LA CHIUSURA DI BRUNETTA E L’APERTURA DI SACCONI

BRUNETTA SBAGLIA: E’ PROPRIO IN TEMPO DI CRISI CHE SI DEVE (E SI PUO’) CAMBIARE L’ORDINAMENTO DEL LAVORO E DEL WELFARE AL FINE DI CREARE LE CONDIZIONI PER UNA RIPRESA SENZA PIU’ APARTHEID NEL MERCATO DEL LAVORO

Intervista a cura di Tonia Mastrobuoni, pubblicata su Il Riformista il 10 marzo 2009

Il ministro risponde alla lettera di 75 imprenditori che appoggiano la proposta del giuslavorista del Pd. Anche nei sindacati disponibilità al confronto sulla flexecurity. Segnali, forse, che il tabù dell’articolo 18 potrebbe cadere. Sullo Stato sociale bisogna smetterla con il paternalismo che manda le donne in pensione prima.

Nel giorno in cui la Commissione europea lancia l’allarme su 6 milioni di nuovi disoccupati entro il 2010, Pietro Ichino insiste. La sua proposta sul contratto di transizione, un contratto a tempo indeterminato per tutti con flessibilità crescenti nel tempo, è la soluzione giusta, proprio per affrontare la crisi. Ieri, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha risposto alla lettera che 75 aziende hanno scritto in appoggio alla proposta del senatore del Pd.

Se l’opposizione si offre a «soluzioni largamente condivise», Sacconi è pronto a discuterne.
Nel frattempo, anche dal sindacato arrivano segnali di disponibilità al confronto sul contratto di transizione alla flexicurity, racconta il giuslavorista, in quest’ampia intervista con il Riformista. Ichino replica anche a Renato Brunetta, ministro della funzione pubblica, sugli ammortizzatori sociali. E ci ricorda che le sollecitazioni europee a innalzare l’età pensionabile delle donne rispondono all’urgenza di spezzare il «circolo vizioso paternalistico» che caratterizza da troppo tempo il nostro sistema.
Senatore, il ministro Brunetta è convinto, come ha dichiarato in un’intervista al Corriere, che il mercato del lavoro italiano, «al di là delle sue contraddizioni», sia «mirabile, funzionale, efficiente, flessibile, reattivo, intelligente, e a modo suo equo». Soprattutto, che in Italia abbiamo i «migliori ammortizzatori sociali».
Equo? Il ministro-economista sembra dimenticare che oggi tutta la flessibilità del nostro tessuto produttivo è caricata sulle spalle della metà non protetta dei lavoratori dipendenti: i 9 milioni senza articolo 18. E sì che la crisi lo sta rendendo evidente, a volte anche in modo impressionante, proprio sulla pelle dei precari.
Nella stessa intervista, il ministro sostiene che «il sommerso è stato una scelta sociale implicita, che svolge una funzione soprattutto nei tempi di crisi».
Qui c’è ancora l’idea che la “flessibilità all’italiana”, ottenuta con il lavoro irregolare, in fondo è una gran bella trovata. Che poi questo significhi privare milioni di lavoratori di qualsiasi protezione, violando platealmente e su larga scala i nostri obblighi internazionali e comunitari, questo importa poco.
Il suo disegno di legge per il superamento del precariato non piacerà dunque a Brunetta. Ma come potrà piacere alle aziende?
Il disegno di legge vuole offrire alle aziende più dinamiche e alle nuove generazioni la possibilità di sperimentare un nuovo diritto del lavoro ispirato al modello della flexsecurity. Subito dopo la sua presentazione, spontaneamente 75 aziende medio-grandi, che oggi danno lavoro in Italia a più di 55.000 lavoratori, hanno scritto al ministro Sacconi una lettera aperta per chiedere che questo disegno di legge sia approvato in fretta. Tra queste ci sono anche multinazionali come Manpower, ST Microelectronics, la Ferrari di Maranello. Anche la Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha preso posizione a favore di questo progetto.
E sul fronte opposto, chi appoggia il suo progetto?
Tra i politici, Enrico Morando, Sergio Chiamparino, FilippoPenati, e per primo Walter Veltroni. Una lettera aperta simmetrica a quella delle 75 imprese è stata firmata da centinaia di giovani da ogni parte di Italia: anche loro hanno interesse a sostituire, nelle loro prospettive di lavoro il “modello danese” a quello “mediterraneo”.
Il ministro Sacconi ha risposto?
Le offro uno scoop: la risposta è arrivata proprio oggi, ed è di apertura. Dice testualmente: «Se si manifestasse una disponibilità convinta dell’opposizione a soluzioni largamente condivise con le parti sociali noi siamo pronti a discuterne».
Il sindacato come risponde?
Il centro-studi della Cisl ha pubblicato un documento che definisce il progetto «affascinante e utile ad aprire un proficuo dibattito». Anche nella Cgil e nella Uil diversi dirigenti nazionali hanno mostrato interesse e apertura. Del resto, come potrebbe il sindacato opporsi a un progetto che non tocca in alcun modo la posizione di chi ha già un lavoro stabile, e offre a tutti i nuovi assunti un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con protezioni di livello scandinavo in caso di perdita del posto?
Qualcuno obietta che un periodo di crisi grave come quello che stiamo attraversando non è il momento migliore per affrontare una riforma di questo genere.
E’ vero il contrario: questa è una riforma che non allenta in alcun modo la protezione di chi ha un posto stabile; ma favorisce le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Altrimenti, la prospettiva è quella di un forte aumento della quota di lavoro precario, a termine, rispetto al totale.
I famosi 8 miliardi di euro per gli ammortizzatori trovati dal Governo mediante l’accordo con le Regioni non sarebbero stati sufficienti per fare una riforma seria degli ammortizzatori?
Sì, per questa fase transitoria. Poi, a regime, il nuovo sistema dell’assicurazione contro la disoccupazione deve reggersi da solo, con i contributi delle imprese: il mio progetto, pur realizzando un trattamento di disoccupazione “alla danese”, non costa una lira allo Stato. Per i dettagli rinvio al mio sito: www.pietroichino.it
L’Europa attende una risposta sull’innalzamento dell’età pensionabile delle donne, il governo nicchia. E si riaffaccia il vecchio discorso: meglio mandare le donne in pensione prima, visto che durante la vita lavorativa hanno molte più difficoltà degli uomini. Cosa ne pensa?
L’ordinamento comunitario ci vieta il pensionamento anticipato delle donne rispetto agli uomini, proprio perché esso è parte integrante del circolo vizioso paternalistico, è il «risarcimento » per le discriminazioni nella vita lavorativa. Occorre rompere questo circolo vizioso, destinando tutto il risparmio prodotto dalla parificazione dell’età pensionabile a una incisiva promozione del lavoro femminile. Per esempio detassando drasticamente i redditi di lavoro femminile più bassi.

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