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L’ARTICOLO 18 E UNA SINISTRA SENZA SPERANZA

L’uscita del leader di LeU, secondo cui la priorità del Governo oggi sarebbe il ripristino nelle aziende del vecchio regime della job property, spiega perché quel partito non riesce a superare il 3 per cento

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Terzo
editoriale telegrafico per la Nwsl n. 513, 13 gennaio 2020 – In argomento v. anche l’editoriale telegrafico del 16 ottobre 2017, Non si difende il lavoro conservando i ferri vecchi [1] .
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Roberto Speranza

Di fronte agli 1,2 milioni di posti di lavoro che restano permanentemente scoperti [3] per mancanza di persone capaci di ricoprirli; di fronte all’evoluzione tecnologica galoppante, che di anno in anno travolge vecchi mestieri [4] (e prodotti, e modi di produrre, e aziende) facendone nascere altrettanti nuovi, senza che i corsi di formazione finanziati coi soldi pubblici cambino di una virgola i propri contenuti; di fronte a un mercato del lavoro sempre più globalizzato [5], nel quale il solo modo per difenderci dalla concorrenza dei Paesi in via di sviluppo consiste nell’innovare incisivamente le strutture produttive e nel coltivare competenze sempre più sofisticate; di fronte a tutto questo sapete quale dovrebbe essere “la priorità del Governo” secondo il leader di LeU Roberto Speranza? Forse la riforma del nostro sistema della formazione professionale? L’attivazione di un sistema di monitoraggio permanente a tappeto della qualità dei corsi [6] finanziati coi soldi pubblici? Un grande investimento sulla nostra scuola e la nostra università per toglierle dalla loro attuale posizione di coda nelle graduatorie internazionali? No: la priorità secondo Speranza e compagni è ripristinare l’articolo 18. Non gliene importa niente che con o senza l’articolo 18 il rischio di licenziamento nel nostro Paese sia rimasto invariato, intorno all’1,4 per cento annuo [7]. Non gli passa per la testa l’idea che la risposta ai problemi posti dalla globalizzazione, dall’automazione, dall’intelligenza artificiale, possa consistere in qualche cosa di diverso dall’ingessare il tessuto produttivo ripristinando un regime di job property che non esiste più in alcun Paese del mondo. Né lo sfiora l’idea che la sola protezione efficace delle persone che lavorano può essere data da una vera libertà di scelta; e che questa si ottiene soltanto se si investe sulla scuola, sui servizi di informazione, di formazione mirata agli sbocchi occupazionali effettivi e di assistenza intensiva efficace per chi resta indietro.

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