IL GIORNALE DELLE PMI: LUCI E OMBRE IN QUESTA LEGGE DI STABILITÀ

BENE IL RISPETTO DEGLI IMPEGNI EUROPEI SUL VERSANTE DEL DEFICIT, MA QUESTA FINANZIARIA È MOLTO CARENTE SUL VERSANTE DELLE RIFORME DESTINATE AD APRIRE IL PAESE AGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI

Intervista a cura di Dario Vascellaro, in corso di pubblicazione su Il Giornale delle PMI – Magazine on line per le piccole e medie imprese, 11 novembre 2013

Il segretario generale della Uil Luigi Angeletti ha affermato che senza modifiche “profonde” alla Legge di Stabilità l’Italia rischia di avere nel 2014 3,5 milioni di disoccupati. Lei, professor Ichino, è d’accordo?
Questo disegno di legge di bilancio ha un pregio fondamentale: l’opzione per il rispetto degli impegni assunti nei confronti dei nostri partner europei. Non rispettarli ci costerebbe enormemente più dei vantaggi che potremmo trarne. Per il resto molte cose andrebbero cambiate.

Quali?
Per rivitalizzare il sistema economico sarebbe indispensabile innanzitutto ridurre il cuneo fiscale sulle buste-paga. È la raccomandazione dell’Unione Europea, che ci eravamo impegnati a seguire: ridurre prioritariamente la pressione fiscale su chi produce, cioè lavoro e impresa, solo in seconda battuta su chi consuma, e solo in ultima istanza su chi possiede. È stato un grave errore, da parte del PdL, costringere il Governo a seguire la priorità inversa, detassando per primo chi possiede e lasciando solo le briciole per chi produce.

Ma se mancano gli investimenti, rischia di essere tutto inutile.
Questo è il motivo per cui sono indispensabili anche tutte le misure volte ad aumentare il flusso degli investimenti esteri nel nostro Paese: quelle, per intenderci, indicate nel documento Destinazione Italia che il Governo ha fatto proprio a settembre; a cominciare dal Codice semplificato del lavoro. Ma, ovviamente, non basta enunciarle, come si è fatto finora.

La riforma Fornero del mercato del lavoro non sembra, finora, aver avuto gli effetti sperati. Cosa manca a quella riforma, secondo lei, per rivitalizzare veramente il nostro mercato del lavoro?
Su questo terreno è necessario fare una cosa che l’articolo 4 di quella legge prevede, ma non si sta facendo: trasferire risorse dalle politiche passive del lavoro, cioè dal puro e semplice sostegno del reddito ai disoccupati, alle politiche attive, quelle cioè che mirano a reinserire il disoccupato nel tessuto produttivo, stabilendo un nesso di condizionalità tra sostegno del reddito e la disponibilità effettiva del beneficiario. In questa ottica, considero importantissimo che si avvii la sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione. Per i dettagli di questo progetto devo rinviare al mio sito: www.pietroichino.it.

Nei giorni scorsi c’è stata una piccola polemica tra Governo e Istat sulle previsioni economiche per il 2013 e il 2014. Qual è la sua opinione in merito?
La divergenza tra Governo e Istat verteva soltanto su di un decimale di punto. Sarebbe bello che le previsioni – vuoi del Governo, vuoi dell’Istat – fossero davvero attendibili con una approssimazione dello zero virgola uno. Il problema è che quelle previsioni si fondano su ipotesi probabili, ma niente affatto certe: che non scoppi una guerra in medioriente; che la crescita della Cina non subisca un arresto; che il cambio euro/dollaro non cresca ulteriormente anzi possibilmente diminuisca; e diverse altre ancora. Detto questo, potrebbero anche verificarsi eventi capaci di aumentare la nostra crescita al di sopra del previsto, invece che ridurla: per esempio un ritorno del flusso degli investimenti diretti stranieri al di sopra del due per cento del PIL, dall’uno per cento attuale. Sta a noi crearne le condizioni, accelerando l’attuazione delle misure indicate nel progetto Destinazione Italia.

E cosa intravede nel futuro, soprattutto sul tema disoccupazione?
Vale lo stesso discorso che ho appena fatto in relazione alle previsioni di crescita. Con una precisazione: cioè che i livelli di occupazione si muovono sempre con un po’ di ritardo rispetto all’andamento della congiuntura. Così come l’aumento della disoccupazione ha tardato rispetto allo scoppio della crisi, ora la sua riduzione tarderà qualche trimestre rispetto al ritorno alla crescita.

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