PERCHÉ A CINQUANT’ANNI È DIFFICILE RITROVARE IL LAVORO PERDUTO

GLI SCATTI AUTOMATICI DI ANZIANITÀ PREVISTI DAI CONTRATTI COLLETTIVI FANNO SÌ CHE PER I GIOVANI LE RETRIBUZIONI SIANO INFERIORI A QUANTO ESSI PRODUCONO, MENTRE PER GLI ANZIANI SONO SUPERIORI, COL RISULTATO CHE I PRIMI STANNO PEGGIO SEMPRE, MENTRE I SECONDI NON RITROVANO IL LAVORO QUANDO LO PERDONO

Articolo di Andrea Ichino, pubblicato sul Corriere della Sera del 4 maggio 2012

           Agli allarmi sulla disoccupazione dei giovani (ormai trentenni e quarantenni) che non riescono a trovare un primo impiego stabile, si affiancano le proteste per i cinquantenni che  hanno perso il loro “posto fisso” e non sanno come arrivare alla pensione: i cosiddetti “esodati”.  Un corto circuito da cui nessuno sembra più in grado di salvarsi, e questa è la novità: il sistema di tutele legislative e contrattuali che fino ad oggi era riuscito a tutelare gli anziani (prevalentemente capofamiglia maschi) a danno di donne e giovani, oggi fatica a raggiungere anche questo obiettivo di retroguardia.
          Una causa, tra le altre, è data dagli scatti retributivi di anzianità di cui gode la maggior parte dei lavoratori coperti dalla contrattazione sindacale. Si tratta di aumenti retributivi determinati dal solo passare del tempo, senza alcun collegamento alla produttività individuale.  A causa di questi scatti, in numerose professioni la retribuzione cresce automaticamente molto più di quanto aumenti il contributo personale al successo dell’azienda per cui si lavora.  Poichè le aziende non possono perderci, devono inizialmente pagare i neo-assunti meno della loro reale produttività, rendendo loro il dovuto solo quando diventano anziani, se il rapporto è arrivato fino a quel punto.
          Ma se invece capita l’evento di perdere il lavoro a cinquant’anni, il lavoratore si ritrova a cercare un nuovo impiego potendo offrire agli eventuali nuovi datori di lavoro una produttività inferiore alle proprie aspirazioni salariali. Queste aspirazioni sono giustificate guardando al trattamento ricevuto nell’azienda da cui si proviene ma non trovano giustificazione nella nuova azienda. Un paradosso: lavoratori che sono stati pagati troppo poco nell’arco della loro vita lavorativa e che al tempo stesso richiedono condizioni retributive inaccettabili per un nuovo datore di lavoro. E questo per via di automatismi retributivi insensati che determinano uno spreco grave di risorse, perché estromettono cinquantenni che molto avrebbero ancora da dare alle aziende.
          Se a questi automatismi dagli effetti perversi si aggiunge l’atavica scarsa propensione degli italiani alla mobilità geografica e occupazionale, trovare un impiego a cinquant’anni diventa effettivamente un problema serio ed è molto più semplice pretendere che sia lo Stato (ossia i giovani delle generazioni future) a risolvere la situazione con un rapido traghettamento alla pensione.
          Anche per questo motivo, al lavoratore conviene tenersi ben stretto il primo posto fisso trovato, per arrivare a guadagnare quello che effettivamente a lui o lei spetta. Ma il risultato è un mercato del lavoro inefficiente in cui non sempre le persone occupano il posto per cui sono più adatte e quindi le retribuzioni sono mediamente basse, ma crescenti con certezza solo per invecchiamento.
          Immaginiamo un mondo senza scatti retributivi di anzianità e con meno “diritti di proprietà” sul proprio posto di lavoro, nel quale però il sistema scolastico prepari efficacemente i giovani a trovare l’impiego più adatto a loro e lo stato aiuti altrettanto efficacemente i lavoratori a non temere la transizione da posti in perdita a impieghi maggiormente produttivi. Un mondo in cui i lavoratori siano disponibili a “cambiare” durante la loro vita,  ma siano anche aiutati in questo e non indotti a sperare solo nella cassa integrazione  e nel pensionamento anticipato. In questo mondo le imprese sarebbero più propense ad assumere non solo i giovani, ma anche gli anziani, perché non dovrebbero temere i costi del tenere in vita impieghi improduttivi. E le retribuzioni corrisponderebbero maggiormente alle effettive produttività individuali. Che sarebbero più alte però, e con loro anche le retribuzioni medie.

 kk

Stampa questa pagina Stampa questa pagina

 

 
 
 
 

WP Theme restyle by Id-Lab