COSÌ LA CIG IN DEROGA IMPEDISCE L’OPERA DI PULIZIA NEL MERCATO DEL LAVORO

L’EROGAZIONE INDISCRIMINATA DEL SOSTEGNO DEL REDDITO NON AIUTA SOLTANTO LE IMPRESE IN DIFFICOLTÀ TEMPORANEA, MA ANCHE QUELLE ORMAI DECOTTE (OLTRE A FAVORIRE MOLTE FRODI)

Articolo di Riccardo Ruggeri pubblicato sul Foglio del 17 maggio 2013 – In argomento v. anche la mia intervista a Linkiesta della settimana precedente 

Il finanziamento della Cassa integrazione in deroga per il governo Letta&Alfano è un atto dovuto, e il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, troverà i quattrini. A proposito, mi piace il suo approccio scevro di ogni forma di supponenza professorale, apprezzo come comunica, la semplicità di eloquio, senza mai giocare con le parole, con lui si capisce che nel bilancio non c’è più nulla “fra le pieghe”, ormai è perfettamente stirato, anzi il tessuto è liso, trasparente. Si devono trovare 1-1,2 miliardi solo per arrivare a fine anno. Appena saranno trovati, la pratica verrà chiusa, tutti deporranno le armi, tutti in vacanza, poi verso fine novembre la compagnia di giro politico-sindacal-confindustriale ricomincerà la sceneggiata per il rifinanziamento. E così all’infinito. Una proposta in controtendenza, allora: usiamo questi mesi per studiare una soluzione sistemica, non certo per risolvere il problema (questo è di competenza del mercato), ma quanto meno spendere i quattrini in modo intelligente. Provo imbarazzo a usare il termine “politica industriale”, avendo vissuto in questi quarant’anni le oscenità che si sono perpetrate in suo nome, ma sarebbe proprio ciò che, in piccolo e in parte, occorrerebbe fare.

Quella che stiamo vivendo da cinque anni è una crisi di volumi, e in questo caso la partita si gioca su due piani. Da un lato le aziende dovrebbero abbassare, se fossero brave in modo più veloce del mercato, il Break-even-point (Bep) o punto di pareggio, dall’altro dovrebbero investire, differenziando prodotti-mercati. Facile a dirsi, ma il giochino è difficile, specie per chi non l’ha mai fatto: per esempio, occorre disporre di un management di prima qualità, e azionisti lungimiranti dotati di capitali adeguati. Nel nostro tessuto industriale medio-grande trovare un’accoppiata del genere, idonea ai cicli di crisi, è impresa quasi disperata (siamo invece ricchi di supermanager mediatici e azionisti focalizzati sui dividendi, non altrettanto sugli aumenti di capitale), mentre nelle piccole e medie aziende molte proprietà tendono a non reinvestire i risparmi accumulati, ammesso che li abbiano ancora. Difficile dare loro torto, con un sistema burocratico-fiscale come il nostro. Cinque anni di crisi violenta, che in molti settori sono stati preceduti da un periodo di crisi strisciante, sono stati micidiali per il mondo del business, per esempio nella possibilità di ricupero di determinate professionalità, di reinserimento in processi produttivi che richiedono ritmi di lavoro particolari, e così via. Ci troviamo cioè di fronte a fenomeni nuovi e al contempo antichi: come ripensare il “modello azienda” in periodi di crisi strutturali di lungo periodo?

Possiamo affermare che il tessuto industriale delle aziende – che in questi cinque anni hanno fatto ricorso alle varie forme di cassa integrazione – è profondamente mutato nella sua natura. Alcune aziende possono presto ritornare alla loro normale competitività, ripristinando un nuovo Bep e giocandosi il loro futuro in mare aperto: la crisi per loro sarà stata igiene. Altre invece sono irrimediabilmente morte, le loro proprietà, i loro manager, lo sanno perfettamente, fingono di fare piani strategici, di progettare investimenti (che si guardano bene dal rendere operativi), per spostare tatticamente nel tempo la dichiarazione ufficiale di morte: poi troveranno un casus belli, per uscire con eleganza e lasciare la patata bollente allo stato.

Cassa integrazione in deroga significa che i quattrini non li mettono più, come nelle altre “casse”, lavoratori e imprenditori. In tal caso era giusto che fossero loro a gestirle, ora non più, perché questi sono quattrini sottratti alla fiscalità generale, quattrini di tutti noi, che vanno a peggiorare il nostro debito. Lo scenario è cambiato. Ora dobbiamo sapere che una parte di quegli 1-1,2 miliardi sono destinati ad aziende che stanno vivendo un momento difficile, ma sono in grado di riprendersi, un’altra parte ad aziende tecnicamente morte, anche se sapienti maquillage coprono il loro definitivo pallore cadaverico. Continuiamo pure, fino a dicembre (e non potrebbe essere diversamente) a dare i quattrini della Cassa in deroga secondo le regole attuali, ma usiamo questo periodo per affrontare il problema. Mettiamo a punto due istituti diversi. Uno dovrà avere connotazioni economiche ben definite (il futuro), l’altro invece esclusivamente connotazioni sociali (il passato).

 

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