LA UE METTE A NUDO L’IPOCRISIA DEL NOSTRO DIRITTO DEL LAVORO

LA COMMISSIONE EUROPEA VALUTA NEGATIVAMENTE LA PARTE RELATIVA AL MERCATO DEL LAVORO DEL NOSTRO PIANO NAZIONALE DELLE RIFORME E INDICA LA NECESSITÀ DI UNA SCELTA DECISA NEL SENSO DELLA FLEXSECURITY PER IL SUPERAMENTO DELL’APARTHEID FRA PROTETTI E NON PROTETTI

Estratto dal documento di lavoro dei servizi della Commissione Europea, Valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2011 dell’Italia, Bruxelles, 7 giugno 2011

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I PROBLEMI ELUSI
[…] Quanto alle misure specifiche per i giovani, il governo intende ampliare i contratti di apprendistato per rafforzare le prospettive di occupazione di chi segue una formazione professionale o abbandona prematuramente la scuola. La misura chiave è l’ampliamento delle opportunità di apprendistato, con l’introduzione della possibilità per gli studenti di effettuare un tirocinio in un’impresa in alternativa ai corsi in aula durante l’ultimo anno di istruzione obbligatoria. Sono inoltre previste misure per migliorare le politiche di istruzione e formazione al fine di agevolare la transizione dalla scuola al lavoro, far corrispondere meglio le competenze conseguite e quelle richieste dal mercato del lavoro e ridurre il tasso di abbandoni scolastici, che si situa attualmente al 19,2%. Queste misure appaiono coerenti con il previsto obiettivo di riduzione del tasso di abbandoni scolastici al 15-16% entro il 2020. Tuttavia non sembra essere stata posta in atto alcuna strategia per ridurre questo elevato tasso, in quanto il PNR non indica quali cause specifiche saranno affrontate e in che modo. Inoltre il PNR non chiarisce se verrà posto in atto un sistema di certificazione delle competenze e di standard minimi di formazione professionale a livello nazionale, come il governo si è impegnato a fare. L’assenza di tale sistema ostacola il riconoscimento delle qualifiche professionali da una regione all’altra.
Per quanto riguarda l’incremento dell’occupazione femminile, il PNR fa riferimento ad un piano adottato nel 2010 che coordina l’impegno dei vari livelli dell’amministrazione per promuovere la conciliazione del lavoro e della vita familiare ed un piano per l’offerta di asili nido e scuole per l’infanzia lanciato nel 2007. Altre misure previste si basano sui finanziamenti del Fondo sociale europeo per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro.
L’impatto globale di queste misure è di difficile valutazione non essendo specificati né l’orizzonte temporale per la loro attuazione né il loro previsto contributo all’occupazione giovanile e femminile. Non vengono fornite informazioni sui meccanismi di monitoraggio interno. Il PNR sottolinea il problema delle ampie disparità regionali in materia di partecipazione e disoccupazione ma non delinea una strategia globale per affrontarle. La principale misura in questo settore, adottata nel maggio 2011, è un nuovo sgravio fiscale per le imprese che assumono categorie svantaggiate di persone con contratti permanenti nelle regioni meridionali.
Nel 2010 il governo ha adottato un piano triennale per il mercato del lavoro che ha tra le sue principali priorità la lotta al lavoro in nero. Il PNR non specifica tuttavia obiettivi concreti o scadenze a medio termine per il piano triennale e le misure di lotta al lavoro in nero indicate si limitano a un incremento della sorveglianza e alla promozione di specifici contratti di lavoro atipico che però in passato non sono stati in grado di frenare il fenomeno.
Il PNR annuncia una riforma del sistema tributario intesa a spostare gradualmente il carico fiscale dal lavoro al consumo, che potrebbe contribuire a creare posti di lavoro. Tuttavia non vengono forniti dettagli concreti o scadenze.

L’IPOCRISIA DEL DIRITTO DEL LAVORO ITALIANO
Trovare un punto di equilibrio tra sicurezza e flessibilità
Il PNR non affronta il problema del dualismo del mercato del lavoro
perché, secondo le autorità, l’Italia non ne risentirebbe più di altri paesi dell’UE. Tuttavia un dualismo esiste tra lavoratori con contratti a durata indeterminata e lavoratori con una protezione limitata, se non del tutto inesistente, dal rischio di disoccupazione. Non sono tanto i lavoratori con contratti a tempo determinato, che rappresentano una percentuale dell’occupazione totale prossima alla media dell’UE (13%), ad essere scarsamente protetti, bensì piuttosto i lavoratori registrati ufficialmente come autonomi ma in realtà in una relazione di lavoro subordinato come tutte le altre (i cosiddetti para-subordinati o collaboratori). Le loro possibilità di essere riconosciuti come dipendenti o di diventare veri lavoratori autonomi sono molto inferiori alle possibilità dei lavoratori con contratti a tempo determinato di ottenere un contratto permanente. In realtà, una protezione rigida dal licenziamento, anche tramite un’applicazione molto restrittiva dei licenziamenti collettivi e dei licenziamenti per ragioni economiche, scoraggia l’assunzione di lavoratori permanenti e pertanto aumenta il ricorso a contratti più flessibili, anche di lavoro para-subordinato. […]

 L’USO INDISCRIMINATO DELLA CIG PUÒ FRENARE LA MOBILITÀ DEI LAVORATORI
[…] Nel contempo, non tutti i lavoratori che perdono il lavoro ricevono un sostegno economico adeguato, poiché la segmentazione del mercato del lavoro è accompagnata dalla frammentazione del sistema di sussidi di disoccupazione. Durante la crisi il Governo ha ampliato l’ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni (CIG), consistente in una prestazione economica in favore dei lavoratori sospesi dall’esecuzione della prestazione lavorativa o che lavorano a orario ridotto. Il regime è stato esteso a categorie di lavoratori in precedenza non ammissibili per via del settore, delle dimensioni dell’impresa o del tipo di contratto di lavoro. La copertura appare tuttora piuttosto discrezionale e, se è vero che la CIG ha tenuto a freno l’incremento della disoccupazione e ha contribuito a mantenere il potere d’acquisto delle famiglie durante la crisi, è altrettanto vero che in una prospettiva di più lungo termine potrebbe ostacolare la mobilità occupazionale e settoriale. Il PNR non contiene piani per una riforma del sistema dei sussidi di disoccupazione. […]

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