L’INVITO DEGLI OUTSIDER A SCELTA CIVICA

UN APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE DEGLI ESCLUSI: “LA NUOVA FORMAZIONE POLITICA NATA INTORNO A MARIO MONTI DIVENTI UN MOVIMENTO APERTO E DEMOCRATICO, SI FACCIA CONCRETAMENTE VOCE POLITICA DI TUTTI GLI OUTSIDER”

Editoriale postato sul sito glioutsiders.it l’11 marzo 2013 – Lo riprendo qui, pur non condividendone alcuni passaggi, perché ne condivido l’intendimento di fondo e per sottolineare l’apertura di Scelta Civica, e in particolare delle sue strutture regionali in via di costituzione, a questa sollecitazione e a questo apporto 

Parecchi di noi Outsider (“outsider” perché formalmente del movimento degli Outsider, ma anche perché nessuna forza partitica della Seconda Repubblica ci fa sentire rappresentati, e tantomeno Grillo) hanno partecipato in questi ultimi anni ad alcune iniziative culturali di area liberal-democratica, che spingevano per il rinnovamento delle politiche nazionali ed europee. Una di queste iniziative è stata Italia Futura, per la quale alcuni Outsider hanno scritto vari editoriali con proposte per il superamento della Seconda Repubblica, l’inclusione sociale delle nuove generazioni, la ripresa economica e le liberalizzazioni. Abbiamo conosciuto tante persone che facevano parte di IF, in Italia e all’estero, e dobbiamo dire che ci ha sempre colpito positivamente la quantità e la qualità di questi “attivisti del cambiamento”, tra l’altro ben radicati sul territorio. Siamo anche stati tra i più convinti (e insistenti) sostenitori della “salita in campo” del Professor Monti, avendone apprezzato l’equilibrio di governo, pur così frenato da un Parlamento eletto nel 2008 (secoli prima rispetto al crollo del 2011) e spesso contrario ai tentativi di riforma di stampo liberale.
La nostra delusione si è, però, fatta sentire forte e chiara il 28 dicembre 2012, quando abbiamo assistito senza parole alla conferenza stampa di Mario Monti, con la decisione di allearsi con UDC e FLI e di presentarsi con liste separate ma coalizzate alla Camera, secondo un’ingegneria politichese incomprensibile e perdente in partenza. La delusione è perfino cresciuta nei giorni immediatamente successivi, vedendo che la composizione delle liste seguiva logiche di selezione chiusa, senza significative aperture a quella società civile fatta di persone “normodotate” e non altolocate, non di campioni né di persone già affermate nella vita pubblica. Come molti amici delle territoriali di Italia Futura, anche noi Outsider abbiamo assistito increduli alla pratica del silenzio e delle mancate risposte nella formazione delle liste: per questa ragione, la nostra fiducia nei vertici di quell’operazione si è spenta rapidissimamente e non senza dispiacere. Saremo stati solo sfortunati, ma tant’è. Un aneddoto esemplificativo di quanto accaduto: gli Outsider possono contare su numerosi aderenti italiani all’estero, ovviamente, e quando abbiamo scoperto che – pur non avendo ricevuto alcuna risposta alle nostre proposte di candidare nella circoscrizione estero alcuni giovani competenti e capaci – comunque Scelta Civica aveva presentato meno candidati esteri di quanto possibile, lasciando caselle di candidati vuote, beh, allora lo sconforto definitivo ha prevalso.
Alla fine i candidati di Scelta Civica, o meglio gli eletti designati (visto che il Porcellum di “elettorale” e competitivo ha ben poco), si sono rivelati tutti per bene e di alto profilo e non c’era da dubitarne: ma si è trattato di un profilo forse troppo, troppo elevato e sideralmente distante dalla normalità per riuscire a parlare alle masse, nella tornata elettorale che ha visto invece trionfare la “gente” di Grillo.
Le principali forze politiche alternative a Grillo hanno avuto, infatti, una responsabilità enorme: a seconda dei casi, hanno candidato uomini e donne d’apparato e di struttura (giovani o vecchi non cambia), o personalità eccellenti, o amici e amiche personali, o avvocati difensori di varie specie e specialità, e via dicendo. Hanno lasciato che l’elettorato attivo di chi non fa parte delle cerchie che contano, cioè il grosso degli outsider, degli esclusi e dei non rappresentati dalla politica vecchio stile, destinasse il suo voto a chi, in verità, usa la gente normale per potere agire indisturbato nel suo “divide et impera” per nulla democratico, in cui la proprietà di un marchio conta più del divieto di vincolo di mandato costituzionale per i Parlamentari.
Quello che, a nostro avviso, dovrebbe e potrebbe fare subito Scelta Civica, ma forse sarebbe meglio dire Mario Monti in persona, senza tanti giri di parole, è avviare la creazione del movimento dal basso: non con riunioni e incarichi limitati agli eletti in Parlamento, bensì separando attentamente la vita democratica e le funzioni del soggetto politico da quelle degli eletti. Monti, magari coadiuvato da persone come Pietro Ichino, che hanno sempre dimostrato un’attenzione sincera e importante verso gli outsider, potrebbe lanciare la costituzione del “partito” ad opera dei sostenitori sparsi in tutta Italia, senza gerarchie pre-confezionate o relazioni preferite. Potrebbe farlo con pochi click e una “chiamata alle armi digitale” (ma senza farsi guidare da chi gli gestisce il profilo Twitter, per carità), favorendo il coinvolgimento e l’inclusione di quanti, e sono tanti, hanno riposto in questi anni speranze ed energie nell’immaginare non una “UDC 2.0”, ma un’alternativa lib-dem in grado di diventare, in prospettiva, una casa per chi non crede più nella “rivoluzione liberale mancata” di Silvio Berlusconi. Un movimento in grado di dialogare e magari allearsi con le anime renziane del PD, come alternativa alla sinistra socialista, da un lato, e alle posizioni anti-euro e pro-decrescita dei 5 stelle, dall’altro.
Quando ha senso fare questo passo? Immediatamente. E’ già tardi. La confusione della situazione italiana, sia dal punto di vista economico, sia da quello politico-istituzionale, non permettono tempistiche lente né tanta prudenza o cautele “da palazzo”: il Senatore può gettare il cuore oltre l’ostacolo ma con la giusta freddezza e, tornando ad essere il serissimo nonno che conoscevamo prima della “salita in campo” (senza ansia da prestazione che lo costringa a mostrarsi più umano e scanzonato di ciò che in verità è, senza ascoltare grandi elettori né grandi eletti, senza inventarsi un successo elettorale inesistente ma anzi segnalando la situazione drammatica in cui versa l’area dei riformatori in Italia), può dare il via a questa nuova opportunità di rappresentanza della (non più alta) società civile.

 

 

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