LE RAGIONI DELLA LEGGE DI STABILITÀ

DIALOGO IMMAGINARIO TRA DUE ESPONENTI DI VERTICE DEL PARTITO DEMOCRATICO SULLA LOGICA POLITICA CHE SOTTENDE IL DISEGNO DI LEGGE FINANZIARIA PER IL 2016 PRESENTATO IN QUESTI GIORNI DAL GOVERNO AL PARLAMENTO

Editoriale per la Nwsl n. 364, 19 ottobre 2015 – Premio per il primo lettore che individuerà gli esponenti politici i cui nomi si nascondono sotto i due nomi di fantasia.

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Giulia Pinsi Berger – Detassazione della prima casa anche per i benestanti, elevazione a 3000 euro del limite dei pagamenti in contanti… Mario, ma ti rendi conto che con questa legge di stabilità stiamo facendo nostri alcuni dei contenuti qualificanti della politica di Berlusconi?

Mario Trezten – Secondo te qual è il vero spartiacque della politica italiana in questi anni?

G.P.B.– Che cosa vuoi dire?

M.T. – Il discrimine politico fondamentale oggi, alla nostra latitudine,  non passa tanto tra destra e sinistra quanto tra le forze politiche che scommettono sulla strategia di integrazione e rafforzamento dell’Italia in Europa e quelle che invece considerano questa strategia troppo costosa, sbagliata, o addirittura destinata alla catastrofe.

G.P.B. – Che cosa c’entra questo con il disegno di legge di stabilità che il Governo sta presentando al Parlamento?

M.T. – C’entra, eccome se c’entra. Qual è secondo te il problema principale da risolvere, l’ostacolo più pericoloso da superare, sulla strada dell’integrazione dell’Italia in Europa?

G.P.B. – Oggi è l’ondata populista dei No-Euro. Il rischio che diventino troppo forti, che impediscano al Paese di tenere la barra dritta nella direzione giusta. Del resto è così in tutta Europa.

M.T. – Brava. In casa nostra, più precisamente, il rischio è che il vento riempia le vele dei populisti e che fra un anno, o due, o tre, in un ballottaggio per il premio di maggioranza fra i Pro-Euro e i No-Euro, questi ultimi riescano a far convergere con i voti di Grillo quelli di Vendola, di Salvini, di Meloni, di Tremonti, e una parte di quelli di Berlusconi, finendo per spuntarla. Questa sì sarebbe una catastrofe politica, seguita a breve da un collasso economico. Di fronte a questo rischio, ti sembra più importante fare un dispetto agli italiani benestanti o lavorare fin d’ora per saldare e rafforzare il fronte di chi crede nella strategia europea dell’Italia?

G.P.B. – Ma non possiamo, in nome di questo problema politico contingente, snaturare la nostra ragion d’essere politica essenziale.

M.T. – Lo chiami un problema contingente? Non ti rendi conto che da questa partita dipende una quantità enorme del futuro del nostro Paese, del mondo in cui vivranno i nostri figli e nipoti? Se ne è reso conto persino Tsipras in Grecia!

G.P.B. – D’accordo, ma siamo o non siamo un partito di sinistra? Un partito di sinistra non può essere contro la tassa sulla proprietà della prima casa. Per lo meno, non contro la tassa sulle prime case dei ricchi.

M.T. – L’economia reale non segue i pregiudizi ideologici. L’edilizia residenziale può trarre un beneficio importante dal detassare la prima casa di tutti, e tu sai che importanza ha l’edilizia per tutto il resto dell’economia. E poi, quelle che tu chiami “prime case dei ricchi” sono le case di almeno un terzo se non metà degli italiani. Davvero ti sembra poco importante aver con noi anche buona parte di quegli italiani benestanti, in questa battaglia decisiva per le sorti del Paese? Non ti rendi conto che, molto probabilmente, per vincere questa battaglia il solo ceppo filo-europeo del vecchio centrosinistra italiano non è sufficiente? E se per vincerla è necessaria un’alleanza con la parte filo-europea di quello che è stato fino a poco tempo fa il centrodestra, non pensi che la sinistra possa accettare qualche compromesso, tutto sommato marginale rispetto alla posta in gioco?

G.P.B. – Marginale mica tanto! Guarda che anche Veltroni, nel suo secondo discorso del Lingotto, ha indicato l’imposta patrimoniale come un passaggio giusto e necessario per uscire dalla crisi.

M.T. – Ti interessa di più far pagare 500 euro all’anno in più al benestante perché ha una bella casa, o assicurare un futuro politico solido al disegno ambizioso che stiamo perseguendo, alla riforma europea dell’Italia?

G.P.B. – Anche Mario Monti è contrario alla detassazione della prima casa. E anche Bruxelles. Come la mettiamo?

M.T. – Se è per questo, Bruxelles è contraria anche a tante altre cose. Credo, però, che sarebbe ancor più contraria alla legge di stabilità che potrebbe presentarle il fronte No-Euro fra due anni, se nel frattempo quel fronte si saldasse, sapesse sfruttare bene le brezze e i temporali, e si trovasse di fronte il vecchio centro-sinistra con la sua political correctness rimasta intatta dal secolo scorso. Credi a me: a Bruxelles temono molto di più il rafforzarsi delle spinte anti-UE in giro per l’Europa e anche in Italia, che la soppressione della tassa sulla prima casa. E ci tengono moltissimo a che continuiamo a fare con decisione le cose importanti che stiamo facendo su tanti altri fronti.

G.P.B. – Insomma, ho capito: state costruendo il partito opportunista pigliatutto, senz’anima e senza fede. A questa operazione, ti avverto, noi non possiamo starci.

M.T. – Perché secondo te un partito che si batte per la riforma europea dell’Italia, con tutto quello che questa battaglia comporta in termini di abbattimento delle rendite parassitarie, di trasformazione profonda delle amministrazioni pubbliche, di contendibilità delle funzioni e abbattimento di barriere tra insider e outsider, di equità intergenerazionale, di risanamento delle piaghe storiche del nostro Paese, è un partito senz’anima e senza fede? Vogliamo costruire il partito capace di dare all’Italia stabilità politica ed economica sulla linea di questa cosa che chiamiamo riforma europea, quindi di dare al nostro Paese più autorevolezza in Europa, anche per riformare la stessa UE. Direi di più: per salvare l’UE dal rischio mortale che sta correndo. Se per voi questo non è “di sinistra”, ce ne faremo una ragione.

G.P.B. – Un partito di sinistra che punta ad accorparsi una parte della destra, sia pure quella migliore, tradisce la propria ragion d’essere. Voi volete fare il Partito della Nazione; sia chiaro che a noi questo non interessa.

M.T. – Ma quale Partito della Nazione? Ci siamo dati un sistema elettorale che è fatto apposta per promuovere la competizione tra due partiti forti e capaci di darsi battaglia contendendosi il centro e non preoccupandosi troppo delle ali estreme. Se avessimo voluto costruire il Partito della Nazione, ci saremmo tenuti il sistema elettorale proporzionale, che è perfetto per quello scopo.

G.P.B. – Contendersi il centro di che cosa? Centro rispetto a quale destra e quale sinistra?

M.T. – Oggi lo spartiacque è quello che ti ho detto; e lo resterà ancora per parecchi anni. È inevitabile che il centro della competizione politica oggi si definisca rispetto a quello spartiacque, cioè rispetto alle scelte più rilevanti di fronte alle quali oggi il Paese si trova. Che non sono i 500 euro sulla prima casa dei benestanti. Chi pretende di capire quel che sta accadendo guardandolo con gli occhiali di vecchi schemi e ideologie, finisce col capire poco o niente, quindi col perdere sistematicamente le battaglie sulle cose che contano. È così che la sinistra ha perso gran parte della sua credibilità in quanto tale: per restare attaccata ai suoi vecchi schemi, ha finito col fare il danno di chi diceva di voler proteggere, dei più deboli. Noi invece vogliamo vincerle, le battaglie sulle cose che contano, anche a costo di scompigliare qualche vecchio schema. Ci faremo giudicare sui risultati.

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