IL SECOLO XIX: LA SENTENZA THYSSENKRUPP E GLI INFORTUNI SUL LAVORO IN ITALIA

LA SENTENZA, CHE HA RAVVISATO IL “DOLO EVENTUALE” E QUINDI L’OMICIDIO VOLONTARIO NEL COMPORTAMENTO DEI DIRIGENTI, E’ IMPORTANTE PER IL SUO SIGNIFICATO DI PRINCIPIO – MA PER RIDURRE DRASTICAMENTE IL TASSO DI INFORTUNI SUL LAVORO IN ITALIA OCCORRE PROMUOVERE LA CULTURA DELLA DELLA LEGALITA’ E DELLA SICUREZZA E RENDERE PIU’ CAPILLARI I CONTROLLI

Intervista a cura di Gilda Ferrari, pubblicata sul Secolo XIX il 17 aprile 2011

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Contiene «un monito» la sentenza Thyssenkrupp, per il giuslavorista Pietro Ichino, ma difficilmente potrà contribuire a ridurre gli infortuni. Perché in Italia il problema più diffuso è un altro: si chiama «lavoro irregolare». Dove sta la portata eccezionale e innovativa?
Sta nel fatto che il reato non è stato qualificato come “omicidio colposo”, bensì come “omicidio doloso”. Il dolo, cioè la volontarietà, consiste nella consapevolezza del rischio grave cui venivano esposti i lavoratori: nonostante questa consapevolezza, le misure di sicurezza necessarie sono state deliberatamente omesse. E’ quello che i penalisti chiamano “dolo eventuale”.

Davvero si può parlare di “omicidio volontario” in un caso come questo?
Senta, se so che la mia auto ha i freni guasti e ciononostante corro a cento all’ora in una zona abitata, vuol dire che metto in conto la possibilità di ammazzare qualcuno. Accetto quell’eventualità.

Quanto è solida questa sentenza?
Se le cose sono effettivamente andate in quel modo, la qualificazione del reato in termini di dolo eventuale è sicuramente fondata.

A suo avviso è appellabile?
Tutte le sentenze di primo grado sono appellabili.

Può servire, e quanto, una sentenza di questo tipo a diminuire gli incidenti sul lavoro?
La sentenza contiene un monito: accettare il rischio di un infortunio per risparmiare qualche euro significa accettare l’eventualità di ferire o uccidere una persona. Resta il fatto, però, che la differenza del nostro tasso di infortuni sul lavoro rispetto agli altri Paesi europei difficilmente può essere eliminata con la minaccia di sanzioni più severe.

Perché?
Perché la causa di quella differenza sta soprattutto nell’illegalità diffusa, nella diffusione del lavoro irregolare. Chi lavora e fa lavorare i propri dipendenti al di fuori della legge lo fa perché ha buoni motivi per prevedere che la legge non lo raggiungerà. Quindi non sta tanto a considerare l’entità delle possibili sanzioni.

Che cosa è davvero utile per diminuire gli incidenti sul lavoro?
Una sentenza come questa è importante per il principio che afferma. Ma probabilmente i risultati maggiori, per la riduzione del tasso di infortuni, li si possono ottenere promuovendo in tutti i modi il senso civico diffuso e la cultura della sicurezza. E anche intensificando i controlli.

Che sono insufficienti?
I 2000 ispettori del lavoro, anche aggiungendo gli ispettori delle ASL, sono del tutto insufficienti per sradicare il lavoro nero e l’illegalità dal nostro tessuto produttivo.

Come se ne può uscire?
Un primo provvedimento utile sarebbe adibire al ruolo di assistenti degli ispettori gli 8000 addetti al collocamento pubblico, che dal 1998 [cioè da quando è stato abolito il monopolio statale del collocamento – n.d.r.] non servono più in quella funzione. Non sarebbe un trasferimento drammatico: sarebbe solo uno spostamento nella stessa città, dall’Ufficio per l’impiego all’Ispettorato del lavoro. Ma nel nostro sistema un’operazione di questo genere, che in altri Paesi sarebbe ovvia, è invece difficilissima.

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