PER RIDARE SOBRIETÀ E AUTOREVOLEZZA ALLO SCIOPERO

IN UN SETTORE NEL QUALE LO SCIOPERO SI È RIDOTTO A UNA ROUTINE RIPETITIVA, CON CADENZA MENSILE, OCCORRE UN INTERVENTO VOLTO A RESTITUIRE A QUESTO STRUMENTO LA DIGNITÀ PERDUTA – IL DISEGNO DI LEGGE INTERVIENE ANCHE CONTRO L’ABUSO DELL’ASSEMBLEA SINDACALE IN SOSTITUZIONE DELLO SCIOPERO

Intervista a cura di Francesco Lo Dico, pubblicata dal Giornale di Sicilia il 29 luglio 2015 – In argomento v. anche l’intervista di Tiziano Treu pubblicata dallo stesso quotidiano il 1° agosto successivo
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Tre settimane di blocco selvaggio della metro a Roma, la chiusura degli scavi a Pompei, centinaia di voli cancellati a Fiumicino per lo sciopero dei piloti. Per il governo, che studia in queste ore il giro di vite, decisamente troppo. Sul chi va là la Cgil di Susanna Camusso, indisponibile alle nuove regole anche la Cisl di Annamaria Furlan, preoccupata la Uil di Carmelo Barbagallo, che teme si possano valicare le soglie dei diritti costituzionali. Tra le maggiori sigle sindacali, serpeggia insomma una certa agitazione. Ma il professor Piero Ichino, senatore del Pd che ha ispirato il ddl sugli scioperi che tanto inquieta la galassia sindacale, non demorde: «È ora di porre fine a questi atti di autolesionismo che si ripetono circolarmente. Gli scioperi vanno ricondotti al loro alveo costituzionale», spiega il giuslavorista, che di recente ha dato alle stampe Il lavoro ritrovato. Come la riforma sta abbattendo il muro tra garantiti, precari ed esclusi (Mondadori, giugno 2015, pp. 230, 19 euro).

Il governo vuole porre fine a situazioni esplosive come quella dei trasporti pubblici a Roma, degli scavi di Pompei, dell’aeroporto di Fiumicino. Condivide questo intendimento?
Certo che sì: dieci anni fa ho dedicato un libro a questo fenomeno (A che cosa serve il sindacato, 2005 – n.d.r.); da allora la situazione è migliorata  in alcuni settori, ma non nel settore dei trasporti pubblici. Occorre riportare lo sciopero anche in questo settore alla sua natura di strumento eccezionale, da utilizzare con grande parsimonia, secondo gli intendimenti esplicitamente espressi dai padri costituenti: anche da Vittorio Foa e da Palmiro Togliatti. Oggi invece, nei trasporti pubblici lo sciopero è diventato una routine priva di senso, una forma di autolesionismo collettivo: si sciopera regolarmente una volta al mese, quasi sempre di venerdì, e accade anche, frequentemente, che la maggior parte di chi partecipa all’agitazione non conosca neppure il motivo dello sciopero.

Come si fa a rimettere in sicurezza il Paese, specie in periodi così importanti per il nostro turismo?
Per voltar pagina, è importante introdurre nella disciplina della materia il principio di democrazia sindacale: poiché lo sciopero investe tutta l’azienda e gli interessi di tutti i suoi dipendenti, la decisione deve essere presa a maggioranza. Questo è l’elemento cruciale della nuova disciplina che il mio progetto intende introdurre. E l’idea non nasce sull’onda dello scandalo degli ultimi casi Alitalia, Pompei e metropolitana romana: il disegno di legge presentato tre settimane fa è il frutto di un aggiornamento e revisione integrale di quello presentato, sempre con un nutrito gruppo di senatori Pd, nel febbraio 2009.

Il suo disegno di legge per ora è volto a regolamentare solo il trasporto pubblico: il modello proposto può essere esteso anche ad altri ambiti come i beni culturali ad esempio?
Sicuramente sì. E anche al settore della rimozione e gestione dei rifiuti. Ho sentito molte voci in questo senso nei giorni scorsi.

Piloti d’aereo e macchinisti dei treni lamentano che si possano vedere lese, con una riforma, le loro garanzie costituzionali: dicono che sono lavoratori come gli altri anche loro. È proprio così?
Certo che sono lavoratori come gli altri. Ma proprio per questo non possono pretendere di bloccare, da soli, aziende in cui lavorano tanti altri lavoratori. È proprio il principio di democrazia sindacale che dovrebbe vietarlo. Così avviene in Germania, Gran Bretagna, Spagna e tanti altri grandi Paesi.

C’è un problema di democrazia, dunque, all’interno dei sindacati?
C’è anche un problema di democrazia sindacale. Ma non soltanto questo. Il problema maggiore è costituito dal danno che lo sciopero nei trasporti infligge all’intera società civile, al tessuto produttivo. Un danno enormemente maggiore rispetto al valore della singola controversia sindacale. Questa è una peculiarità del settore dei trasporti, che giustifica una disciplina speciale, più rigorosa rispetto a quella generale dei servizi pubblici. Un’altra peculiarità di questo settore, comune a quello sanitario, è costituita dal coinvolgimento fisico personale di un gran numero di viaggiatori: l’interruzione del servizio produce sempre la “presa in ostaggio” di un notevole numero di persone cui si impedisce di tornare a casa, o di andare al lavoro, o al presidio medico per una terapia, e così via.

Il disegno di legge nasce anche per impedire che il gestore del servizio finanziato con un contributo pubblico finisca col guadagnare, invece che perdere, in conseguenza dello sciopero. Che cosa proponete su questo terreno?
Due norme molto semplici. La prima dice che gli abbonamenti devono essere prolungati o rimborsati in proporzione alle interruzioni verificatesi per sciopero. La seconda dice che anche i contributi pubblici, se ci sono, devono essere ridotti in proporzione.

Il disegno di legge promuove due vie per gli scioperi: deve essere proclamato da uno o più sindacati che rappresentino almeno il 50% dei dipendenti interessati. Oppure, se promosso da un sindacato minoritario, deve superare un referendum tra i lavoratori dell’azienda, con il 50% più uno dei sì fra i votanti e un quorum del 50% dei dipendenti. Le piccole sigle temono di essere penalizzate. Esiste questo rischio?
Non costituisce una penalizzazione indebita una regola che impedisca a una minoranza di pregiudicare gli interessi della maggioranza: non dimentichiamo che in moltissimi casi lo sciopero, anche quando di fatto vi aderisce una minoranza dei lavoratori interessati, produce di fatto una paralisi molto più estesa, talvolta la chiusura dell’intero servizio.

Il referendum non rischia di essere una procedura troppo macchinosa?
Se la si può applicare in Germania, Gran Bretagna, Spagna, persino nella Grecia di Tsipras, penso che la si possa applicare senza problemi anche nel nostro Paese. Essa produrrà, certo, una rarefazione dello sciopero; ma contribuirà a dargli maggiore peso e autorevolezza, a rafforzarne l’impatto sui rapporti contrattuali. Lo sciopero-routine del venerdì ha ormai perso del tutto il significato originario di questa forma di lotta.

Non mi pare che sia la strada giusta – ha detto la leader della Cgil Susanna Camusso a proposito di un intervento sugli scioperi – ha tutto il sapore di un’ennesima campagna estiva contro i lavoratori”. Camusso spiega che “non c’è bisogno di fare nuove leggi, basta utilizzare gli accordi che esistono” e i criteri di rappresentanza. Ma se le leggi ci sono già, allora perché poi si assiste a tanti abusi?
Per i servizi pubblici in generale c’è una buona legge del 1990, riveduta nel 2000, che ha prodotto risultati eccellenti in molti settori. Ma in quello dei trasporti i risultati si sono rivelati insufficienti. E sono proprio le confederazioni maggiori a essere danneggiate, talvolta addirittura messe nell’angolo, dall’abuso dello sciopero da parte dei sindacati minoritari, che non tengono in alcun conto l’interesse della collettività.

Nel caso di Pompei, però, l’interruzione non è stata provocata da uno sciopero, ma da un’assemblea sindacale.
Nella versione definitiva del disegno di legge abbiamo inserito anche due norme aggiuntive all’articolo 20 dello Statuto dei lavoratori: una, di applicazione generale, affida al datore di lavoro il compito di stabilire quando l’assemblea deve svolgersi, nell’arco di cinque giorni salvi i casi particolari di urgenza, in modo che essa produca il minor pregiudizio per il regolare funzionamento dell’azienda. La seconda, applicabile solo nel settore dei servizi pubblici essenziali, vieta che lo svolgimento dell’assemblea produca un’interruzione del servizio.

Giuliano Cazzola mi diceva poc’anzi al telefono che il suo ddl è utile e intelligente. Ma teme che per gli scioperi selvaggi sia impossibile cambiare verso. Che cosa farete per tentare di scoraggiare iniziative “anarcoidi”?
Con la disciplina che proponiamo, le iniziative anarcoidi non avrebbero più alcuno spazio. Lo sciopero attuato senza il rispetto delle nuove regole costituirebbe interruzione di pubblico servizio: un reato.

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