IL SOVRANO LA LEGGE NON LA APPLICA, LA CAMBIA

OVVERO: IL CASO DELLE ECCEDENZE DI PERSONALE STATALE COME ESEMPIO EMBLEMATICO DELL’USO AUTO-ASSOLUTORIO DELLA PRODUZIONE DI NORME DA PARTE DEI GOVERNANTI – QUANDO QUALCHE COSA NELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE NON FUNZIONA, NON CI SI CHIEDE QUALE INERZIA O DISFUNZIONE VADA ELIMINATA, MA QUALE NUOVA NORMA VADA EMANATA

Capitolo 8 del libro Sudditi. Un programma per i prossimi 50 anni, a cura di Nicola Rossi, IBLLibri, 2012, pp. 264, € 20 – Gli altri capitoli del libro sono firmati da altrettanti autori diversi, tra i quali Franco Debenedetti, Alessandro De Nicola, Giampaolo Galli, Giorgio Rebuffa, Carlo Stagnaro

 IL SOVRANO LA LEGGE NON LA APPLICA: LA CAMBIA
di Pietro Ichino

        Alla notiza che un tesoriere di partito si è appropriato di un mucchio di quattrini, un altro alto esponente di quel partito ha dichiarato che occorre una nuova legge per il controllo sull’uso dei rimborsi elettorali. Chiedere nuove leggi ogni volta che qualche cosa va storto equivale ad auto-assolverci. Come dire: “Non abbiamo nulla da rimproverarci: è solo questione di migliorare l’ordinamento vigente”. Il divieto di rubare non basta?
        Un altro esempio interessante della produzione di nuove leggi in funzione auto-assolutoria ci è offerto dall’ex-ministro della Funzione pubblica, in riferimento a una materia che dalla metà del 2008 a quasi tutto il 2011 è stata di sua stretta competenza: la gestione del personale nelle amministrazione statali e in particolare il trasferimento del personale dagli uffici nei quali si registra una eccedenza a quelli che risultano essere sotto-organico.
        Nell’ultimo decennio la materia è stata disciplinata da una norma contenuta nel Testo unico per il pubblico impiego (articolo 33 del d.lgs. n. 165/2001), che, nella sua formulazione originaria, prevedeva in sostanza quanto segue. Il dirigente di una amministrazione che rilevi eccedenze di personale è tenuto ad attivare una procedura di consultazione ed esame congiunto con le organizzazioni sindacali in tutto simile a quella prevista per i licenziamenti collettivi nel settore privato, della durata massima di 60 giorni; conclusa questa procedura, “l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni”. Dalla data di “collocamento in disponibilità”, la prestazione lavorativa resta sospesa e il lavoratore ha diritto a un’indennità pari all’80 per cento dell’ultimo stipendio.
        Nel periodo intercorso tra il 2001 e il 2009 – se si eccettua un caso singolo particolarissimo e molto risalente nel tempo, relativo al vecchio ruolo dei segretari comunali, imputabile più al capitolo spoils system che al capitolo spending review – non si ha notizia di alcun caso in cui questa procedura sia stata attivata in una amministrazione statale. Fatto sta che nel 2009 il neo-ministro della Funzione pubblica pensa bene di aggiungere (nel decreto legislativo n. 150/2009 che porta il suo nome) all’articolo 33 del Testo Unico del 2001 questo comma: “1-bis – La mancata individuazione da parte del dirigente responsabile delle eccedenze delle unità di personale, ai sensi del comma 1, è valutabile ai fini della responsabilità per danno erariale”. In altre parole, il neo-ministro avverte severamente tutti i dirigenti di amministrazioni affette da over-staffing che, se insistono a ignorare l’articolo 33 del Testo unico, omettendo di attivare la procedura per il collocamento in disponibilità del personale eccedentario, verranno chiamati a rifondere allo Stato il danno corrispondente agli stipendi pagati in più rispetto al necessario.
        Roba da far tremare le vene ai polsi a qualsiasi dirigente pubblico. O forse no. Infatti non accade assolutamente nulla: non una sola procedura di mobilità nelle amministrazioni statali nei tre anni e mezzo in cui il ministro in questione ha retto il dicastero di Palazzo Vidoni. Poiché possiamo escludere che i dirigenti pubblici, terrorizzati dal nuovo comma 1-bis, si siano affrettati a controllare l’entità degli organici constatandone in cento casi su cento la perfetta congruità rispetto alle esigenze, dobbiamo ritenere che essi abbiano semplicemente ignorato il nuovo comma 1-bis come in precedenza avevano ignorato l’intero articolo 33 del Testo unico. Fatto sta che per tutto il biennio successivo – consule sempre lo stesso ministro – la norma non produce alcun effetto, neppure nei comportamenti del ministro: né collocamenti in mobilità, né richieste di risarcimento del danno erariale a dirigenti inadempienti.
        Si arriva così all’estate del 2011, quando, a seguito dell’esplosione della crisi del debito pubblico italiano, il governatore uscente e quello entrante della Banca Centrale Europea scrivono al Governo italiano la famosa lettera nella quale indicano le cose che occorre fare con urgenza per riconquistare la fiducia degli investitori, a partire da quella della Banca Centrale stessa che si sta svenando per acquistare i nostri titoli di Stato nel mercato secondario. In quella lettera è indicata anche la necessità di “ridurre significativamente i costi del pubblico impiego”. E la stessa richiesta arriva poco dopo dai vertici dell’Unione Europea. A questo punto ci si potrebbe attendere che il ministro della Funzione pubblica si svegli dal triennale letargo, chiami a rapporto i (presumibilmente molti) dirigenti da cui dipendono amministrazioni palesemente in situazione di sovrabbondanza di organico, dia loro una strigliata invitandoli a fare quel che avrebbero dovuto fare da un decennio e, nei casi nei quali l’eccedenza è più smaccatamente evidente, rimuova i responsabili dall’incarico denunciandoli contestualmente alla Corte dei Conti perché venga esperita nei loro confronti l’azione risarcitoria. Senonché fare questo equivarrebbe a riconoscere che anche il ministro fin qui non ha fatto il proprio dovere. Poiché invece egli preferisce auto-assolversi, non c’è di meglio che imputare la disfunzione alla disciplina vigente: “Non ho nulla da rimproverarmi: è solo questione di migliorare l’ordinamento”. E, per dimostrare tutta la propria prontezza ed efficienza, il ministro ordina ai propri uffici di sfornare immediatamente una nuova norma, da presentare alla Commissione Europea come segno inequivocabile della volontà del Governo italiano di fare – ora – sul serio.
        Già; ma come si fa a scrivere una nuova norma, dal momento che quella vigente (l’articolo 33 del Testo unico), integrata nel 2009 con la minaccia dell’azione di danno erariale, già dice tutto quel che si può dire sul come risolvere le situazioni di eccedenza del personale? Tanto per cominciare, si può sostituire la minaccia della responsabilità per il danno erariale contenuta nel comma 1-bis, che nella nuova numerazione diventa il comma 2, con la minaccia della responsabilità disciplinare (non importa che entrambe le responsabilità in linea di diritto sussistano in qualsiasi caso di negligenza del dirigente, indipendentemente dal richiamo che ne venga fatto nella disposizione concernente una specifica materia: quel che conta è dare all’Unione Europea – cui verrà inviato il nuovo testo dell’articolo 33 – l’immagine di un Governo occhiuto, severo, inflessibile). Poi, si può ridurre drasticamente, da 60 a 10 giorni, la durata della procedura di esame congiunto con le organizzazioni sindacali. Come dire: fin qui la nostra iniziativa spietata e a tappeto per la rimozione delle eccedenze di personale è stata frenata da procedure di consultazione sindacale troppo lunghe: ora che queste lungaggini vengono eliminate, tutto procederà con la massima speditezza. Ad attivare quelle procedure, in realtà, non abbiamo mai neppure provato? Non sottilizziamo! Anche perché su questo la Commissione Europea non avrà probabilmente le idee chiare.
        Viene varato così il nuovo testo dell’articolo 33, interamente sostitutivo del precedente (la sostituzione è disposta con l’articolo 16 della legge n. 183/2011). E, ancor prima di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, esso viene esibito trionfalmente alla Commissione europea, a conferma inconfutabile della determinazione con cui il Governo italiano d’ora in poi raddrizzerà le storture delle proprie amministrazioni. Così l’ex-ministro della Funzione pubblica potrà dire che lui la propria parte l’ha fatta, e con il massimo rigore.
        Ora il Governo è cambiato, e con esso il titolare della Funzione pubblica. Tra i capitoli più rilevanti del suo programma, insieme a una riforma del diritto del lavoro che consenta – tra l’altro – alle imprese private di effettuare tempestivamente l’aggiustamento dei propri organici in relazione alle esigenze effettive, compare la spending review: una verifica draconiana dell’utilità della spesa pubblica dal primo all’ultimo euro. Uno dei primi sotto-capitoli della spending review, ovviamente, dovrebbe consistere nell’attuazione rigorosa di quanto previsto nell’articolo 33 del Testo unico per il pubblico impiego. Sarebbe dunque legittimo attendersi che uno dei primi atti del nuovo titolare del dicastero consista in una circolare indirizzata a tutti i dirigenti delle amministrazioni statali, che dica all’incirca questo: “Si ricorda alle SS.LL che, a norma del primo comma dell’articolo 33 del d.lgs. n. 165/2001, esse sono tenute a rilevare le situazioni di eccedenza di personale e ad attivare immediatamente la procedura ivi prevista, al fine di collocare il personale eccedentario a disposizione delle amministrazioni nelle quali invece esso faccia difetto. Si ricorda altresì che l’omesso adempimento comporta responsabilità disciplinare del dirigente, a norma del comma 2 dello stesso articolo, e anche responsabilità per danno erariale (richiamata nel precedente comma 1-bis, la cui abrogazione non osta certamente all’applicazione del principio generale). Si attira infine l’attenzione delle SS.LL. sulla ferma determinazione del Governo ad agire non soltanto per rendere progressivamente più fluido l’intero tessuto produttivo sul versante privato, ma anche per rendere doverosamente più fluida la mobilità del personale all’interno del settore pubblico, tanto più che in quest’ultimo settore ciò è possibile con minori sacrifici e minori rischi per i lavoratori interessati”.
        Per ora, di questa circolare non c’è traccia. Né si è sentito parlare di alcuna procedura di mobilità del personale attivata in qualsivoglia comparto di un’amministrazione pubblica. Forse, per ovviare a questa inerzia, a Palazzo Vidoni l’ufficio legislativo sta studiando una nuova versione dell’articolo 33 del Testo unico.
        In questi giorni il ministro del Lavoro sta giustamente proponendo a imprenditori e sindacati una riflessione critica sul modo in cui finora si sono affrontate le crisi occupazionali aziendali, collocando sistematicamente i lavoratori in Cassa integrazione e così fingendo per qualche anno che il problema non si ponga. Il Governo sollecita, invece, le parti sociali interessate ad affrontare il problema in modo più tempestivo e al tempo stesso più efficace, facendosi carico di un più robusto sostegno del reddito dei lavoratori coinvolti, ma anche di una assistenza intensiva volta alla loro ricollocazione più rapida possibile. Sollecitazione ineccepibile. Ma perché il Governo non dà il buon esempio, incominciando a farlo in casa propria?

kk

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