LA REPLICA DI BRUNETTA: “NON E’ VERO CHE MI SONO ARRESO”

IL MINISTRO DELLA FUNZIONE PUBBLICA RISPONDE AL MIO INTERVENTO SUL CORRIERE DELLA SERA, NEL QUALE HO DENUNCIATO L’AZZERAMENTO DELLA SUA RIFORMA DISPOSTO DI FATTO DALL’INTESA GOVERNO-SINDACATI DEL 4 FEBBRAIO SCORSO

Lettera di Renato Brunetta al Corriere della Sera, pubblicata l’8 febbraio 2011, in replica alla mia Lettera sul lavoro pubblicata il giorno prima – Segue la mia controreplica

Il senatore Pietro Ichino ha provato a ‘tradurre’ l’accordo raggiunto con Cisl, Uil e Ugl (ma rifiutato dalla Cgil) con il quale si dà concretezza e attuazione alla mia riforma della Pubblica Amministrazione. Purtroppo, l’esercizio non gli è riuscito. Ichino non difetta in preparazione, abbonda però in prevenzione politica. A suo giudizio, infatti, il Pd dovrebbe rifiutare con sdegno l’accordo raggiunto con i sindacati giacché violerebbe il sano e saggio spirito della riforma. Peccato che l’assunto sia falso e, soprattutto, che il suo partito avversò con ogni mezzo tale riforma. Oggi si sono accorti che era buona? Evviva. Prima o poi s’accorgeranno che anche questo accordo non è affatto male. Ichino è anche un po’ confuso: attacca sia me, sia la Cgil. E’ vero che c’è un eccesso di politicizzazione e collateralismo, ma credo che abbia un peso anche la scarsa comprensione dei problemi e dei rimedi reali, cui contribuisce la confusa ambiguità creata dallo stesso Ichino. Il quale, non lo si dimentichi, ha anche segnalato il nome di un membro del comitato di valutazione (Civit), incorrendo nell’errore di farsi promotore di un signore che s’è dimesso prima di cominciare a lavorare, essendosi accorto dopo un anno di quali siano le leggi che regolano il mondo del lavoro e la Pubblica Amministrazione. Si sappia che il senatore del Pd ha anche chiesto di sostituire quel nome con un altro e che il mio diniego, suppongo, deve avere influito sulla serenità del ‘traduttore’.

Ma veniamo alla sostanza dei rilievi, punto per punto.
1. Ichino fa riferimento a un ritorno al memorandum del 23 gennaio 2007, firmato da un ministro del Pd (Luigi Nicolais) e dalla Cgil. Stia tranquillo: l’accordo non modifica quanto previsto dalla legge (e del resto non potrebbe). L’impianto complessivo della riforma resta in vigore e gli istituti ivi previsti (valutazione, merito, premi, trasparenza, lotta alla corruzione) sono tutti attuabili dalle amministrazioni. Saranno pertanto attivate già da quest’anno tutte le procedure di valutazione dei dipendenti così come le performance individuale e organizzativa.
2. L’accordo ha dovuto tener conto del blocco fino al 2013 della contrattazione collettiva nazionale. Mi sono sempre preoccupato di attivare gli istituti premianti della riforma senza peggiorare le retribuzioni dei singoli dipendenti. Proprio per questo ho fortemente voluto il cd. “dividendo dell’efficienza”: una norma che premi le amministrazioni virtuose e i loro dipendenti. Come lo stesso Ichino potrà presto constatare, le risorse del dividendo ci sono e permetteranno di iniziare a distribuire i primi premi. Questo fino ai prossimi rinnovi contrattuali, poi tutto andrà a regime.
3. Il ‘liberale’ Ichino fa finta di ignorare che la mia riforma non ha abrogato la contrattazione collettiva che – insieme alla contrazione integrativa di secondo livello – resta il cardine della gestione del personale nel settore pubblico.
4. Al senatore Ichino ricordo peraltro che una distribuzione a pioggia dei premi è stata sempre sostenuta dal suo partito, in questo appoggiato da quella Cgil che contro la mia riforma ha indetto cinque fallimentari scioperi generali.
5. L’accordo non sospende certo l’art. 19 della riforma ma si limita a stabilire che i premi legati alla valutazione individuale si applicano solo con risorse aggiuntive derivanti dal cd. “dividendo dell’efficienza”. Questo fa sì che le misure della manovra estiva, che congelano il trattamento fondamentale e ridefiniscono i fondi destinati alla contrattazione integrativa, non determinino un decremento retributivo. Le scelte operate tendono semmai a collegare gli effetti della riforma – connessi al sistema premiale delle fasce – alla sussistenza di risorse aggiuntive, proprio per evitare di incidere sui redditi già toccati dalla manovra.
Le difficoltà ci sono, ma né io né il Governo abbiamo intenzione di mollare. Mi chiedo solo se il compito dell’opposizione sia sempre e solo quello di fare il controcanto o, per ipotesi, non sia anche quello di lavorare per il bene del Paese. Ho come l’impressione che la sinistra si sia finalmente accorta che la mia battaglia per l’efficienza e contro i fannulloni sia a difesa degli ultimi e dei non garantiti, oltre che un dovere nei confronti dei tanti dipendenti pubblici che lavorano con competenza e impegno. Su questo, la sinistra non recupererà il ritardo cancellando il mio lavoro ma semmai migliorandolo e chiedendo di più, al di là del Bersani di turno. Non aspetto di meglio.

Renato Brunetta
Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione 

 

LA MIA CONTROREPLICA
   Invece di dar lezioni al Partito Democratico su quello che esso dovrebbe fare o dire, il ministro farebbe bene a rispondere con chiarezza sui tre punti che seguono, elusi nella sua replica.
   1. E’ vero o no che il monitoraggio e l’analisi dei risultati della
perfomance delle amministrazioni – che ora l’Intesa del 4 febbraio attribuisce a comitati paritetici dirigenza/sindacati – é esattamente lo stesso compito che il d.lgs. n. 150/2009 aveva affidato agli Organismi Indipendenti di Valutazione, coordinati e orientati dalla Civit? Firmando questa Intesa, il ministro può avere voluto due cose: sostituire i comitati paritetici agli organismi indipendenti, oppure giustapporre la valutazione dei comitati paritetici a quella degli organismi indipendenti, col risultato di depotenziare questi ultimi. In entrambi i casi si tratta di una scelta che va in direzione di quel “consociativismo” che il ministro ha sempre combattuto a parole. Per i suoi effetti pratici immediati è, comunque, una scelta diametralmente opposta a quella originaria della riforma che porta il suo nome.
   2. E’ vero o no che la garanzia per ciascun dipendente – disposta dall’Intesa del 4 febbraio – di irruducibilità del salario accessorio percepito nel 2010 azzera anche ogni residua possibilità di differenziazione dei trattamenti in relazione al merito?
   3. Stante il congelamento del fondo per salario accessorio fino a tutto il 2013, in che cosa, concretamente, può mai consistere e a quanto può ammontare il “dividendo di efficienza”  che il ministro ama sbandierare, come cespite cui attingere per premiare il merito?
   Se, come temo, il ministro non è in grado di dare risposte soddisfacenti a questi tre quesiti, ciò significa che egli non è consapevole di ciò che ha firmato. Oppure che egli, dopo avere accusato la contrattazione collettiva di essere il luogo dove si consuma l’appiattimento delle valutazioni e dei trattamenti (tanto da avere mirato a ridurne drasticamente il campo d’azione), ha consapevolmente firmato un accordo che ha esattamente lo stesso effetto di appiattimento e che annulla sapientemente ogni effetto concreto della riforma che porta il suo nome.
   Mi sia consentito, infine, deplorare il modo gravemente ingeneroso – per non dir peggio – in cui il ministro ha liquidato le dimissioni dalla Civit del prof. Pietro Micheli: una persona che ha creduto nella bontà dell’istituzione di questa autorità indipendente al punto da lasciare la cattedra e la residenza in Inghilterra con grande sacrificio, personale e della propria famiglia, e ha dedicato senza risparmio un anno di lavoro intensissimo a questo organismo, per poi
dimettersi esponendo in modo molto pacato e civile le ragioni di un giudizio fortemente negativo sul modo in cui la “riforma Brunetta” sta essendo attuata. Il ministro farebbe bene a trattenere la propria tendenza all’invettiva e a rispondere, invece, punto per punto ai rilievi sollevati da Pietro Micheli nel suo atto di dimissioni: risposta che stiamo ancora attendendo. E farebbe bene anche a chiedersi perché l’amministazione statale del nostro Paese non sia stata capace di trattenere e valorizzare l’esperienza e la competenza di questa persona, che da molti anni si era occupata di valutazione delle amministrazioni pubbliche britanniche (e di cui ora queste stesse sono state ben felici di tornare ad avvalersi). A meno che il ministro ritenga che siano esse a registrare un ritardo rispetto alle nostre amministrazioni e a dover imparare il mestiere dai nostri (costituendi) comitati paritetici.   (p.i.)

P.S. Poiché il ministro nella sua replica mi accusa di “avergli chiesto di sostituire”, in seno alla Civit, il prof. Pietro Micheli con “un’altra persona”, devo chiarire che, a seguito delle dimissioni di questo membro della Commissione, ho informalmente segnalato al ministro stesso e contemporaneamente alla Presidenza del mio Gruppo parlamentare l’opportunità di designare per la sua sostituzione Teresa Petrangolini, presidente dell’associazione CittadinanzAttiva, nella speranza che la grande competenza ed esperienza di questa persona (impegnata da anni sul fronte del civic auditing nei confronti delle amministrazioni pubbliche) potesse in qualche modo compensare la perdita del membro dimissionario. Nessun mio interesse personale, ovviamente, nel sostenere questa candidatura, che, del resto, l’interessata aveva già presentato direttamente al ministro. Né tantomeno astio verso quest’ultimo per la totale indifferenza da lui manifestata.

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