IL PROGETTO CONTENUTO NELL’AGENDA MONTI MIRA NON SOLTANTO A INCREMENTARE DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO DELLE DONNE, MA ANCHE A SCARDINARE UN EQUILIBRIO DETERIORE CHE CARATTERIZZA LA NOSTRA CULTURA MATERIALE, NELLA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO FAMILIARE DI CURA
Articolo di Chiara Saraceno pubblicato da La Repubblica il 5 febbraio 2013, risposta di Maria Ida Germontani e mia pubblicata dallo stesso quotidiano il 9 febbraio successivo, seguìta sullo stesso quotidiano dalla replica di Chiara Saraceno
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LA RISPOSTA DI MARIA IDA GERMONTANI E PIETRO ICHINO (*)
Caro Direttore, rispondiamo all’articolo (Le donne e il Professore, pubblicato da Repubblica lunedì scorso) nel quale Chiara Saraceno discute della parte dell’Agenda Monti che prevede una forte “azione positiva” mirata non solo ad aumentare in Italia l’occupazione femminile, ma anche a produrre un mutamento positivo nella distribuzione tra uomini e donne del lavoro domestico.
La prima parte del progetto consiste nella sperimentazione della detassazione selettiva del reddito da lavoro delle donne per far crescere il tasso di occupazione femminile dall’attuale 46% al 60% previsto dal Trattato di Lisbona. Una delle priorità dell’Agenda Monti è la riduzione dell’Irpef sui redditi di lavoro e di impresa; l’idea, dunque, è di concentrare questa riduzione sui tre segmenti che oggi più soffrono nel nostro mercato del lavoro: giovani, donne e 50-60enni. In questo contesto, la detassazione dei redditi del lavoro femminile può e deve, dunque, essere attuata senza l’aggravio sui redditi maschili cui allude Chiara Saraceno. E, ovviamente, a termine: l’azione positiva si esaurirà al raggiungimento dell’obbiettivo.
Se l’obiettivo è, come deve essere, quello di realizzare una situazione di parità sostanziale e non meramente formale tra uomo e donna, cioè di vera libertà di scelta per ogni donna tra lavoro familiare e lavoro retribuito, occorre superare proprio i vincoli elencati da Chiara Saraceno: la bassa domanda di lavoro femminile; la carenza di servizi, che obbliga le donne a rinunciare al lavoro per dedicarsi alla famiglia; infine, l’asimmetria della distribuzione del lavoro di cura familiare nella coppia. Il progetto proposto nell’Agenda Monti per rompere questo equilibrio deteriore richiama un progetto elaborato alla fine di questa legislatura dalla Commissione Finanze del Senato: un testo unico bi-partisan che, sulla base dei disegni di legge Germontani e Morando, si proponeva di aumentare al tempo stesso, agendo sulla leva fiscale, domanda e offerta di lavoro femminile. Poiché queste sono più elastiche rispetto a domanda e offerta di lavoro maschile, quindi rispondono maggiormente agli incentivi economici, si può prevedere un sensibile aumento del tasso di occupazione delle donne, che in prospettiva compensi il minor gettito iniziale dovuto alla detassazione.
L’agenda Monti prevede poi altre misure mirate a realizzare l’ “obiettivo di Barcellona” in tema di assistenza alla prima infanzia: un piano straordinario per gli asili nido e un piano nazionale per l’offerta di un servizio qualificato di assistenza alle persone non autosufficienti, che al tempo stesso attivino una nuova domanda e una nuova offerta di lavoro retribuito femminile. Ci sembra dunque che anche per questo aspetto le obiezioni di Chiara Saraceno a questo capitolo del programma di governo di Scelta Civica e della Lista “Con Monti per l’Italia” possano essere superate.
(*) Senatori, impegnati per la Lista con Monti per l’Italia
LA REPLICA DI CHIARA SARACENO
Prendo atto che dall’originaria proposta sono state eliminate le caratteristiche a rischio di iniquità. Rimane la questione di una proposta, in sé apprezzabile, che suggerisce che sia un problema solo di offerta di lavoro, di una scarsa disponibilità delle donne, specie se a bassa istruzione e nel Mezzogiorno, a stare nel mercato del lavoro. Ma la questione è anche, se non soprattutto, la mancanza di domanda per questo tipo di lavoratrici. Inoltre, Germontani e Ichino sembrano ignorare che per la stragrande maggioranza delle donne con carichi familiari il lavoro remunerato si aggiunge a quello domestico, condiviso dai loro compagni in misura molto più ridotta che nella maggior parte dei paesi sviluppati e più nelle coppie a istruzione e reddito medio-alti. La disponibilità degli uomini a condividere il lavoro famigliare è molto più inelastica di quella delle donne a partecipare al mercato del lavoro, come verificato da moltissime ricerche nazionali e internazionali. Infine, sono contenta che nell’Agenda Monti si parli di investimento nei servizi di cura, anche se non sembra che sia una priorità, almeno non nella comunicazione elettorale. L’assoluta insensibilità del governo Monti su questo punto non è un buon viatico. Staremo a vedere.
LA CONTROREPLICA
1. Non ci è chiaro quali siano le “caratteristiche della proposta originaria” che C.S. considera “a rischio di iniquità”: quella di cui parliamo è l’unica proposta contenuta fin dall’inizio nell’Agenda Monti.
2. C.S. sa bene che, per una nota legge economica generale, la riduzione del carico fiscale sui redditi di lavoro femminile produce un beneficio per entrambe le parti del rapporto, incentivando dunque non solo l’offerta, ma anche la domanda di manodopera nello stesso segmento.
3. La riduzione selettiva del carico fiscale sui redditi di lavoro femminile costituisce lo strumento più coerente con una cultura liberale, qual è quella a cui ci ispiriamo, per produrre una alterazione delle convenienze familiari nella distribuzione del lavoro di cura, nel senso di incentivare un maggiore impegno degli uomini. Se C.S. vuole suggerire qualche incentivo più efficace, siamo interessatissimi a discuterne.
4. Non sappiamo a che cosa, in particolare, si riferisca C.S. nell’ultima parte della sua replica. L’Agenda Monti si propone comunque anche di correggere lacune ed errori, là dove ce ne sono stati nei 12 mesi – drammatici e difficilissimi – del primo Governo Monti. (m.i.g. e p.i.)
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