COME LA TEORIA ECONOMICA GIUSTIFICA LA DETASSAZIONE SELETTIVA DEL LAVORO FEMMINILE

POICHE’ IL PRINCIPIO DELLA TASSAZIONE OTTIMALE DI RAMSEY INDICA COME PREFERIBILE, COETERIS PARIBUS, L’IMPOSIZIONE FISCALE SUL BENE LA CUI OFFERTA E’ PIU RIGIDA, E L’OFFERTA DI LAVORO FEMMINILE E’ PIU’ ELASTICA RISPETTO A QUELLO MASCHILE, E’ CORRETTO TASSARE IL PRIMO MENO DEL SECONDO

Lettera pervenuta il 20 dicembre 2008. Ho chiesto a mio fratello Andrea, che insegna economia del lavoro all’Università di Bologna e autore con Alberto Alesina di uno studio sulla detassazione selettiva del lavoro femminile, di essere lui a rispondere. 

Caro Ichino,
ci siamo conosciuti qualche anno fa quando anch’io ero in Parlamento (dal 1976 al 1992, sempre in Commissione Finanze alla Camera e nella Commissione dei 30 per i pareri al Governo sui Decreti delegati in materia fiscale). Ti stimo moltissimo e ho sempre apprezzato l’equilibrio e lo scrupolo con cui proponi soluzioni effettive di problemi storici che assillano il nostro Paese. […]
     La ragione principale per cui ti scrivo è collegata alla lettera di una donna (L.M.) dell’11 dicembre scorso a cui hai risposto sul tuo sito. Condivido la impostazione che hai dato per affrontare il problema prospettato salvo questo punto che tu indichi: “attuare una drastica detassazione dei redditi di lavoro femminile fino ai 1500 euro mensili, come ‘azione positiva’ mirata all’aumento al 60% del tasso di occupazione delle donne, secondo l’obbiettivo fissato dalla U.E. a Lisbona per il 2010 (oggi siamo al 47%: uno dei tassi più bassi d’Europa!)”. La ragione del mio dissenso nasce dal fatto che lo strumento fiscale nel nostro ordinamento non può essere piegato alle più diverse e particolari esigenze sociali che devono invece essere realizzate con politiche attive che ne consentano la corretta valutazione di spesa nel bilancio dello stato. L’utilizzazione di norme fiscali per tali scopi determina svariate conseguenze negative e il Governo va frenato su questa strada che ha già percorso con la riduzione della fiscalità sugli straordinari.
Mi è gradita l’occasione per unire ai miei più cordiali saluti i migliori auguri di Buone Feste.
Mario Usellini

La risposta dell’economista

Caro Dottor Usellini,
     mio fratello Pietro mi ha girato il messaggio nel quale lei dissente sulla proposta di detassazione del lavoro femminile con argomenti che meritano attenzione e riflessione. Le rispondo io poiche’ si tratta di una proposta originariamente fatta da me insieme ad Alberto Alesina in una serie di articoli sul Sole24ore e in un working paper scientifico (Gender based taxation and the division of family chores). Puo’ trovare tutti questi documenti sul mio sito:
http://www2.dse.unibo.it/ichino/
rispettivamente alle voci “articoli su quotidiani italiani” e “papers in progress”.
     Sotto il profilo del ragionamento economico la proposta ha numerose giustificazioni. In primo luogo, il principio della tassazione ottimale di Ramsey, per il quale le distorsioni fiscali diminuiscono a parita’ di gettito tassando maggiormente i beni con offerta rigida (rispetto alla retribuzione) e meno quelli con offerta flessibile. Poiché l’offerta di lavoro femminile è molto flessibile mentre quella maschile è molto rigida, l’applicazione di questo principio di efficienza fiscale prevede una tassazione differenziata a seconda del sesso. Noti che non produrrebbe aggravi per il bilancio, se opportunamente modulata.
     Alla giustficazione suggerita da questo principio di efficienza fiscale, il nostro lavoro scientifico aggiunge quelle derivante dalla ipotesi che la scarsa partecipazione al lavoro delle donne nel nostro paese (indipendemente da argomenti di equità) pesi gravemente sulle nostre possibilità di sviluppo (e questo non siamo certo i soli a dirlo: veda ad esempio “Il Fattore D” di Maurizio Ferrera). Nel nostro articolo scientifico dimostriamo che un riequilibrio dei compiti di cura all’interno della famiglia determina un riequilibrio anche nella partecipazione nel mercato. Se la specializzazazione nel mercato o in casa ha rendimenti decrescenti (e noi crediamo che così sia) la detassazione del lavoro femminile aumenta l’efficienza produttiva e il benessere proprio perché favorisce un riequilibrio nella allocazione dei compiti tra i sessi all’interno della famiglia e nel mercato.  E oltretutto è uno strumento che consegue questo obiettivo in modo meno distorsivo di altre misure a favore dell’occupazione femminile, come le quote rosa.
     Quando al problema della Costituzionalità, non è mia materia e non vorrei avventurarmi inopportunamente in ambiti che non mi competono. Tuttavia a me sembra che il secondo comma dell’articolo 3 della nostra Costituzione giustifichi proprio misure come la detassazione dei redditi delle donne intesa come strumento atto a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.  Se questo non bastasse, la Costituzione è comunque un testo eventualmente migliorabile se argomenti di efficienza e razionalità lo giustificassero, anche perché il mondo è molto cambiato dal primo dopoguerra.
     In ogni caso, non vedo come la critica alla detassazione degli straordinari, su cui in gran parte convengo, si applichi alla detassazione del lavore femminile. Proprio in un articolo sul
Sole 24 Ore del 3 giugno 2008 ho criticato questa proposta del Governo proprio sul piano degli effetti sull’occupazione femminile.
     Spero di aver chiarito almeno in parte le ragioni a favore della nostra proposta. Grazie in ogni caso per i commenti e l’attenzione.
Andrea Ichino
(
andrea.ichino@unibo.it)


 

 
 

 

 
 
 

 

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