LO SNODO CRUCIALE PER UN’ALLEANZA PD-MONTI

UNA ANALISI DELLE POSIZIONI DI PD E SCELTA CIVICA SULLE QUESTIONI CALDE IN MATERIA DI LAVORO E WELFARE

Articolo di Matteo Rizzolli, ricercatore alla Libera Università di Bolzano, pubblicato su L’Adige il 20 marzo 2013

A pochi giorni dalle elezioni, un utile esercizio di confronto tra i programmi elettorali ruota attorno alle diverse posizioni che gli schieramenti hanno assunto verso la riforma del mercato del lavoro del Ministro Fornero. La recessione economica e la disoccupazione galoppante rendono il tema particolarmente sensibile e importante per capire come gli schieramenti intendono uscire dalla crisi.
La riforma Fornero del mercato del lavoro (da non confondere con l’altra importante riforma sulle pensioni) è sostanzialmente intervenuta su due punti chiave: da una parte ha introdotto una serie di misure quali l’imposizione di ostacoli all’uso ripetuto di contratti a tempo determinato, dei contratti a progetto (co.co.pro) e dell’uso delle partite IVA; dall’altra è intervenuta su alcuni aspetti dell’articolo 18 con la conseguenza che, quando il licenziamento per motivi economico-disciplinari è ingiustificato, si fa più spesso ricorso all’indennizzo (da 6 a 24 mensilità a seconda delle circostanze)  e meno al reintegro sul posto di lavoro. L’indennizzo rappresenta per il datore di lavoro un costo certo mentre il reintegro rappresenta sempre un’ incognita che aumenta l’aleatorietà del licenziamento e quindi il costo del lavoro.
Presi insieme, questi due aspetti sono complementari: da una parte si è inteso aumentare il costo relativo del precariato e dall’altra si è voluto diminuire il costo del lavoro a tempo indeterminato al fine di rendere quest’ultimo più appetibile. In condizioni ideali, questa riforma dovrebbe produrre gradualmente un mercato del lavoro più fluido e quindi dovrebbe aumentare la quantità di lavoro offerta sotto forma di contratti a tempo indeterminato. In condizioni ideali, si diceva.
Ma ha avuto successo questa riforma? Da una parte le imprese si lamentano che il giro di vite operato sulla flessibilità in entrata ha fatto cessare molti contratti di lavoro precari. Quindi, secondo Confindustria, la riforma ha creato più disoccupazione. Dall’altra parte i lavoratori lamentano che, ora, il licenziamento per motivo economico è utilizzato con più frequenza dalle imprese. Quindi, secondo il sindacato, la riforma ha creato più licenziamenti. Si può sostenere che una riforma del mercato del lavoro che produce più disoccupati abbia conseguito il suo obiettivo?
Sembra un paradosso, ma proprio i numeri delle parti sociali sembrano indicare che la riforma stia producendo nell’immediato i risultati previsti, ancorché temuti. L’obiettivo di alzare il costo in entrata ed abbassare quello in uscita non poteva che produrre questi effetti in una congiuntura economica così drammatica come la nostra. Idealmente una tale riforma avrebbe dovuto essere implementata in un periodo di crescita economica così da minimizzare l’impatto negativo sulla disoccupazione. Purtroppo però è storia nota che le riforme politicamente costose siano fatte solo quando incombe lo spettro della catastrofe economica e quando mancano le risorse per mitigare l’impatto negativo di breve periodo. E questa riforma non fa eccezione.
La riforma Fornero quindi giunge alle elezioni in mezzo al guado: è passato abbastanza tempo per vederne alcuni effetti dolorosi, ma non abbastanza per misurarne i risultati positivi attesi. In campagna elettorale questa è una situazione ghiotta per facili populismi. Che cosa ci propongono le principali forze politiche in campo?
Cominciamo dalla coalizione di centrosinistra Italia Bene Comune (IBC): Vendola è tra i primi firmatari del referendum sull’articolo 18 ed il PD stesso ne ha spesso preso le distanze. E tuttavia sia Fassina che Bersani hanno più volte rassicurato che una volta al governo non vi saranno interventi sull’articolo 18.  Di più, la strategia di aumentare il costo relativo del precariato è ribadita nel programma, ma rispetto alla riforma Fornero il Pd sembra intenzionato a fare qualche passo indietro riabbassando il costo dei contributi dei contratti precari. Una posizione conservatrice dunque, che naturalmente non esclude che  il Centrosinistra potrebbe fare interventi, anche importanti, su altri aspetti del mercato del lavoro a cominciare dalla fiscalità e dagli ammortizzatori sociali.
Cosa ne farebbe la Casa delle Libertà della riforma Fornero? La risposta è semplice: il segretario Alfano ha dichiarato, in questi giorni, che verrebbe abrogata e si farebbe semplicemente ritorno allo status quo della legge Biagi.
Le proposte della lista Scelta Civica di Monti prevedono di mantenere la riforma attuale per i contratti in essere e di introdurre per le nuove assunzioni una nuova struttura contrattuale che superi radicalmente il rapporto di lavoro nel segno della flexsecurity. Parliamo quindi di un contratto unico di lavoro a tempo indeterminato per la stragrande maggioranza delle tipologie di lavoro a tutele crescenti ed un parallelo abbassamento dei costi di licenziamento, accompagnato a politiche attive di reinserimento. La proposta di Monti-Ichino tende quindi a superare radicalmente la riforma Fornero e tuttavia tale radicalità è mitigata attraverso un’introduzione graduale su base di sperimentazioni regionali e senza effetti retroattivi sui contratti già stipulati per i quali l’attuale impianto rimarrebbe in vigore.
E per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle? Non è dato sapere perché nel programma non si dedica una sola parola alla riforma del lavoro.
Nella lista Rivoluzione Civile di Ingroia sono confluiti buona parte dei comitati referendari ed è quindi naturale che la cancellazione della parte della riforma sull’articolo 18 sia preminente nel programma. Rispetto al giro di vite sui contratti precari la lista Ingroia si propone un obbiettivo ancora più restrittivo con la cancellazione di “tutti i contratti atipici lasciati in vigore dalla Riforma Fornero”.
Il programma di Fare per fermare il declino, pur lodando l’ampliamento dell’uso della tutela risarcitoria nell’articolo 18, critica l’aumento dei contributi imposti sui contratti precari ed in generale si pone come obiettivo quello di una riforma radicale sulla falsa riga di quella proposta da Ichino.
Sembra probabile che il futuro governo ruoterà attorno ad un alleanza  tra il Centrosinistra (IBC) e la Scelta Civica di Monti. Questo spiega sia le posizioni velleitarie spesso espresse dalle altre forze che non hanno reali ambizioni di governo, sia la posizione prudente della coalizione di centrosinistra. Rispetto a quest’ultima, però, le posizioni della lista Monti sembrano ancora distanti e certamente la riforma Fornero rappresenterà un importantissimo snodo per la tenuta della probabile prossima alleanza.

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