QUEL CHE E’ SBAGLIATO NELLO “SCUDO” CHE BERLUSCONI SI E’ DATO

NORME DI QUESTO RILIEVO COSTITUZIONALE DOVREBBERO ESSERE ADOTTATE PER INIZIATIVA BI-PARTISAN, CON PONDERAZIONE E NON IN FUNZIONE DI UN’ESIGENZA PARTICOLARE CONTINGENTE

L’intervento del senatore Giorgio Tonini nel dibattito sul disegno di legge governativo che prevede la sospensione di qualsiasi procedimento penale nei confronti delle prime quattro cariche dello Stato (dal resoconto stenografico della seduta del Senato del 21 luglio 2008)

PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il senatore Tonini. Ne ha facoltà.

TONINI (PD).  Signor Presidente, colleghi senatori, signor Ministro, se oggi discutiamo della proposta Alfano, una misura che pure noi non condividiamo e che consideriamo sbagliata, è anche per una vittoria dell’opposizione, che ha convinto  – non voglio dire costretto, ma convinto sì – il Governo a ritirare un emendamento che, per bloccare un processo, quello che ha come imputato il Presidente del Consiglio, ne sospendeva 100.000, infliggendo un danno grave, forse irrimediabile, a un sistema giudiziario come quello italiano che già v ersa in condizioni critiche.

     Dinanzi a un errore così grave da parte del Governo è difficile non considerare un male minore la proposta del ministro Alfano. un male minore, signor Ministro, colleghi della maggioranza, è tuttavia pur sempre un male.
     Intendiamoci bene: in un ordinamento costituzionale come il nostro, che afferma la piena e totale autonomia della magistratura, sia giudicante, sia requirente, la previsione di uno scudo a tutela delle funzioni espressione della sovranità popolare contro eventuali abusi dell’esercizio dell’azione penale è tutt’altro che estranea alla logica liberale di pesi e contrappesi, di checks and balances, che ispira la nostra Carta costituzionale. Lo dimostra la previsione, nella Carta del 1948, di una estesa immunità per tutti i parlamentari, fino all’istituzione dell’autorizzazione a procedere: una previsione voluta dai padri costituenti, che evidentemente non la considerarono né un odioso privilegio, né una prevaricazione della politica sulla magistratura.
     Ridiscutere la legge costituzionale del 1993, approvata dal Parlamento su spinta di molte delle forze politiche che oggi sono in maggioranza, non è dunque per noi un tabù. Facciamo, però, fatica a considerarla una priorità dinanzi alla grave crisi economica e sociale che affligge il Paese. Semmai si tratta di pensarla, questa eventuale decisione, in modo innovativo (…). Ma una discussione e una deliberazione su temi così delicati devono corrispondere al principio fondamentale della legiferazione costituente: ricerca di un consenso ampio, astrazione dalla lotta politica immediata e ancor più astrazione, epoké, dai procedimenti penali in corso, e poi l’inserimento della questione dei rapporti tra giustizia e politica in un più ampio contesto di riforma della giustizia dal punto di vista dei cittadini che vivono ogni giorno con angoscia il dramma della durata eterna dei processi.
     La proposta Alfano, signor Presidente, non corrisponde a nessuna di queste caratteristiche; è figlia della fretta e la fretta, come è noto, è  cattiva consigliera. Per questo è un cattivo provvedimento, come ha magistralmente argomentato il collega Ceccanti, rispetto al quale non possiamo che esprimere il nostro voto contrario, la nostra ferma opposizione. (applausi dai Gruppi PD e IdV).

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