MESSAGGERO: IL MODO GIUSTO PER RIFORMARE IL DIRITTO DEL LAVORO

LE INDICAZIONI GENERICHE CONTENUTE NELLA LETTERA DEL PREMIER AI VERTICI DELLA UE HANNO EFFETTI ANSIOGENI CHE POSSONO ESSERE EVITATI SE SI PRECISANO I DETTAGLI DI UN PROGETTO EQUILIBRATO E ATTENTAMENTE CALIBRATO ATTRAVERSO CENTINAIA DI INCONTRI POLITICO-SINDACALI E SEMINARI UNIVERSITARI

Testo integrale dell’intervista a cura di Diodato Pirone, pubblicata sul Messaggero il 30 ottobre 2011 con alcuni tagli marginali dovuti a esigenze di spazio

Ieri Berlusconi ha affermato che su lavoro e licenziamenti le proposte del governo presentate all’Ue sono stati ispirati dalle sue proposte. Condivide?
La lettera del premier ai vertici europei di mercoledì scorso, in realtà, non conteneva alcuna indicazione sui contenuti della riforma che il Governo si proponeva di varare. Ed è stato un grave errore politico, perché questa genericità ha un forte e comprensibilissimo effetto ansiogeno. Ieri, finalmente, il premier ha compiuto una scelta precisa riguardo ai contenuti della riforma, e lo ha fatto nella direzione giusta. Spero che non sia soltanto un annuncio, e che terrà fede a quanto ha detto a Canale 5 e poi scritto sul Foglio.

Le proposte di Sacconi sono condivisibili e in che misura?
Rispetto alla scelta precisa indicata da Berlusconi, il suo ministro del Lavoro nell’intervista al Corriere di ieri è stato molto più generico. Così, mi sembra che si ripeta l’errore della lettera di mercoledì ai vertici UE, e si generino reazioni che si potrebbero evitare. In questa materia il diavolo si nasconde nei dettagli: per questo è importantissimo essere precisi. Il progetto di riforma contenuto nel mio disegno di legge n. 1873, presentato due anni fa con altri 54 senatori di opposizione, rispecchia un equilibrio molto attento tra gli interessi in gioco, affinato attraverso centinaia di riunioni politico-sindacali e seminari universitari. Sarà interessante, nei giorni prossimi, capire se il ministro condivide questo preciso equilibrio oppure no, e nel caso che cosa non condivide.

Casini giudica inattuabile il progetto del governo (per inesistenza del governo) ma si dice pronto ad appoggiare una riforma dei licenziamenti in cambio di nuovi strumenti come il salario minimo.
Effettivamente la sensazione che si ha in questi giorni è che con la lettera ai vertici UE abbiamo un abbozzo di programma di governo, ma che manchi il Governo. Sia perché su quella lettera il premier litiga con il suo ministro dell’Economia, sia perché in Parlamento manca di fatto una maggioranza solida e quotidiana che lo sostenga.

Pensa ci sia spazio in un programma del nuovo Ulivo (Pd, Sel, Idv) per una riforma del mercato del lavoro secondo le indicazioni Bce?
Potrebbe esserci, se il Pd sapesse far proprie senza incertezze quelle indicazioni e interpretarle in modo da valorizzarne le implicazioni straordinariamente positive per i lavoratori italiani. Non dimentichiamo che il “pacchetto Treu” nel 1997 passò con una maggioranza di cui faceva parte anche Rifondazione comunista. In una nuova maggioranza di centro sinistra io, poi, vedrei bene soprattutto Italia Futura di Montezemolo e Nicola Rossi, l’Api di Francesco Rutelli, l’UdC di Casini e anche – perché no, se fosse disponibile? – Futuro e Libertà di Fini. Ciascuna di queste forze di centro ha già fatto proprio esplicitamente il mio progetto di riforma o un progetto in tutto analogo.

Come reperire le risorse per nuovi ammortizzatori sociali universali?
L’idea centrale, nel disegno di legge n. 1873, è di scambiare l’esenzione per l’impresa dal controllo giudiziale sui licenziamenti per motivo economico con la sua responsabilizzazione per la sicurezza economica e professionale del lavoratore licenziato. Quello che l’impresa risparmia in termini di tempestività dell’aggiustamento degli organici basta e avanza per coprire il costo di un’assistenza alla danese nel mercato del lavoro.

Non crede che Marchionne se la sia fatta da solo la sua riforma del lavoro?
Si è fatto da solo la riforma del sistema della contrattazione collettiva. La riforma della disciplina dei rapporti di lavoro potrebbe farsela in azienda, sul modello del mio disegno di legge n. 1873, soltanto se Cisl e Uil fossero disposte a contrattarla con lui. Ma è meglio che lo faccia il legislatore: ce n’è urgente bisogno. Perché, per un verso, lo Statuto dei lavoratori del 1970 oggi copre meno di metà dei lavoratori dipendenti italiani; per altro verso, occorre una profonda riforma anche per la metà protetta: la vecchia protezione forte contro il licenziamento – il famoso articolo 18 dello Statuto – è molto difettosa. Consiste in una sorta di ingessatura del rapporto di lavoro; ma quando viene l’acquazzone anche il gesso si scioglie, e anche il lavoratore protetto dall’articolo 18 si trova con un pugno di mosche in mano.

Una domanda sul sindacato. La Cgil firma l’intesa sulla contrattazione ma poi proclama lo sciopero generale. Giudizi e “suggerimenti”.
Lo sciopero preannunciato è contro la legge “licenziamenti facili”. Qui stiamo discutendo di una cosa diversissima: si parla, innanzitutto, di una riforma della materia destinata ad applicarsi soltanto ai rapporti di lavoro che si costituiranno da qui in avanti. Chi oggi ha un rapporto di lavoro stabile non vedrà modificarsi neppure una virgola della sua disciplina giuridica. Si parla, poi, di varare un nuovo codice del lavoro semplificato capace finalmente di applicarsi a tutti, voltando pagina rispetto al regime attuale di vero e proprio apartheid fra protetti e non protetti. Opporsi a questo progetto da parte della Cgil significherebbe mettersi contro le nuove generazioni.

Finora la Cgil non sembra essersi molto preoccupata di questo.
Perché è per la gran maggior parte un’associazione di lavoratori stabili delle imprese grandi e medie del centro-nord. Ma proprio per questo essa non può rivendicare il diritto di veto su di una riforma come questa, che non cambia neppure una virgola delle loro protezioni, applicandosi soltanto ai rapporti di lavoro futuri. Chiediamolo ai ventenni disoccupati se preferiscono la situazione attuale oppure il codice del lavoro semplificato e la flexsecurity, previsti dal disegno di legge n. 1873.

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