arco = Vangelo secondo S. Marco. La chiave bisenso è “porta” in un rebus in cui un contadino SP reca in omaggio in una gerla delle pere NTR a un re seduto sul trono: SP in gerla porta pere NTR a re = Spinger la porta per entrare.

[12]Esaminiamo ora il  rebus (riprodotto qui a sinistra) che la Settimana Enigmistica scartò  per l’apprezzabile motivo esposto nella antologia dei rebus di Paolino [6] e che venne quindi pubblicato postumo nella rivista Labirinto, nel 1973. Qui un cacciatore spara a un povero uccellino S, staccandogli un’ala; l’orrore della scena, comprensibilmente rifiutato dalla S.E., è però temperato dalla chiave bisenso, che dà un tono leggero e in qualche modo umoristico alla soluzione:

S ala ci rimette = Salaci rimette.

 

[13]La chiave bisenso è “terra/terrà” in quest’altro rebus stereoscopico riprodotto qui a destra, nella cui prima immagine si vede una signora che prova delle calzature in un negozio, mentre nella seconda si vede la stessa signora con le scarpe nuove ai piedi e la commessa che incarta le vecchie; donde la soluzione:

CA scarpe R terrà = Cascar per terra.

 

[14]La chiave bisenso è infine “granata”nel rebus riprodotto qui a sinistra, dove si vedono una signora BL che versa del caffè usando un colino, mentre un’altra in secondo piano spazza utilizzando una scopa di saggina alla vecchia maniera; per la soluzione, sorprendente e deliziosa nella sua semplicità:

BL usa colo, R granata = Blusa color granata.

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Tutti i rebus qui riprodotti sono disegnati da Maria Ghezzi, la Brighella [15].

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